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2 Febbraio 2005 PALEONTOLOGIA
Washington University in Saint Louis
LA TEORIA DE « L´UOMO CACCIATORE » SMONTATA IN UN NUOVO LIBRO
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Non si direbbe a guardarsi intorno, ma gli umani evolsero davvero come animali pacifici, cooperativi e socievoli.

In un nuovo libro, un antropologo della Washington University di St.Louis si schiera contro la prevalente visione e sostiene che i primati, compresi i primi umani, evolsero non come cacciatori, ma piuttosto come prede di molti predatori, come cani e gatti selvatici, iene, aquile e coccodrilli.

Il libro di Robert W. Sussman, PhD, professore di Antropologia in Arte e Scienze, dal titolo "Man the Hunted: Primates, Predators and Human Evolution" propone una nuova teoria, basata sui dati fossili e sulle specie di primati viventi, secondo cui i primati sarebbero stati, per milioni di anni, una preda e non un predatore, un fatto che avrebbe grandemente influenzato l´evoluzione dei primi umani.

Co-autrice del libro, Donna L. Hart, PhD, membro della facoltà del Pierre Laclede Honors College e del Dipartimento di Antropologia all´Università di Missouri-St. Louis.

La nostra intelligenza, cooperazione e molte altre delle caratteristiche che possediamo attualmente come moderni umani, si svilupparono come conseguenza dei nostri tentativi di sfuggire ai predatori, sostiene Sussman.

Dal 1924, data della scoperta dei primi antichi umani – Australopitechi - che vissero da 7 a 2 milioni di anni or sono, molti scienziati hanno teorizzato che questi primi antenati umani fossero cacciatori e possedessero un innato istinto assassino.

Tramite le sue ricerche e studi, Sussman ha lavorato per anni per smontare questa teoria. Esperto in ecologia e struttura sociale dei primati, Sussman ha svolto estensive ricerche sul campo sul comportamento dei primati e di ecologia in Costa Rica, Guyana, Madagascar e Mauritius. E´ autore ed editore di vari libri sull´argomento.

L´idea de "L´uomo Cacciatore" è un paradigma generalmente accettato nell´evoluzione umana, spiega Sussman, recentemente divenuto editore di American Anthropologist. "Si è sviluppata da un´ideologia di base giudeo-cristiana dell´uomo intrinsecamente cattivo, aggressivo, e naturalmente disposto all´aggressione. Nei fatti, quando si esaminano i fossili e le evidenze dei primati viventi non umani, non sembra questo il caso.

La ricerca di Sussman e Hart si basa sullo studio delle evidenze fossili databili a circa sette milioni di anni or sono. "La maggior parte delle teorie sull´Uomo Cacciatore non riescono a giustificare queste evidenze fossili chiave" sostiene Sussman. "Volevamo prove, non solo teorie. Abbiamo esaminato accuratamente tutta la letteratura disponibile in fatto di crani, ossa, impronte ed evidenze ambientali, sia dei nostri antenati ominidi che dei predatori che coesistettero con loro".

Dal momento che il processo dell´evoluzione umana è tanto lungo e variato, Sussman e Hart hanno deciso di focalizzare la loro ricerca su una specie precisa, l´Australopithecus Afarensis, che visse tra 5 e 2 milioni di anni or sono, ed è una delle prime specie umane meglio conosciute. La maggior parte dei paleontologi conviene che l´Australopithecus Afarensis sia il legame comune tra i fossili che vennero prima e quelli che vennero dopo. Condividono tratti dentali, craniali e scheletrici. Ed è anche una specie ben rappresentata nei dati fossili.

"L´Australopithecus Afarensis era probabilmente piuttosto forte, come una piccola scimmia" ha dichiarato Sussman. Gli adulti variavano tra 3 a 5 piedi di altezza, e tra 60 e 100 libbre di peso. Erano, di base, piccoli primati bipedi. I denti erano relativamente piccoli, molti più simili ai moderni umani, e mangiavano frutta e noci.

Ma la scoperta di Sussman e Hart consiste nel fatto che l´Australopithecus Afarensis non aveva una dentatura pre-adattata al consumo di carne. "Non avevano i denti affilati e aguzzi, necessari per strappare e masticare tali cibi" spiega Sussman. "Questi primi umani, semplicemente, non potevano mangiare carne. E se non potevano mangiare carne, perché avrebbero dovuto cacciare?".

Non fu possibile ai primi umani consumare una grande quantità di carne fino a che non impararono a controllare il fuoco e a cucinare. Sussman sottolinea inoltre che i primi strumenti non apparvero che due milioni di anni or sono. E che non vi sono evidenze di fuoco fino a 800, 000 anni or sono. "Infatti, alcuni archeologi e paleontologi credono che non vi fosse un metodo moderno e sistematico di caccia fino ad almeno 60, 000 anni or sono" ha dichiarato.

"Inoltre, l´Australopithecus Afarensis era una specie-limite" aggiunge Sussman. Potevano vivere sui rami e sulla terra e si potevano avvantaggiare di entrambe. "I primati che sono specie-limite, perfino oggi, sono di base da considerarsi prede, e non predatori" aggiunge.

I predatori viventi allo stesso tempo dell´Australopithecus Afarensis erano imponenti e almeno 10 volte in numero, rispetto a quelli attuali. Vi erano iene grandi come orsi, e tigri dai denti di sciabola, e molti altri carnivori, rettili e rapaci di taglia extra. L´Australopithecus Afarensis non aveva strumenti, non aveva denti grandi ed era alto tre piedi. Usava il suo cervello, la sua agilità e la sua abilità sociale per sfuggire a questi predatori. "Non li cacciava" sostiene Sussman. "Piuttosto tentava di evitarli a tutti i costi".

Approssimativamente dal 6 al 10% dei primi umani cadde vittima dei predatori, secondo le evidenze che includono segni di denti sulle ossa, incisioni sui teschi e fori in un cranio fossile che corrispondono ai denti di una tigre dai denti di sciabola, sostiene Sussman. Il tasso di caccia sulle antilopi della savana e certe scimmie di terra è attualmente tra il 6 ed il 10 percento: lo stesso valore.

Sussman ed Hart offrono le evidenze che molti dei nostri tratti moderni includono quelli della cooperazione e socializzazione, sviluppati come risultato di essere una specie preda e di dover aguzzare l´ingegno per sfuggire ai predatori. Questi tratti non derivano dal tentare di cacciare o di uccidere i nostri competitori, spiega Sussman.

"Una delle principali difese contro i predatori da parte di animali senza difese fisiche, è la vita di gruppo" ha dichiarato Sussman. "Nei fatti, tutti i primati diurni (quelli cioè attivi durante il giorno) vivono in gruppi sociali permanenti. La maggior parte degli archeologi conviene che la pressione dei predatori è una delle maggiori ragioni adattative per queste piccole società. In questo modo vi erano più occhi e orecchi per individuare i predatori e più individui per distrarli se attaccati o confonderli sparpagliandosi. Vi era un numero di ragioni per cui vivere in gruppo è benefico per gli animali che altrimenti si sarebbero dovuti piegare all´essere uccisi".