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2 Gennaio 2003 ARCHEOLOGIA
Stephen Caesar , M.A. ABR ELECTRONIC NEWSLETTER
Esaminando la Genesi "Da Pinne a Piedi?"
tempo di lettura previsto 4 min. circa

Gli evoluzionisti sostengono che I pesci svilupparono I piedi dalle pinne, e che ciò premise loro di trascinarsi sulla terraferma. Recenti scoperte, come le impronte lasciate sul fondo oceanico da animali acquatici, hanno confutato questa tesi, secondo quanto riportato sul National Geographic: "Queste tracce ed altre recenti scoperte fossili, hanno costretto gli scienziati a rivedere quando e come la vita arrivò sulla terra" (Westenberg 1999:114).

Non vi sono evidenze fossili che un pesce dotato di quattro piedi ("tetrapode") lasciò l´acqua per avventurarsi sulla terra. Fino a poco tempo fa, vi era solo un fossile tetrapode in esistenza: l´ Ichthyostega (ibidem, 116). Usando l´Ichthyostega come una base, gli evoluzionisti hanno immaginato che i tetrapodi evolsero da pesci viventi in laghi che si prosciugavano regolarmente. Il pesche che usò le sue pinne per trascinarsi fino alla terra in cerca di nuovi laghi riuscì a sopravvivere; tutti gli altri invece morirono. Le pinne dei sopravvissuti evolsero infine in zampe.

La scoperta di impronte sottomarine destabilizza questa teoria, che Hans Bjerring del Museo Svedese di Storia Naturale ha liquidato come una "formula magica". Egli teorizza che l´Ichthyostega vivesse in terreni paludosi invasi di vegetazione.

"Non è facile nuotare attorno ad una vegetazione fitta" ha dichiarato. Egli ritiene che i piedi dell´Ichthyostega resero più semplice muoversi attraverso le piante palustri, e dubita che il tetrapode abbia mai camminato sulla terraferma. "Molti specialisti ora si trovano d´accordo" riporta il National Geographic (ibidem, 119).

Le impronte sono chiaramente quelle di un tetrapode, ma il fatto che siano state trovate sotto il livello del mare significa che sono state lasciate da un tetrapode che pascolava sul fondo delle paludi, non da uno che si avventurasse sulla terraferma. La scoperta, effettuata dalla paleontologa Jenny Clack del Museo di Zoologia dell´Università di Cambridge, del più completo specimen di tetrapode mai trovato, l´ Acanthostega, la supporta. Chiamato "Boris", i polsi e le caviglie del fossile erano troppo deboli per sostenere il suo peso sulla terra, e le sue costole troppo piccole per sopportare la muscolatura necessaria a trasportare il suo corpo sulla terra. La sua coda simile a quella dei pesci avrebbe strisciato sulla terra, rallentando "Boris" e procurando continui graffi ed escoriazioni (ibid. 119, 122).

"Boris chiaramente non camminava sulla terra" conclude la Clack. Come Bjerring, ritiene che le gambe dell´ Achanthostega fossero atte a muoversi in acque paludose: "Se tu potessi aggrapparti alla vegetazione, potresti mantenere la tua posizione anche nella corrente. Ti permetterebbe di trovare la via attraverso le acque paludose. Puoi scavare nel fango per predare. Puoi evitare predatori più grandi strisciando nelle acque pervase di vegetazione dove nuotare sarebbe potuto essere difficile" (ibid. 122).

Un altro tetrapode recentemente scoperto, l´ Elginerpeton, offre ancora più prove. Il suo scopritore, il paleontologo Per Ahlberg del Museo di Storia Naturale di Londra, spiega:

"Le estremità posteriori denotano una curva particolare. La gamba si prolunga sul fianco, come quella di una salamandra o di un coccodrillo, ma la pianta del piede è rivolta indietro piuttosto che verso il basso. Questo potrebbe comportare evidenti difficoltà di locomozione, dal momento che l´animale non potrebbe porre il suo piede piatto sul terreno. Ma sarebbe invece ideare per spostamenti acquatici (ibid. 124)."

Vi sono prove moderne contro la teoria "dalla-pinna-al-piede". Dominique Adriaens della Ghent University è stata testimone di un gruppo di anguille che hanno generato esemplari dotati di pinne anteriori perfettamente sviluppate, malgrado le anguille non abbiano pinne né anteriori né posteriori poiché passano la loro vita a guizzare nel fango piuttosto che a nuotare. Adriaens ha quindi esaminato le anguille adulte da numerose collezioni di museo, e trovate che circa i 2/3 avevano pinne anteriori, e alcune avevano addirittura pinne posteriori. In più, le specimen con pinne anteriori e posteriori erano sagomati più come pesci standard che come anguille. Secondo Stèphan Reebs, professore di Biologia alla Università di Moncton, la perdita delle pinne e la forma del corpo sono adattamenti all´interno della specie anguilla, e non provano un´evoluzione da una specie all´altra.

Per dimostrare che le estremità possono andare perdute nel corso dell´evoluzione, gli insegnanti di biologia spesso mostrano illustrazioni di specie correlate in una serie che mostra graduali riduzioni nella dimensione o nel numero delle zampe. Lo studio di Adriaens offre un raro esempio di variazioni nel numero delle zampe ALL´INTERNO DI UNA SINGOLA SPECIE (Reebs 2002: 30 [enfasi aggiunta]).

Riferimenti:

Reebs, S. 2002 "With or Without." Natural History 111, no. 7.

Westenberg, K. 1999. "From Fins to Feet." National Geographic 195, no. 5

Stephen Caesar è parte dello staff dell´Associazione per la Ricerca Biblica. Laureato in antropologia ed archeologia alla Università di Harvard, è autore dell´ e-book The Bible Encounter Modern Science (La Bibbia Incontra la Scienza Moderna) disponibile all´indirizzo: www.1stbooks.com