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9 Febbraio 2011 ARCHEOLOGIA
Mara Gergolet Corriere della Sera
Così rinascono gli dei della Mesopotamia: da 27 mila frammenti
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Scoperta di un\'enorme statua funebre a Tell Halaf nel 1912
tempo di lettura previsto 2 min. circa

Era la maggiore collezione archeologica privata tedesca: fu distrutta dalle bombe alleate nel 1943.

A volte Berlino offre incredibili storie di miracoli, di salvataggio di cose e ricordi che parevano sbriciolati. E allora, se siete a Berlino e avete tempo per un'unica mostra, andate al Pergamon Museum, sull'isola dei musei: evitate (diamola per acquisita) la monumentale collezione permanente e scegliete l'appena inaugurata Le divinità salvate di Tell Halaf (Die geretteten Goëtter aus dem Palast vom Tell Halaf, fino al 14 agosto). Vedrete non solo uno dei più begli esempi d'arte mesopotamica che esistano al mondo, con prestiti dalla Siria. Ma insieme un pezzo di storia (perfino coloniale) tedesca e, appunto, un miracolo.

Bisogna prima tornare - ma lo si fa nella prima sala - al 23 novembre 1943, quando i bombardieri alleati colpirono una fabbrica a Franklinstrasse, Charlottenburg. Dentro, la maggiore collezione archeologica privata tedesca: grandi divinità di basalto e di calcare, enormi animali dai piedi di leone e teste d'uccello, ritrovati negli scavi da Max von Oppenheimer nel villaggio siriano di Tell Halaf: tarda epoca ittita (che gli archeologi rinomineranno epoca Tell Halaf, IX secolo a.C.), ascendenze assire. Quella sera, l'incendio scioglierà tutti gli oggetti di calcare. Le statue di basalto resisteranno invece ai 900 gradi di calore, solo per esplodere frantumandosi quando i pompieri coi getti d'acqua causano uno shock termico. Ventisette mila pezzi per terra: quel che resta della collezione. Eppure, Oppenheimer non si dà per vinto, li raccoglie e fa trasportare negli scantinati del Pergamon Museum, dove resteranno fino alla caduta del Muro.

Oppenheimer stesso (1860-1946) è un personaggio straordinario, paragonato a Lawrence d'Arabia e altri viaggiatori-esploratori, come Gertude Bell, del leggendario Medio Oriente d'inizio Novecento. Figlio di banchieri, ebreo, avviato alla carriera diplomatica che lascerà (salvo tornare in servizio durante la I guerra mondiale) per diventare archeologo. Scoprirà Tell Halaf nel 1910, ma solo nel 1930 porterà la collezione a Berlino, pagando di tasca propria qualcosa come 8 milioni di euro attuali. Litigherà con il Pergamon Museum e ne fonderà uno proprio per fargli concorrenza: avrà amici e sostenitori in Agatha Christie, Samuel Beckett, nel re iracheno Faysal I.

Il resto della storia, più vicina, è meno affascinante ma essenziale. Sono due archeologi, Nadja Cholidis e Lutz Martin che dal 2001 numerano le "tessere" e ricompongono, a partire dai rilievi, come in un gigantesco puzzle 3d, le trenta statue. Incluso il pezzo più celebre, la Venere di Tell Halaf dalle grosse trecce. Saranno queste statue (che in autunno torneranno in cantina) a introdurre all'ala Mediorientale del Pergamon, quando i restauri saranno finiti. Oppenheimer, però, lo sapeva: "Sul Tell Halaf non dubito - scrisse nel diario poco prima di morire -. I pezzi sono raccolti e, insciallà, un giorno saranno ricomposti ed esposti in un museo".