
Recenti ritrovamenti archeologici nella penisola di Tangeri, in Marocco , hanno portato alla luce tre antichi cimiteri risalenti al 2000 a.C., combinati con ripari sotto roccia e monumenti megalitici. I ricercatori ritengono che questa scoperta ci offra il ritratto più dettagliato finora di come le popolazioni preistoriche dell’Età del Bronzo in quest’area seppellissero i defunti, segnalassero il loro territorio e forse persino comunicassero attraverso i confini culturali.
Nel recente passato, i ritrovamenti in quest’area hanno iniziato a ridefinire la comprensione accademica del Nord Africa preistorico e la sua relazione con le aree circostanti. Tradizionalmente considerata un’area periferica nell’ambito dell’archeologia mediterranea , la penisola, situata appena a sud dello Stretto di Gibilterra, ha restituito testimonianze di elaborate tradizioni rituali, sofisticate pratiche funerarie e paesaggi simbolici che la collegano sia al Sahara che all’Europa atlantica.
La serie di scavi più recente è stata condotta da archeologi dell’Università di Barcellona, dell’Università di Castiglia-La Mancia e dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Patrimonio del Marocco. I risultati delle loro scoperte sono stati pubblicati nell’ultimo numero della rivista African Archaeological Review , aprendo una finestra su un mondo tradizionalmente trascurato da storici e archeologi.
Cimiteri di pietra: sepolture duramente guadagnate
Tra i ritrovamenti più significativi vi sono le cosiddette sepolture a “cista”, ovvero tombe ricavate incidendo la roccia madre, inserendovi resti umani e ricoprendoli con lastre di pietra. Il lavoro necessario per costruire tali tombe, con i limitati strumenti dell’epoca, testimonia sia il progresso tecnologico sia un intenso interesse culturale per le pratiche funerarie.
Secondo Hamza Benattia, autore principale dello studio e dottorando presso l’Università di Barcellona, la realizzazione di tali tombe scavate nella roccia avrebbe richiesto “sforzi e tempo considerevoli”.
Tra le tombe a cista, una è stata datata al radiocarbonio a circa 2000 a.C.: un risultato importante in quanto costituisce la prima data al radiocarbonio in assoluto per questo specifico tipo di sepoltura in tutta l’Africa nord-occidentale.
La scoperta serve a fornire un’ancora cronologica al più ampio panorama rituale della penisola di Tangeri, una regione che storicamente è stata meno studiata rispetto all’Egitto e ad altre regioni del Nord Africa.
Altri tipi di sepoltura presenti nei tre cimiteri erano tombe a fossa, tumuli (sepolture a tumulo) e ipogei (camere sotterranee), a testimonianza di un sofisticato mosaico di tradizioni funerarie che si estendeva per diversi secoli. Queste diverse pratiche riflettono una multiforme interazione culturale e potrebbero rappresentare gerarchie sociali, intrusioni migratorie o mutevoli credenze spirituali nel corso del tempo.
Arte e Architettura: il linguaggio simbolico degli antichi
All’esterno dei cimiteri, gli archeologi hanno trovato circa una dozzina di ripari rupestri con arte rupestre geometrica e antropomorfa. Motivi geometrici come quadrati, linee ondulate, punti e motivi bi-triangolari (otto triangoli opposti sovrapposti verticalmente) sembrano riflettere immagini provenienti sia dal Sahara che dalla Penisola Iberica.
Questi dipinti, affermano i ricercatori, possono mostrare figure simboliche, potenzialmente divinità o figure ancestrali, e dimostrano come gli esseri umani preistorici utilizzassero l’arte visiva per rappresentare sistemi di credenze o definire luoghi sacri .
Erano diffuse anche le “coppelle”, incisioni arrotondate nella pietra secondo schemi significativi, come linee o cerchi paralleli affiancati. La loro disposizione e la loro esecuzione regolare suggeriscono che fossero forse utilizzate per scopi rituali o cerimoniali, o persino come una delle prime forme di comunicazione non verbale tra comunità.
Menhir, alcuni dei quali alti più di 2,5 metri, sono stati rinvenuti sia nelle sepolture che in prossimità dei ripari sotto roccia. Si ritiene che i monoliti, tipicamente raggruppati in gruppi, fossero utilizzati come indicatori territoriali e punti rituali. Il fatto che siano stati rinvenuti anche in punti di intersezione significativi tra zone abitate e sepolture rafforza, secondo il team di ricerca, l’idea che la penisola di Tangeri fungesse da paesaggio rituale e simbolico preistorico.
Un crocevia di culture
Situata in una posizione strategica appena al largo della costa della Spagna meridionale, la penisola di Tangeri è un crocevia geografico tra Africa ed Europa. Ma fino ad ora, la sua preistoria è stata poco studiata, in parte a causa dei radicati pregiudizi dell’era coloniale che privilegiavano l’Egitto e il Mediterraneo orientale.
La conclusione dei ricercatori indica ampi scambi culturali tra i popoli nordafricani, sahariani e dell’Europa atlantica. Gli stretti parallelismi nei riti funerari, nell’arte rupestre e nella cultura megalitica indicano che la penisola di Tangeri non era isolata, ma faceva parte di una più ampia rete transregionale di usi simbolici e rituali.
“I paesaggi rituali della penisola di Tangeri sono molto più complessi e diffusi di quanto si pensasse in precedenza”, hanno scritto i ricercatori. Il loro lavoro traccia parallelismi diretti tra la penisola e altre regioni tardo-preistoriche, in particolare la penisola iberica meridionale, suggerendo che la comunicazione simbolica e le pratiche di sepoltura fossero condivise – o quantomeno reciprocamente influenzate – attraverso lo Stretto di Gibilterra.
Sfida alle narrazioni coloniali
Forse l’aspetto più importante di questa ricerca è la critica al modo in cui è stata definita la preistoria del Nord Africa. Come spiegano gli autori, i “pregiudizi coloniali” hanno dominato a lungo le narrazioni archeologiche nordafricane, tradizionalmente sminuendo la diversità culturale e l’interconnessione delle sue società passate.
Con l’aggiunta di nuove informazioni, tra cui la datazione al radiocarbonio e l’analisi comparativa dell’arte rupestre, la ricerca richiede un riesame del posto del Nord Africa nella storia antica: non come zona periferica ma come ponte culturale intercontinentale.
I ritrovamenti nella penisola di Tangeri forniscono una solida prova del fatto che la sua popolazione fu attivamente coinvolta nella definizione e nella partecipazione agli sviluppi più ampi dell’età del bronzo e del ferro .
La ricerca condotta da Benattia, Jorge Onrubia-Pintado e Youssef Bokbot rappresenta un cambio di paradigma nell’archeologia nordafricana. Il loro approccio olistico – la fusione di indagine funeraria, interpretazione dell’arte e rilievo del paesaggio – svela un’immagine sfaccettata e variegata della vita preistorica in una delle aree più trascurate del Mediterraneo.
Più che una semplice documentazione di manufatti, il loro studio eleva la penisola di Tangeri a un ruolo chiave nel mondo antico: un luogo in cui sepoltura, arte e architettura si sono intersecate per creare un’eredità culturale duratura. Con ulteriori indagini, i ricercatori sperano di approfondire la nostra comprensione di come queste comunità vivessero, morissero e si relazionassero con i loro vicini di terra e di mare.
Di Sahir