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Ha 30.000 anni la prima farina della storia, così come il primo pane preparato dall'uomo moderno: una galletta cotta su pietre arroventate, nutriente e dal sapore gradevole. Le tracce sono state scoperte in Toscana da un gruppo italiano, che ha pubblicato il risultato sulla rivista dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas. Finora si credeva che l'uomo moderno avesse imparato a produrre la farina 18.000 anni fa, ma "il nostro lavoro sposta questo evento molto più indietro nel tempo, nel periodo immediatamente successivo all'uomo di Neanderthal e che corrisponde alla comparsa dei primi uomini anatomicamente moderni", rilevano gli autori della ricerca, guidati da Anna Revedin, che coordina l'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria (Iipp). Finora inoltre si credeva che le popolazioni nomadi di cacciatori-raccoglitori del Paleolitico superiore fossero essenzialmente carnivore, ma la scoperta del gruppo italiano ha dimostrato che mangiavano anche un pane ricco di carboidrati, che li aiutava a sopportare i momenti più freddi e gli ambienti più ostili. Era infatti un cibo facile da conservare e trasportare.
La scoperta dimostra inoltre che lo sfruttamento dei cereali era una vecchia pratica nata in Europa e non in Medio Oriente. Le tracce del pane più antico del mondo sono state scoperte in Toscana, a Bilancino in Mugello, nell'insediamento portato alla luce a metà degli anni '90 da Biancamaria Aranguren, della soprintendenza archeologica regionale, in collaborazione con l'Iipp. Di quel sito preistorico oggi non resta più niente perché è stato sommerso dopo la costruzione di una diga, ma il patrimonio che si trovava lì è salvo: "fra il 1995 e il '96 erano in corso i lavori della diga, cosi' abbiamo fatto uno scavo di emergenza, salvando il maggior numero possibile di materiali", dice Laura Longo, dell' università di Siena, che ha studiato i reperti insieme a Marta Mariotti Lippi e Roberto Becattini, dell'università di Firenze. Una volta messi i reperti al sicuro, la ricerca è partita da due strani pezzi di arenaria: "avevano una forma inconfondibile: dovevano essere una macina e un macinello", dicono i ricercatori. Perciò non li hanno lavati e hanno raccolto il sedimento attorno ad essi. "Così - spiegano - abbiamo scoperto gli amidi, che erano rimasti intrappolati nei granuli di arenaria. Li abbiamo estratti e analizzati a microscopio elettronico". Il confronto con altri amidi scoperti in siti archeologici ha permesso di risalire alla pianta, una comune canna palustre chiamata tifa. La sua radice dalla forma rigonfia e allungata (rizoma) è ricca di amido e, una volta essiccata, si macina facilmente. "Non abbiamo più avuto dubbi che quella fosse la prima farina della storia", osserva Longo. Ulteriori conferme sono arrivate dall'analisi di altri reperti provenienti da siti della stessa epoca di Repubblica Ceca e Russia, dove la farina veniva ottenuta macinando le radici di una felce chiamata Botrichyum. Con l'aiuto del nutrizionista Emanuele Marconi, dell'università del Molise, gli archeologi hanno voluto riprodurre la preparazione della tifa, così come probabilmente facevano gli uomini di 30.000 anni fa: hanno raccolto i rizomi, li hanno fatti essiccare, macinati e cotto l'impasto su un focolare ricostruito come quello scoperto negli scavi di Bilancino: "le gallette sono buonissime", conferma Revedin.
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