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19 Aprile 2005 ARCHEOLOGIA
CulturalWeb.it
L'anfiteatro campano di Santa Maria Capua Vetere, la classicità che attraversa i secoli
tempo di lettura previsto 3 min. circa

La fruizione di un complesso monumentale, piccolo o grande che sia, poco importa, è il miglior modo per conservarlo e preservarlo dall´incuria del tempo. Ben vengono a tal fine iniziative tese alla valorizzazione. Ci sono, infatti, gruppi di lavoro, strutture ben radicate sul territorio, che, in stretto contatto con gli uffici per la gestione dei beni archeologici, organizzano spettacoli all´interno di siti monumentali. Un tentativo che si riallaccia a quelli già da tempo esistenti nei teatri greci di Siracusa, negli spazi di Verona e Cuma, o nell´Anfiteatro di Pompei, dove vengono ricostruite rappresentazioni teatrali con i costumi di scena, secondo le migliori regole (spazio, tempo e luogo) codificate nella tragedia. Nell´Anfiteatro Campano di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, si è fatto lo stesso, e lo si ripete ogni estate, allestendo sugli spalti una tribuna per il pubblico, una scenografia stabile, utilizzando lo spazio dell´arena, ricoperto da robuste tavole in legno, come palcoscenico: il tutto garantendo quei requisiti minimi indispensabili di sicurezza e di salvaguardia per il manufatto archeologico. Ecco una lettura alternativa dell´antica struttura romana. Una rilettura classica, rivisitata, però, in chiave nuova, quasi a sottolineare che nell´arte, come per qualsiasi altro prodotto dell´uomo, non esiste un punto di inizio e uno di fine, che un´opera già vista, già pensata, già prodotta, non possa ritornare, in forma di contaminazione, in un´altra anche a distanza di secoli per scelta o per gusto dell´artista. Tutte le categorie di analisi scompaiono di fronte a un quadro, una scultura, un´architettura, per rimescolarsi in una soltanto: l´interpretazione personale che ne dà, prima di tutto, l´artista e poi colui che ne fruisce direttamente, assicurando il giudizio di universalità dell´opera d´arte. L´Anfiteatro, splendido edificio a testimonianza della grandezza di Roma, era considerato, dopo il Colosseo, il secondo per importanza di tutto il mondo allora conosciuto, con un diametro di 165/135 metri lineari. Fu eretto tra la fine del I secolo e gli inizi del II secolo d.C.: della precedente arena (fine II – I secolo a.C.), da cui partì la rivolta di Spartaco, sono stati identificati pochi resti. Dopo sporadici scavi eseguiti tra il 1811 e il 1860 (si veda la ricostruzione di Francesco Alvino) solo nel decennio compreso tra il 1920 e il ´30´ l´impianto fu liberato definitivamente dal terreno sovrapposto. L´Anfiteatro rispecchia fedelmente il modello "canonico", caratterizzato, come il Colosseo, da quattro ordini architettonici applicati sul giro esterno della facciata. Lo spazio inferiore, i sotterranei, che venivano utilizzati come deposito del materiale di scena, contenevano i locali per i gladiatori, e custodivano le attrezzature necessarie per allagare l´arena in modo da consentire la simulazione di battaglie navali; vere e proprie gare di forza che scaldavano il pubblico, mentre seguiva sanguinosi combattimenti. Riutilizzato come fortezza nell´alto medioevo, l´Anfiteatro andò distrutto in epoca normanno-sveva, quando divenne una cava di materiale da ripiego, fornendo i blocchi lapidei di molti palazzi della Capua moderna. Paradosso della storia che già in se stessa sembra avere l´embrione delle distruzioni e delle immediate ricostruzioni, una volta cambiate le mode o le esigenze di una società. I due termini si rincorrono, si inseguono. L´Anfiteatro è un chiaro esempio di come arte e natura trovano sempre il modo di rapportarsi l´una a l´altra. Il paesaggio che fa da sfondo alla macchina architettonica è incorniciato dagli archi della struttura marmorea come una sorta di proscenio allo spettacolo vero e proprio. Esplicito segno di conoscenza da parte degli antichi dell´illusione prospettica. Bene fanno Alberti e il Vasari, il primo nell´Umanesimo, il secondo nella fase del Rinascimento maturo, a riconoscerne la paternità. Del resto il quattrocento e il cinquecento altro non sono che secoli dei revival prima dell´arte greca e poi romana. Nella superiorità tra gli antichi e moderni l´ago della bilancia pendeva verso i primi. Tutto si doveva modellare secondo i loro dettami. Ed il riferimento sarà sempre più esplicito fino ad aprire l´epoca della copiosa produzione manieristica. La maniera di progettare un pò accademica ma tanto alla moda in pieno cinquecento. I richiami a secoli successivi non si fermano al solo artificio prospettico, ma alla plasticità, alle forme delle sculture che adornano parte dei filari degli archi del secondo ordine.