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UN ANTICO PREDATORE DI 500 MILIONI DI ANNI SVELA I SUOI SEGRETI

UN ANTICO PREDATORE DI 500 MILIONI DI ANNI SVELA I SUOI SEGRETI

Nel cuore delle Montagne Rocciose canadesi è riemerso un predatore del passato che sembra uscito da un film di fantascienza: tre occhi, un corpo segmentato come un insetto e una bocca circolare foderata di denti. Ma il vero colpo di scena è che questo animale ha vissuto una parte della storia evolutiva sconosciuta.

Mosura fentoni, questo il suo nome, era lungo quanto un dito; la sua struttura era davvero unica e ricorda vagamente un kaijū dei film di Godzilla. Tre occhi disposti sul capo, artigli articolati, una bocca circolare foderata di denti e pinne laterali per il nuoto delineano un animale che, mezzo miliardo di anni fa, dominava un ecosistema ormai scomparso.

Apparteneva al gruppo estinto dei radiodonti, un noto predatore del Cambriano. Tuttavia, a differenza dei suoi “cugini” più vicini, Mosura mostrava un dettaglio mai osservato prima: una regione posteriore composta da sedici segmenti, ognuno dotato di strutture simili a branchie (qui un disegno).

Perché un corpo così articolato? Una domanda che spinge a riflettere su come anche forme di vita tanto antiche potessero adottare soluzioni evolutive complesse per sopravvivere in situazioni estreme.

Gli studiosi ipotizzano che queste appendici respiratorie possano aver favorito una maggiore efficienza metabolica, forse legata a uno stile di vita più attivo o a un ambiente povero di ossigeno.

La sua anatomia suggerisce parentele lontane ma significative. Sebbene separato da enormi distanze evolutive, Mosura presenta affinità funzionali con insetti, crostacei e persino limuli. Non è solo una questione di forma: è il principio stesso di segmentazione e specializzazione che sembra ripetersi.

Tra i fossili scoperti, alcuni conservano dettagli sorprendenti dell’anatomia interna: fasci nervosi, tracce del tubo digerente e perfino un sistema circolatorio aperto, in cui il sangue fluiva in cavità interne oggi visibili come zone lucenti nella roccia.

Di Gianluca Cobucci

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