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6 Settembre 2010 SCIENZA
Roberto Colombo Il Sussidiario.net
HAWKING/ A che vale spiegare l'universo se si censura la domanda sul senso?
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"L'universo si è creato da solo, dal niente. La creazione spontanea è la ragione per cui c'è qualcosa invece del nulla, il motivo per cui esiste l'universo, per cui esistiamo noi". Queste e altre anticipazioni del libro The Grand Design, scritto dal matematico e astrofisico britannico Stephen Hawking in collaborazione con il fisico quantistico statunitense Leonard Mlodinow, sono bastate per conquistare le prime pagine dei quotidiani e catturare la curiosità di molti per un testo che si annuncia come provocatorio nei confronti del senso religioso dell'uomo. In attesa di avere tra le mani il volume e di leggerlo con attenzione (ogni sfida della ragione deve essere raccolta integralmente, e tra le righe dello scienziato potrebbe nascondersi qualche sorpresa), il gran clamore dei paladini dell'autopoiesi del cosmo e della "pura emergenza" dell'uomo dalla storia della vita nell'universo - una voce non nuova - è l'unica cosa che esige una risposta.

Che quella di Dio sia un'ipotesi non necessaria alla ragione per cogliere la realtà secondo tutti i suoi fattori è una tesi che tradisce un'idea di Dio e un concetto di realtà per le quali ciò che esiste ed il suo significato sono due questioni separate, a sé stanti, che possono (secondo alcuni, devono) essere affrontate l'una indipendentemente dall'altra. Il tema è di quelli che esigerebbero un excursus della storia del pensiero, dall'antichità ai giorni nostri, e una rigorosa fondazione metafisica. Lasciamo questo formidabile compito agli addetti ai lavori filosofici, che ne possiedono la competenza e la pazienza necessaria. Una seconda strada - non alternativa alla precedente, ma parallela - è quella che parte dalla nostra esperienza, quella quotidiana, accessibile a tutti, purché ci si fermi almeno un istante a riflettere sulla nostra vita (cosa, questa, tutt'altro che sconsigliabile, a tutte le età).

Aprendo gli occhi la mattina, per quanto ancora annebbiati dal sonno possano essere, la prima evidenza che affiora alla mia coscienza è che non sono solo. In qualunque parte della terra mi trovi (o lontano da essa: se fossi un astronauta, vedrei la navicella che mi trasporta e, là fuori, i pianeti), c'è sempre qualcuno o qualcosa di fronte a me. Non c'è il nulla, ma l'essere che si manifesta in tutte le sue forme, dalla tazzina del caffè al sole che riverbera i suoi raggi attraverso la finestra della mia stanza. Ma ad accorgersi di tutto questo sono solo io: la tazzina si svuota mentre bevo il caffè, ma non prova alcun dolore nell'essere privata del suo delizioso contenuto, e il sole tramonta alla sera e lascia il posto alla luna e alle stelle senz'ombra di nostalgia da parte sua....continua su :

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