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6 Gennaio 2010 ARCHEOLOGIA
Corriere di Como
IL CERCHIO DEI MISTERI IN LOCALITA' TRE CAMINI A COMO
tempo di lettura previsto 4 min. circa

Il cerchio dei misteri

Il nuovo anno si apre all'insegna delle novità, dal punto di vista archeologico. Due sono le recenti pubblicazioni di Adriano Gaspani, responsabile del Centro di Calcolo dell'Osservatorio Astronomico di Brera, afferente all'I.N.A.F, l'Istituto Nazionale di Astrofisica.

Lo studioso bergamasco, che svolge le sue ricerche nel campo dell'archeoastronomia con uno sguardo di rilievo ai periodi protostorico e medievale, è tornato ad analizzare il nostro territorio con due volumi, uno dedicato agli Insubri, l'antico popolo che fondò Milano, l'altro rivolto al grande cerchio litico dell'area Tre Camini, su cui sorge il nuovo ospedale Sant'Anna di Como che aprirà i battenti tra pochi mesi. In 160 pagine riccamente illustrate, dal titolo Il grande cerchio di pietra degli antichi Comenses. Un osservatorio astronomico dell'età del Ferro in località Tre Camini presso Como edito dall'associazione culturale "Terra Insubre" (euro 15, disponibile contattando la segreteria di Terra Insubre via telefono e fax allo 0332.28.65.42, o per posta elettronica a segreteria.terrainsubre@fastwebnet.it), l'autore rivela preziose informazioni sull'utilizzo di questa struttura litica che, al momento, non ha precisi riferimenti nell'intera Europa, ma che ha una notevole valenza archeoastronomica, in quanto utilizzata come osservatorio astronomico da parte delle popolazioni celto-golasecchiane della prima Età del Ferro.

Per chi non avesse seguito le varie tappe relative al suo rinvenimento, l'opera permette a tutti di calarsi nell'affascinante mondo dell'archeologia e dell'archeoastronomia, in quanto vengono dettagliatamente descritti sia il contesto storico, sia quello culturale e specificamente archeologico dell'intera area in cui il manufatto si trova inserito. E le novità non mancano di certo.

«È stata ricostruita la possibile struttura intorno al cerchio – spiega Adriano Gaspani - che denota l'importanza dell'acqua in perfetto stile celtico. Il manufatto è collocato, infatti, in mezzo ai due alvei dei torrenti Seveso e Val Grande. Inoltre la sua ubicazione è stata indubbiamente condizionata da eventi astronomici quali, ad esempio, l'eclissi solare del 585 a.C. o la congiunzione planetaria del 583 a.C.».

Tale ubicazione permetteva di compiere studi e di definire un calendario osservando la levata del sole. Ma non solo. «In quel luogo – continua l'esperto di Brera – si può ipotizzare che sia stato osservato anche il pianeta Venere, che ha cicli molto complessi. Essendo molto luminoso il corpo celeste non poteva passare inosservato, anche i Greci così come le popolazioni della Mesopotamia e quelle maya erano soliti analizzarlo e i Celti golasecchiani non facevano dunque eccezione».

Nonostante, però, l'importanza dell'osservatorio, questo verrà abbandonato dopo un secolo di onoratissimo lavoro. Il perché ci viene chiarito sempre da Gaspani, che sottolinea come nel V secolo a.C. il tasso di nuvolosità del cielo fosse aumentato, di conseguenza l'osservazione sarebbe stata limitata a poche notti durante l'anno. Quindi l'area venne dismessa dal punto di vista astronomico, ma mantenne la sua funzione sacra dal V secolo in poi. Un'ulteriore curiosità non da poco viene avanzata dal ricercatore bergamasco: i costi di gestione.

«Le spese per realizzare un'opera del genere non potevano essere indifferenti, e a queste dovevano essere aggiunte quelle di gestione. Basti pensare che i settori erano arati in colori diversi, la piattaforma aveva una duplice copertura, pavimentata ed in terra c'era un secondo circolo di pietre con massicciata centrale e i settori erano delimitati da pietre. La pioggia o la neve arrecavano danni, ai quali occorreva porre rimedio. L'acqua, ad esempio, spostava i sassi più piccoli che dovevano essere ricollocati. Tutto ciò denota, indubbiamente, la ricchezza della società celtica di quel periodo».

Il cerchio dei Tre Camini, dunque, è un patrimonio da tutelare, ma al momento giace in stato di abbandono, complici le erbacce e le ultime nevicate. «È un unicum in Europa – commenta Gaspani - e come tale dovrebbe essere tutelato, approntando un progetto che lo metta in sicurezza, lo renda fruibile al pubblico e nel contempo lo preservi dai danni del tempo e dell'incuria».

L'importanza del grande cerchio non passa inosservata nemmeno nel volume Gli Insubri. Simbolismo cosmico delle popolazioni che fondarono Milano (pp. 288, collana "Antiche Querce", Keltia Editrice, 15 euro), che dedica un intero capitolo all'analisi archeoastronomica del sito comasco, inserito nel più ampio contesto della regione insubrica, corrispondente all'antico territorio abitato, durante l'Età del Ferro, dalla popolazione celtica degli Insubri, stanziata nella regione tra il Po e i laghi prealpini dal IV secolo a.C.

Lo studioso di Brera ricostruisce e discute le conoscenze astronomiche, la concezione del cielo e del cosmo ed il bagaglio matematico e geometrico di questi antichi popoli, nostri avi. Non solo il cerchio è una pagina lariana del volume. Gaspani torna ad occuparsi dei Comenses e della Comum Oppidum, nonché dell'oppidum di Monte Caslè in Valle Intelvi.

Ma le novità non sono finite. Oltre a quelle finora pubblicate, altre sono nel frattempo emerse. Interessante è anche l'influenza dell'astronomia etrusca sia sul grande cerchio sia nella fondazione della Como romana di Cesare. Ancora un po' di pazienza, dunque, per ulteriori aggiornamenti.

Cristina Fontana