
Rappresenta uno dei più straordinari reperti etnoarcheologici legati alle culture native delle Grandi Pianure nordamericane. Questo manufatto, oggi conservato presso il Field Museum of Natural History di Chicago, costituisce una preziosa testimonianza della profonda connessione che i Pawnee, in particolare la banda Skidi, intrattenevano con il cielo stellato e la sua interpretazione simbolica e rituale. Realizzata probabilmente fra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo, questa mappa assume l’aspetto di una pelle di daino su cui sono state dipinte con pigmenti naturali numerose stelle, costellazioni e motivi celesti, con dimensioni delle singole stelle che riflettono non solo la loro luminosità osservabile, ma anche la potenza rituale loro attribuita all’interno della cosmologia Pawnee. In questo senso, la mappa non è solo una rappresentazione astronomica empirica, ma anche un vero e proprio schema di poteri e relazioni tra il mondo terreno e quello celeste, in cui le stelle più grandi indicano sia la maggiore visibilità sia l’importanza spirituale e mitologica.
L’accuratezza delle informazioni relative a questa mappa è stata oggetto di numerose ricerche sia in ambito antropologico che archeoastronomico. Gli Skidi, una delle quattro principali bande Pawnee (Skidi, Chawi, Kitkahahki, Pitahawirata), erano conosciuti per il loro complesso sistema di credenze religiose e per la centralità del culto della Stella della sera (Venere) e della Stella della mattina (probabilmente Marte o ancora Venere in un’altra fase). La mappa, secondo le più recenti interpretazioni, costituiva un dispositivo narrativo e rituale attraverso cui venivano trasmessi miti di fondazione, storie di eroi celesti e istruzioni per i complessi rituali agricoli e di fertilità, come la celebre Cerimonia della Stella della mattina, celebrata presso il villaggio di Pahuk lungo il fiume Platte, in Nebraska.
Il valore della mappa celeste Pawnee emerge ancor più chiaramente se confrontato con altri manufatti analoghi prodotti da culture native e antiche in contesti differenti. Ad esempio, la cosiddetta “Mappa stellare di Nebra” della Germania dell’Età del Bronzo (c. 1600 a.C.) costituisce un parallelo europeo di rappresentazione celeste su supporto materiale, anche se la funzione della mappa Pawnee è molto più integrata in un contesto di pratiche religiose vive. Altri confronti possono essere fatti con i petroglifi astronomici degli Ancestral Puebloans nel Sud-Ovest degli Stati Uniti o con la tradizione delle “star charts” cinesi e babilonesi, che però si distinguono per un approccio più sistematico e “scientifico” all’osservazione delle stelle. Tuttavia, ciò che rende la pelle di daino Pawnee unica è la sua doppia natura: al tempo stesso mappa empirica e cosmogramma mitico, documento storico e oggetto di potere spirituale.
L’analisi iconografica della mappa rivela la presenza di specifiche costellazioni identificate dagli Skidi, tra cui la Stella della mattina (Kohkahkahaats), la Stella dell’Orsa Maggiore (probabilmente identificate con le “sette sorelle” delle Pleiadi), e la Via Lattea (il “sentiero degli spiriti”). Questi motivi sono spesso accompagnati da riferimenti a leggende tramandate oralmente, come quella del primo uomo Pawnee creato dalle stelle e inviato sulla Terra per fondare il popolo. La dimensione delle stelle sulla pelle, come specificato nel testo, non è soltanto proporzionale alla luminosità, ma anche alla potenza spirituale attribuita loro: un concetto che rispecchia la visione animista e relazionale del cosmo propria delle culture delle Grandi Pianure, dove ogni corpo celeste è portatore di intenzioni, messaggi e poteri.
