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28 Settembre 2014 SCIENZA
di Virginia Hughes Fotografie di Martin Schoeller, National Geographic Creative http://www.nationalgeographic.it
ECCO PERCHE' ABBIAMO TUTTI UNA FACCIA DIVERSA
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tempo di lettura previsto 4 min. circa

La straordinaria varietà delle caratteristiche facciali nell'uomo potrebbe essere il risultato di una strategia evolutiva mirata a rendere più facile il riconoscimento tra le persone.Dagli occhi in fuori ai nasi aquilini, dalle mascelle squadrate alle fossette sul mento, la varietà dei dettagli facciali è tale da poter affermare che non esistono due volti uguali. Secondo una recente ricerca, questa diversità potrebbe essere caratteristica evolutiva sviluppatasi per facilitare il riconoscimento reciproco tra le persone.

Lo studio, apparso sulla rivista Nature Communications, spiega come il volto umano presenti una varietà di forme e caratteristiche molto maggiore rispetto alle altre parti del corpo; e che i geni correlati alla struttura del viso variano molto di più dei segmenti di DNA che contengono le informazioni relative ad altre parti del corpo. Questo suggerisce, a detta dei ricercatori, che le leggi dell'evoluzione potrebbero aver favorito la diversità dei volti, forse per rendere gli individui più riconoscibili.

"Un individuo può beneficiare dall'avere un volto unico, " spiega Michael Sheehan, ricercatore della University of California di Berkeley e autore principale dello studio. "È come aver sviluppato, grazie all'evoluzione, una targhetta con il proprio nome".In molte situazioni, potrebbe essere evolutivamente svantaggioso essere confusi con un'altra persona, fa notare Sheehan, come quando un vicino di casa arrabbiato ti scambia per un nemico. "O magari hai fatto qualcosa di eccezionale, qualcuno vuole darti un premio e qualcun altro lo riceve al posto tuo, " continua. "Il mimetismo tra le persone potrebbe essere deleterio".

L'ipotesi sembra confermata dallo studio delle vespe della specie Polistes fuscatus, che si caratterizzano per la "straordinaria varietà della colorazione", spiega Sheehan. Nel 2011 l'équipe di ricercatori da lui guidata ha evidenziato che questi insetti, caratterizzati da un elevato grado di socialità, sfruttano la diversità delle fattezze facciali e corporee per riconoscersi a vicenda. Questo le aiuta a orientarsi all'interno del loro ordinamento gerarchico.Nel loro studio, Sheehan e colleghi hanno analizzato un database dell'esercito degli Stati Uniti d'America contenente dozzine di misurazioni, dalla distanza delle pupille alla lunghezza del polpaccio, relative al volto e al corpo di migliaia di individui.

Dall'analisi effettuata risulta che le parti del corpo sono caratterizzate, per lo più, da una certa coerenza interna: se la mano di una persona è grande, generalmente è anche lunga. I dettagli del viso, al contrario, non sono prevedibili.Lo studio è stato esteso anche alle sequenze genomiche di 836 individui di origine europea, africana e asiatica ottenute nell'ambito del progetto Genoma 1000, un catalogo di informazioni genetiche liberamente consultabile.

Dall'analisi di 59 porzioni di DNA, precedentemente messe in relazione con le caratteristiche facciali, risulta una variabilità maggiore nei geni che le compongono, se confrontate con il resto del genoma e con i segmenti di DNA associati all'altezza della persona.Per avere un'idea di come tale diversità sia emersa nel corso dell'evoluzione, gli scienziati hanno confrontato il DNA dell'uomo moderno con quello di due specie estinte di ominidi: neandertaliani e denisoviani.

Sia nel DNA moderno che in quello antico, due geni - uno legato alla distanza tra il mento e la sella del naso e l'altro alla forma del naso - hanno mostrato livelli analoghi di variabilità, suggerendo che la diversità dei volti si sia sviluppata prima ancora dell'uomo moderno.Secondo gli autori, questa variabilità genetica particolarmente alta è segno che la diversità della conformazione sia stata plasmata da forze evolutive.

Pensiamo, per esempio, a un ipotetico gene che codifichi la lunghezza del naso, che sarà dunque più lungo o più corto a seconda della variante presente nel DNA. Se il naso lungo fosse dannoso, le varianti genetiche "naso lungo" verrebbero eliminate nel corso del tempo. Ma se l'utilità del naso lungo dipendesse dal contesto ambientale, allora entrambe le varianti "naso lungo" e "naso corto" rimarrebbero nel genoma, dando luogo a una maggiore diversificazione genetica.

L'idea che l'evoluzione favorisca l'unicità dei tratti di ciascun volto è coerente con l'aumentata variabilità genetica, ma questa spiegazione "difficilmente può essere considerata definitiva", osserva T. Ryan Gregory, biologo della University of Guelph in Ontario.

La diversità genetica, in alternativa, potrebbe essere il risultato di recenti ibridazioni tra popolazioni in precedenza distinte, o perfino essere del tutto casuale, spiega Gregory.

Ammesso che la diversità facciale abbia origini evolutive, fanno notare altri ricercatori, potrebbe comunque essersi sviluppata per motivi diversi dal riconoscimento reciproco.Molte altri animali, ad esempio la pecora domestica, sono in grado di riconoscere dalla faccia gli individui della stessa specie, anche se i loro tratti facciali non sono molto diversificati, sostiene Susanne Shultz, biologa dell'evoluzione presso la University of Manchester nel Regno Unito.

"È probabile che, nel corso dell'evoluzione, numerosi processi agiscano in concomitanza, " aggiunge Barnaby Dixon della University of New South Wales di Sydney, in Australia.

Qualche mese fa, l'équipe di Dixon ha riportato in uno studio che le persone trovano la barba più attraente in contesti in cui sono in pochi a portarla. In modo analogo, anche le preferenze nell'accoppiamento potrebbero avere giocato un ruolo nello sviluppo della diversità facciale, spiega Dixon.

Le caratteristiche rare "potenzialmente aumentano la capacità di attrazione di un individuo nei confronti dei suoi contemporanei."

TAG: DNA