
Una tomba a forma di barca affiorava a pochi centimetri dalla superficie
Un suono, poi l’eco del passato. Il metaldetector vibra. Non è il primo, ma questa volta qualcosa trattiene il cercatore: è un segnale stabile, pulito. Scava con attenzione. Non c’è pietra, non c’è ferro arrugginito, ma due spille ovali affiorano dalla sabbia, ornate e lievemente incurvate dal tempo. Accanto, alcune costole umane.
Siamo a Senja, isola aspra e bellissima della Norvegia settentrionale. La scoperta, fatta quasi per caso due anni fa, si è trasformata nella rivelazione di una tomba a forma di barca risalente all’età vichinga, databile tra il 900 e il 950 d.C. Ma ciò che colpisce è la profondità: appena venti centimetri sotto il suolo. Bastava poco, un passaggio dell’aratro, e tutto sarebbe andato perduto.
La barca cucita e le tracce del legno scomparso
Una tecnica antica di costruzione navale sopravvive come ombra nel terreno
È una barca da sepoltura, lunga circa 5,4 metri. Ma non come quelle più note con rivetti di ferro ben visibili: qui le assi erano cucite. Legature organiche — fibre o cordami — univano il fasciame in modo elastico, marinaro. Il legno, scomparso da secoli, ha lasciato solo un’impronta scura nella sabbia, come un’eco che si disegna nel negativo.
È una forma gentile e silenziosa, quella di questa barca. È corpo e contenitore, veicolo per il viaggio oltre la morte. E oggi, ancora, corpo dell’assenza.
Una donna e il suo cane, nella terra dei morti
Gli archeologi dell’Arctic University Museum of Norway hanno confermato che si tratta di una sepoltura femminile. Le due spille ovali, tipiche dell’abbigliamento delle donne vichinghe, sono finemente lavorate, ornate da filamenti d’argento: segno di prestigio e gusto.
Accanto al corpo, un piccolo cane. Posto con delicatezza ai suoi piedi, a formare un legame d’affetto che nemmeno la morte ha spezzato. Il gesto parla di una persona che aveva potere, ma anche relazioni emotive profonde. Gli oggetti raccontano di una donna non regina, ma centrale nella vita della sua comunità.
Il pendente, le perle e gli strumenti del vivere
Un pendente a forma di anello è stato rinvenuto vicino al cranio, forse parte di un copricapo. Poi due perle — osso? ambra? — e uno strumento probabilmente ricavato da osso di balena, forse una spada da tessitura.
Se fosse confermata questa identificazione, saremmo di fronte a un indizio fondamentale: la donna aveva un ruolo attivo nella produzione tessile. La padrona di casa, nella società vichinga, supervisionava l’ordito domestico del potere.
A corredo della tomba vi sono anche un fuso, una cote in ardesia e una piccola falce in ferro. Oggetti umili, sì, ma densi di significato: testimoniano un’identità agricola e manifatturiera.
Conservazione e miracolo calcareo
Molte delle ossa si sono conservate sorprendentemente bene, soprattutto le costole prossime alle spille di bronzo. Il metallo ha probabilmente inibito l’attività batterica. Altre parti, invece, sono ridotte a ombre giallastre nella sabbia.
Ma non è un caso isolato: nel nord della Norvegia, le tombe vichinghe spesso si trovano in sabbie marine antiche, ricche di calcare. Questo crea un ambiente protettivo che può far sopravvivere resti organici anche per oltre mille anni.
Fibbie, fili e frammenti tessili
I cercatori, accortamente, non lavarono le spille né rimossero la terra circostante. Questo ha permesso la conservazione di minuscoli frammenti tessili: porzioni del vestito della defunta, forse parti di un mantello o di una tunica. I laboratori, ora, esamineranno ogni fibra per ricostruire materiali, tecniche e colori.
Verso un’indagine del DNA e del vissuto
Sebbene le spille costituiscano una prova forte del genere, l’identificazione definitiva dipenderà dalle analisi osteologiche. Queste riveleranno l’età, la statura, la dieta, i traumi. Ma anche dove visse, se migrò, se affrontò carestie.
E in futuro, se si estendesse il progetto, persino il colore di occhi e capelli potrebbe essere svelato.
Un cimitero costiero tra dune e silenzi
Non è forse sola, la donna della barca. A poca distanza dalla tomba, è stata rinvenuta una seconda spilla ovale. Forse un’altra tomba, forse un cimitero intero, si nasconde sotto il terreno sabbioso.
Gli archeologi desiderano esaminare l’area con georadar. L’ipotesi è che le creste costiere poco elevate siano state scelte come luogo privilegiato per il riposo eterno.
Il cane, compagno nel viaggio ultraterreno
Simbolo d’affetto o guida verso l’aldilà?
Secondo Håkon Reiersen, dell’Università di Stavanger, la presenza del cane è ciò che rende questa sepoltura veramente speciale. Le tombe a barca sono note, ma non sempre conservate così bene. E quando c’è un cane, c’è sempre un messaggio.
Arild Klokkervoll ha studiato la presenza di animali nelle sepolture dell’età del ferro: i cani sono i più frequenti. Non solo guardiani, ma presenze affettive. A volte, guide nel viaggio verso l’aldilà. Più che oggetti del rituale, anime che accompagnano.
Una tomba che, affiorata per caso, si è rivelata non solo un documento archeologico, ma un racconto ancora vibrante d’umanità.