Le ricerche archeoastronomiche più recenti, tra cui quelle condotte da William R. Powers e Douglas Parks negli anni ‘70 e ‘80, hanno dimostrato come l’orientamento dei villaggi Pawnee e la disposizione delle loro case cerimoniali fossero spesso allineati con punti cardinali e posizioni di particolari stelle all’alba o al tramonto durante i solstizi e gli equinozi. Questo allineamento è stato riscontrato, ad esempio, nel grande villaggio di Linwood, Nebraska (datato circa 1750-1850), dove la casa cerimoniale Skidi mostrava un ingresso orientato verso la posizione della Stella della mattina durante determinati momenti dell’anno. Questi dati rafforzano l’idea che la mappa celeste a pelle di daino non fosse un semplice strumento di osservazione, ma un elemento fondamentale della vita sociale e religiosa, utilizzato per scandire il tempo dei riti, delle semine e dei raccolti.
Un ulteriore approfondimento riguarda la funzione didattica e narrativa della pelle di daino. In assenza di scrittura alfabetica, la trasmissione dei saperi Pawnee avveniva attraverso una sofisticata combinazione di racconto orale, arte visiva e pratica rituale, e la mappa fungeva da supporto mnemonico per i sacerdoti e gli anziani durante le cerimonie pubbliche e le sessioni di insegnamento ai giovani. Le stelle più grandi, dunque, non solo segnalavano oggetti celesti di particolare importanza astronomica, ma diventavano veri e propri “nodi” della narrazione cosmologica, punti focali attorno a cui ruotavano storie di origine, genealogie divine e precetti morali per la comunità.
Le leggende Pawnee, raccolte in modo sistematico per la prima volta dall’antropologo George Amos Dorsey alla fine dell’Ottocento, narrano di come la prima donna, la Madre delle Stelle, discese dal cielo per portare semi e insegnare l’agricoltura, e di come la Stella della mattina combatté contro le forze delle tenebre per garantire il ritorno della luce e la prosperità dei raccolti. Questi miti trovano una corrispondenza visiva sulla pelle di daino, dove la disposizione delle stelle sembra evocare le traiettorie degli eroi celesti e i rapporti di parentela fra le divinità delle stelle.
Nel contesto storico più ampio, la mappa Pawnee si inserisce in un periodo di grandi trasformazioni per le popolazioni native delle Grandi Pianure, segnato dall’arrivo degli europei, dalla diffusione del cavallo (introdotto dagli spagnoli già dal XVII secolo), e dal progressivo spostamento verso modelli di vita più mobili e meno centrati sull’agricoltura sedentaria. Tuttavia, la persistenza di tradizioni religiose e cosmologiche come quelle testimoniate dalla pelle di daino mostra la straordinaria resilienza culturale dei Pawnee e la loro capacità di riadattare simboli e pratiche antiche a nuovi contesti storici.
Nel panorama delle culture native nordamericane, solo poche altre popolazioni hanno sviluppato un sistema di rappresentazione celeste tanto articolato quanto quello dei Pawnee. Si pensi, ad esempio, ai Mandan e agli Hidatsa, che pure celebravano il ciclo delle stagioni attraverso cerimonie legate all’osservazione delle stelle, ma che non hanno lasciato testimonianze materiali altrettanto precise e dettagliate. La pelle di daino Skidi rappresenta dunque un unicum, sia per la ricchezza iconografica che per il ruolo centrale che essa svolgeva nella vita religiosa e sociale della comunità.
Riassumendo, la mappa celeste a pelle di daino degli Skidi Pawnee è un reperto di eccezionale valore archeologico e antropologico, che offre uno sguardo privilegiato sulla complessità delle conoscenze astronomiche indigene, sulla profondità delle loro visioni cosmologiche e sulla capacità delle società native di integrare scienza, mito e ritualità in una sintesi culturale di grande fascino. La sua analisi, arricchita dal confronto con altre tradizioni e supportata dalle più recenti ricerche interdisciplinari, contribuisce in modo decisivo alla ridefinizione del ruolo delle popolazioni native nella storia della scienza e della spiritualità umana. ?✨? #Pawnee #Skidi #Archeoastronomia #CieliAntichi #NativeAmericanHistory #FieldMuseum #StoriaDelleReligioni #CosmologiaIndigena #LeggendeStellari?
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