Dodici reperti in marmo di epoca romana, per lo più di età imperiale, di importante rilievo archeologico, tornano allo Stato dopo un iter giudiziario durato undici anni grazie al lavoro svolto dalla Polizia Municipale riminese e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna, in collaborazione con il Museo della Città di Rimini. Entrano nel patrimonio indisponibile dello Stato un'ara in marmo dedicata a Libero (uno dei nomi del dio Bacco), una cimasa di monumento funerario con ritratti in pietra calcarea, un coperchio di sarcofago con figura femminile, due capitelli ionici, un frammento di capitello dorico in pietra, un bacile circolare in marmo rosso di Verona, due capitelli-mensola corinzi, due basi di colonna in marmo e una colonna in marmo cipollino.
Si conclude così una vicenda iniziata nel settembre 1999, quando gli uomini dello staff Ambiente della Polizia municipale, guidati dall'ispettore capo Giorgio Filauro, scoprirono un cumulo di materiale lapideo, di evidente valore artistico e archeologico, nascosto tra l'erba di un terreno privato in località San Lorenzo a Monte, sul Colle di Covignano. Si trattava di 68 oggetti in pietra e marmo di epoche diverse, dalla romana al Liberty, di cui il proprietario del terreno non era stato in grado di chiarire la provenienza.
Per riconoscere i materiali e redigere un primo elenco, la Polizia municipale si rivolse inizialmente all'archeologa Cristina Ravara, perito del Tribunale di Rimini, e al brigadiere Costanzo Battistini, del nucleo Carabinieri di Tutela patrimonio artistico. Questo primo esame evidenziò che alcuni reperti erano sicuramente di epoca romana e, come tali, di proprietà dello Stato. Su questa base, vista la conferma dell'importanza delle opere ritrovate, la Polizia municipale effettuò il sequestro di tutti gli oggetti, depositandoli presso il Museo della Città di Rimini e trasmettendo la relativa pratica alla Procura della Repubblica per la valutazione delle ipotesi di reato nei confronti del detentore.
Iniziò così una serie di vicende giudiziarie che nel 2002, non essendo emersi elementi sufficienti a dimostrare la provenienza lecita o illecita dei materiali, rischiò per questioni burocratiche di far restituire al proprietario del terreno tutte le opere sequestrate, incluse quelle di epoca romana.
Per impedire ciò, la Polizia municipale informò la Soprintendenza archeologica che intervenne prontamente nel procedimento giudiziario in corso con la propria archeologa Maria Grazia Maioli che, avvalendosi dell'Avvocatura dello Stato di Bologna, ottenne il mantenimento del sequestro delle opere.
Le successive perizie effettuate da Maioli consentirono al Tribunale di Bologna di sentenziare, nel 2008, che le dodici opere di epoca romana, in quanto materiale archeologico, appartengono per legge alla Repubblica Italiana. Terminate le procedure, la Polizia Municipale ha proceduto nei giorni scorsi al dissequestro e alla consegna dei reperti al Ministero per i Beni e le Attività Culturali che li ha consegnati al Museo di Rimini in attesa del deposito definitivo e di un'eventuale futura esposizione.
L'impegno profuso e la proficua collaborazione tra Polizia municipale, Soprintendenza archeologica e Museo di Rimini ha non solo consentito il recupero di preziosi reperti ma ha segnato una pagina inedita, e forse finora mai percorsa da un Comando di polizia locale, nell'ambito dell'attività di tutela del patrimonio artistico ed archeologico.
Comunicato stampa a cura di Carla Conti
Ufficio stampa della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna
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