
La Pietra di Palenque è uno dei ritrovamenti archeologici, cardine per la paleoastronautica”.
Il tutto avviene in Messico, nel Chiapas, 150 Km a nord-est di Tuxtla Gutierrez, qui si trova la città di Palenque, famosa per un sito archeologico di grande interesse. Sono state ritrovate, alcune fra le più belle opere di architettura e scultura, che l’antica civiltà Maya ha prodotto.
Nell’aprile del 1840 John Stephens e Frederick Chatherwood, (rispettivamente un avvocato americano e un disegnatore inglese), esplorando la giungla dello Yucatan, trovarono una città piena di antichi e meravigliosi templi, testimonianza di una secolare civiltà scomparsa.
Vi furono le campagne di scavo, compiute da diverse missioni archeologiche nel 1952, centododici anni dopo quella prima scoperta in quello che era stato chiamato il “Tempio delle Leggi”, l’archeologo messicano Alberto Ruz Lhuillier fece importante ritrovamento.
Lo studioso si è trovato di fronte ad una piramide che conteneva la sepoltura del re-sacerdote Pacal, questa tomba risaliva al 692 d.C.,ma c’era dell’altro. Nel tempio al suo interno, gli archeologi notarono delle lastre contenenti dei fori, la cui grandezza consentiva l’ entrata di una mano.
Dopo averle sollevate, scoprirono una serie di gallerie sotterranee, che ricordavano le celle funerarie degli antichi egiziani, lungo le quali erano disseminati vasi e oggetti di perla e di giada.
Era la prima volta che veniva scoperta una piramide sudamericana con un chiaro carattere sepolcrale, in tutti gli altri casi avevano una funzione votiva o comunque rivolta ad un uso religioso.
Dopo aver disceso 45 gradini, gli archeologi si trovarono di fronte a una sorta di “porta blindata”. La stanza aveva le pareti decorate usurate dal tempo ma in grado di far intravedere figure sbiadite dei nove sacerdoti delle tenebre: i guardiani dei “nove Mondi degli Inferi” della civiltà Maya.

Ma l’ altra vera sorpresa è stata la pietra sepolcrale, sulla cui superficie era scolpita l’immagine di un uomo coricato in avanti.
Si ritiene che quella raffigurazione, ricorderebbe la posizione assunta da un moderno pilota o astronauta.
Nel 1840 nessuno poteva lontanamente immaginare che oltre 100 anni dopo l’umanità avrebbe creato dei veivoli in grado di alzarsi da terra e raggiungere lo spazio esterno. Pertanto la raffigurazione del personaggio inciso su questo monolite è stato interpretato come solitamente si fa: per scopi rituali, magici, simbolici.
Ma se non fosse vero ?
Se si analizzano bene alcuni “dettagli” non si può non notare alcune cose che con l’occhio dell’uomo moderno ci appaiono quantomeno “bizzarri”.

Se guardiamo l’insieme dell’astronave, possiamo costatare che è composta da tre parti. La prima (colore giallo) escono delle fiamme (colore verde) rappresentate molto più estese che nel “secondo stadio”. Vediamo infatti un secondo stadio (colore rosso) da cui fuoriescono anche qua delle fiamme dal basso ma in misura inferiore al primo (sempre colore verde). L’astronauta si trova nel “terzo stadio” rappresentato dal colore blu con una forma che ricorda le nostre “ogive” che curvano verso la punta.
Fantasie ? Molto probabile ma le coincidenze non si limitano a queste.

Se osserviamo l’astronauta, vi è “qualcosa” attaccato al suo naso che alcuni hanno ipotizzato possano essere due tubicini (per respirare ossigeno?).

Ma osserviamo le mani. Stanno PILOTANDO, muovendo leve o pulsanti. La posizione della mano destra (in alto) ha il pollice e l’indice uniti come per girare una manopola di piccole dimensioni, mentre la mano sinistra (in basso) sta spingendo indietro una qualche leva. Chi sostiene la versione “simbolico/magica/religiosa” non ha mai voluto spiegare che senso avrebbe posizionare in questo modo le due mani.

Ma osserviamo il piede sinistro. E’ appoggiato su un supporto che è SAGOMATO esattamente con la forma del suo piede che può “ruotare” (vedere quel cerchio sulla destra). Potrebbe essere un qualche pedale che viene utilizzato per comandare la navicella ? Per chi ha guidato un elicottero o un aereoplano a Tre-assi (tipo Cesna) sa perfettamente che i piedi son fondamentali per comandare l’assetto e la direzione dell’aereo. (anche questo dettaglio ha un valore simbolico/religioso? )

Per ultimo osserviamo dove è alloggiato “l’astronauta”. All’interno di una cabina (colore arancio) caratterizzata da elementi di rinforzo (colore nero). Potrebbe essere una struttura trasparente per vedere dove andare che per resistere agli sforzi areodinamici richieda una struttura di rinforzo modulare (visto che gli spazi sono tutti uguali).

Vi è un’altra struttura (colore azzurro) che fuoriesce dallo schermo della “cabina” e su cui sono fissati gli strumenti di comando. Tutta la struttura (colore arancio e azzurro) si configura con un profilo areodinamico che partendo dalla punta si allarga inglobando la ipotetica cabina, che si allarga nel secondo stadio, che si allarga nel terzo.

A conclusione possiamo solo affermare che sicuramente la civiltà che ha costruito Palenque non poteva avere costruito razzi a tre stadi, altrimenti ne avremmo trovato dei resti visto l’epoca non molto lontana nel tempo.
Ma vi è chi ipotizza che se sono mai esistiti queste macchine volanti chi ha scolpito la stele di Palenque potrebbe averne visto una funzionante e utilizzata come modello per scolpire la stele.
Non dimentichiamoci che il fenomeno dei cosiddetti UFO è ormai accertato. Cioè che vi è una civiltà che si manifesta in più occasioni con veivoli che superano le nostre attuali capacità tecnologiche. Sicuramente qualsiasi cosa che veniva dal cielo doveva apparire come una manifestazione divina. Quindi dovendo rappresentare l’ascesa al cielo dell’anima del Sovrano di Palenque quale modo migliore di raffiugurarlo a bordo di una “navicella” che avevano visto REALMENTE ascendere al cielo.
Nei testi vedici e nel Mahabharata, come descritto in Ancient Vimanas: The Marvels of the Sky in Ancient India, si parla di Vimana, macchine volanti usate da divinità e re. Questi testi descrivono dettagli tecnici e usi in guerra, con descrizioni come “il carro volante brillava come una fiamma nel cielo notturno d’estate”. E’ giunto quindi il momento di non ridicolizzare queste tracce che ci giungono dal passato come scontate raffigurazioni spiritual/religiose, ma come esperienze REALI osservate dai nostri antenati e che ce le han volute tramandare con i loro mezzi. Se osserviamo quindi questi oggetti con mente serena e priva di preconcetti potremmo cogliere questi importanti messaggi che ci potranno aprire porte mostrandoci aspetti insospettabili sull’evoluzione della razza umana.