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31 Febbraio 2008 ARCHEOLOGIA
Repubblica.it
Ritorno all'isola di Robinson Crusoe Trovati resti del rifugio del marinaio
tempo di lettura previsto 4 min. circa

Ci hanno provato con i libri, i film, persino con un terribile reality show: ma la storia di Alexander Selkirk, l'uomo che dal 1704 al 1709 visse da solo un'isola deserta, poteva essere recuperata solo con il sudore, scavando. Autori dell'impresa, prima e unica nel suo genere, sette archeologici provenienti da tutto il mondo, un team internazionale che dal Giappone alla Scozia per anni si è posto la stessa domanda: chi era l'uomo che ha ispirato la storia di Robinson Crusoe? Lo scrittore Daniel Defoe rimase talmente affascinato dalla storia di questo marinaio scozzese che a lui dedicò il suo capolavoro, oggi considerato il primo romanzo moderno della storia perché concentrato sulla vita e il punto di vista di un unico personaggio.

Il libro dello scrittore britannico venne pubblicato nel 1718 e appena tre anni dopo il vero protagonista morì di febbre gialla. Da allora, complice il successo del romanzo di Defoe, le elaborazioni intorno alla vita di Selkirk si sono sprecate, ma nessuno è mai riuscito a toccare dal vivo i segreti di quei 5 anni di solitudine sulle isole Juan Fernández, arcipelago al largo delle coste del Cile. Almeno fino all'arrivo degli archeologi Daisuke Takahashi, David Caldwell, Iván Cácares, Mauricio Calderón, A. D. Morrsion-Low, Miguel A. Saavedra e Jim Tate.

"Quando abbiamo cominciato la nostra ricerca non eravamo molto ottimisti - racconta a Repubblica. it David Caldwell, organizzatore della spedizione - Tutto è cominciato grazie all'amicizia tra me e Takahashi, archeologo e scrittore giapponese. Nel 2005 gli ho chiesto se gli andava di seguirmi in questa folle impresa e lui ha risposto: perché no? Due mesi dopo eravamo in partenza per l'isoletta cilena". Caldwell lavora per il National Museum of Scotland, dove è curatore della sezione di archeologia europea e scozzese. La passione per la vita di Selkirk è nata anche dal fatto che il giovane marinaio era scozzese come lui. "Abbiamo cominciato a scavare in un punto che, secondo i nostri calcoli, avrebbe portato a qualcosa di buono - racconta Caldwell - Ho fatto un salto quando sono venuti fuori i resti di una costruzione spagnola della metà del '700. Voleva dire che là c'era qualcosa, dato che in genere le case vengono costruite su terreni già disboscati".

E infatti, nel cuore della località di Aguas Buenas, c'era il rifugio di Selkirk. I due fuochi che abitualmente utilizzava per cucinare, i resti di ciò che mangiava e della sua capanna, i piccoli oggetti di metallo che usava per cacciare. Il vero Robinson Crusoe uccideva le capre selvatiche dell'isola e con le loro pelli cuciva i vestiti e aveva costruito un piccolo osservatorio per monitorare l'arrivo della nave giusta (ben due vascelli infatti arrivarono e ripartirono dall'isola in quei 5 anni; entrambi erano spagnoli e Selkirk, corsaro scozzese, rinunciò a chiedere aiuto perché sapeva che l'avrebbero torturato).

Il marinaio 28enne era dunque molto intelligente ma non aveva un buon carattere. Quando nel 1704 si imbarcò sul galeone Cinque Ports, guidato dal comandante Thomas Stradling, si fece subito notare per la sua irrequietezza. Tanto che, approfittando dell'approdo su un'isola sperduta per fare provviste, il capitano pensò bene di lasciarlo lì, augurandogli vita brevissima. Selkirk portò con sé un moschetto, della polvere da sparo, alcuni strumenti da falegname, un coltello, una Bibbia e i suoi vestiti, e riuscì a sopravvivere fino al 1709, anno in cui la nave corsara Duke lo trasse in salvo. "Bisogna dire, però - spiega - che se c'era un posto ideale dove restare da soli per anni, quello era l'arcipelago Juan Fernández: tanta acqua, frutta, verdure, capre selvatiche, pesce. Per Alexander Selkirk sopravvivere non è stato poi così difficile". Salvo il fattore solitudine. Il giovane marinaio infatti non solo soffrì per la mancanza di altri esseri umani ma si ammalò di depressione e accusò un gran senso di rimorso per il comportamento tenuto in passato.

Quando William Dampier e il suo equipaggio approdarono sull'isola - oggi ribattezzata Robinson Crusoe, mentre quella accanto è stata chiamata proprio Alexander Selkirk - lo scozzese si sentì così felice che uccise in onore dei marinai due capre al giorno, fino al momento della partenza. Una volta a casa non rinunciò a navigare e morì prestando servizio come ufficiale di bordo. La sua salma, invece che sottoterra, venne gettata lungo la costa occidentale dell'Africa: il posto giusto per una vita che, come il mare, simboleggia tutto ciò che ci affascina e ci spaventa.