Una semplice anomalia nel terreno, rilevata da sensori di ultima generazione: è bastato questo a destare l´attenzione degli scienziati del Consiglio nazionale delle ricerche di Potenza. Le loro "antenne", allenate a navigare nell´universo della ricerca scientifica, hanno immediatamente individuato la singolarità della scoperta: con l´aiuto degli Sherlock Holmes artificiali, nella fattispecie i sensori simili a quelli utilizzati su QuickBird, il satellite di Google Earth - un software tridimensionale che permette di visualizzare fotografie aeree e satellitari della Terra con un dettaglio molto elevato - hanno individuato, per la prima volta, tracce di strutture sepolte, appartenenti a villaggi medievali abbandonati a Monte Irsi. Si tratta di un´area al confine fra Puglia e Basilicata di rilevante interesse archeologico, ricca di reperti greci e romani, studiata per anni, oltre che dagli esperti locali, dal professor Alastair Small dell´Università di Alberta, Canada: Monte Irsi fu abbandonato intorno al 1360 quando gli ultimi abitanti, con l´ultimo monaco benedettino, si ritirarono a vivere tra le mura più sicure di Montepeloso. Oggi con la scoperta del Cnr di Potenza si celebra quindi nel Mezzogiorno d´Italia un "matrimonio" senza precedenti e fra due partner solo apparentemente agli antipodi: la ricerca scientifica più avanzata e l´archeologia.
A "vedere" le tracce dell´insediamento abbandonato da secoli è stato il team di ricercatori Cnr dell´Imaa (Istituto di metodologie per l´analisi ambientale) e dell´Ibam (Istituto per i beni archeologici e monumentali diretto da Francesco D´Andria), guidato da Rosa Lasaponara e Nicola Masini. I ricercatori hanno utilizzato un metodo basato sulla elaborazione di dati multispettrali ad alta risoluzione da loro stessi sviluppato. Si tratta di un nuovo approccio, basato sull´impiego di tecniche di elaborazione dei dati satellitari forniti appunto dal satellite di Google Earth.
«I dati resi disponibili dal satellite - spiega Rosa Lasaponara - offrono possibilità di elaborazione maggiori rispetto alle tradizionali foto aeree. La presenza di strutture sepolte nel sottosuolo modifica le proprietà di superficie, ossia la crescita della vegetazione, i valori di umidità del suolo, l´altimetria del terreno, producendo tracce non sempre visibili dall´occhio umano e neanche da foto aeree, ma rilevabili solo grazie alla disponibilità di dati multispettrali, ossia acquisiti in differenti bande dello spettro elettromagnetico. La visibilità di tali tracce - aggiunge la ricercatrice - è stata poi enfatizzata mediante analisi statistiche in grado di accentuare il contrasto tra le superfici sovrastanti le strutture sepolte e quelle circostanti».
E la scoperta di Monte Irsi non è l´unico successo ottenuto dagli scienziati del Cnr di Potenza. «Anche nella zona di Monte Serico, in Basilicata - spiega Nicola Masini - siamo riusciti a ricostruire la "forma urbis" di un villaggio medievale, già scoperto da noi nel 1995 con l´ausilio di immagini aeree». E non è ancora tutto. A Metaponto, l´elaborazione di immagini QuickBird sta consentendo di rilevare anomalie riferibili ad antiche divisioni agrarie e a canali di drenaggio realizzati oltre 2000 anni fa, in epoche durante le quali i livelli delle falde e la costa del mare erano diversi rispetto ad oggi. A confermarlo sono i numerosi paleo-alvei, alcuni già individuati dall´archeologo Adamesteanu negli anni Sessanta, altri scoperti dai ricercatori del Cnr con l´ausilio delle immagini satellitari, che stanno restituendo un reticolo idrografico sepolto molto diverso da quello attuale. «Queste scoperte - conclude Masini - non solo aprono nuove prospettive di conoscenza delle dinamiche insediative nel territorio di Metaponto, dall´VIII secolo avanti Cristo al Medioevo, ma forniscono anche utili informazioni sull´evoluzione del paesaggio e dell´ambiente nel litorale ionico, da correlare a fattori di tipo climatico e tettonico».
Attualmente il team del Cnr si sta occupando dei torrenti Celone e Cervaro, nella zona del Tavoliere, vicino a Lucera, dove si registra una delle più alte concentrazioni di insediamenti neolitici d´Europa.
«Numerose campagne di scavo a partire dai primi anni Cinquanta - spiega l´archeologa Anna Maria Tunzi - hanno infatti portato alla luce villaggi di notevoli dimensioni, protetti da fossati e costituiti da compound di forma circolare e semicircolare, sui quali venivano realizzate le capanne». E da questa ricerca dipenderà l´installazione di pale eoliche sulla quale la Soprintendenza archeologica della Puglia sarà chiamata ad esprimere un parere di competenza.
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