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16 Gennaio 2005 ARCHEOLOGIA
Il Messaggero
Ecco la mappa celeste di Ipparco
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Sulle spalle del Titano c´è la mappa stellare disegnata dal padre dell´astronomia Ipparco più di 2000 anni fa. Il globo di marmo che schiaccia con il suo peso il gigante Atlante custodito nel Museo Archeologico di Capodimonte a Napoli, è in realtà la rappresentazione più antica della volta celeste che sia mai arrivata fino a noi. La mappa scolpita nel marmo rappresenta infatti il cielo che il celebre astronomo greco Ipparco descrisse intorno al 125 avanti Cristo. Una mappa del cielo che si considerava perduta definitivamente nell´incendio che distrusse la Biblioteca di Alessandria nel 295 dopo Cristo.

La scoperta è stata annunciata da un celebre storico dell´astronomia, Bradley E. Schaefer della Louisiana State University, nel corso di un suo intervento al congresso della American Astronomical Society che si è concluso proprio ieri a San Diego, in California. «Si tratta di una scoperta davvero importante per la storia dell´astronomia» ha spiegato Costantino Sigismondi professore di Storia dell´Astronomia all´Università di Roma "La Sapienza".

La statua è quella conosciuta come Atlante Farnese e rappresenta appunto il gigante Atlante che dopo essere stato sconfitto da Zeus viene condannato a reggere sulle sue spalle il peso di tutto l´universo. Nell´opera, che è una copia romana di un originale greco, si vede Atlante che si contorce sotto il peso del Globo che rappresenta la volta celeste. Sulla sfera che sta sulle spalle del gigante sono scolpite una serie di figure che, secondo i greci e poi i romani, rappresentavano le costellazioni dello zodiaco. Ebbene, secondo Schaefer, dietro a quelle rappresentazioni mitologiche ci sarebbe l´opera dell´astronomo greco. Ipparco fu infatti l´autore del primo catalogo stellare e quello custodito nelle sale del museo napoletano ne sarebbe una fedele riproduzione.

Ipparco non deve la sua fama solo alla compilazione della prima accurata mappa del cielo. Lo studioso greco, nato a Nicea nel 190 avanti Cristo e che visse e probabilmente morì sull´isola di Rodi, fu infatti il primo astronomo che riuscì a introdurre una nuova tecnica di misurazione basata sulla trigonometria. Tecnica che gli permise di fare molte altre scoperte, tra cui quella di un importante fenomeno celeste: la Precessione degli Equinozi. L´asse della Terra non solo ruota su sé stesso, ma compie anche un giro attorno alla sua verticale, come fosse una trottola. Il risultato è un moto che compie un giro completo ogni 25.800 anni. «La precessione - ha spiegato Sigismondi - cambia le coordinate celesti delle stelle. Gli equinozi si spostano nel corso del tempo sulle varie costellazioni così ad esempio al tempo di Cristo la primavera iniziava con il Sole che attraversava il confine tra l´Ariete ed i Pesci, mentre attraversa quello tra i Pesci e l´Acquario oggi».

È stato proprio sfruttando questa scoperta di Ipparco, che Schaefer è riuscito a dimostrare che quello raffigurato sulla statua era proprio l´esatta rappresentazione del suo celebre catalogo stellare. «Schaefer ha riportato le posizioni delle stelle rappresentate sulla scultura su una mappa e le ha confrontate con quelle generate al computer, calcolando le coordinate ed i moti stellari indietro nel tempo fino a 2130 anni fa. Non tutte combaciano esattamente per i plausibili errori umani dello scultore, ma la data più verosimile sembra essere proprio quella del 125 a.C.», ha spiegato Sigismondi. Più o meno cioè il periodo nel quale, secondo le testimonianze degli antichi, in particolare dello storico Tolomeo, Ipparco aveva elaborato il suo catalogo stellare.

«Fino ad ora - ha spiegato ancora Sigismondi - Schaefer aveva dimostrato che l´unico catalogo stellare pervenutoci, quello di Tolomeo nell´ Almagesto, era stato effettivamente compilato da Tolomeo ad Alessandria d´Egitto solo per tre quarti, mentre l´altro quarto delle stelle del catalogo mostravano degli errori di posizionamento come se fossero stati osservati da Rodi, che si trova più a Nord. Da questo Schaefer ha dedotto che Tolomeo aveva usato i dati elaborati da Ipparco proprio a Rodi tre secoli prima di lui, correggendoli per la precessione degli equinozi».

Questa del catalogo di Tolomeo, che si trova nel sesto libro dell´ Almagesto, era l´unica prova indiretta dell´esistenza del catalogo stellare di Ipparco. «Con questa nuova scoperta - ha concluso Sigismondi - abbiamo una prova ancora più valida che a partire dal 125 a.C. circolava un catalogo stellare, su cui lo scultore dell´ Atlante Farnese si è basato per rappresentare 41 costellazioni».