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18 Gennaio 2004 ARCHEOLOGIA
La redazione di La Porta del Tempo
Nascita e crollo dell'Impero Maya
tempo di lettura previsto 5 min. circa

Dove si trova attualmente la foresta pluviale del Guatemala, una volta fiorì una grande civiltà. Il popola Maya costruì vaste città, templi ornati, e piramidi torreggianti. Al suo culmine, attorno al 900 d.C., la popolazione raggiungeva le 500 persone per miglio quadrato nelle aree rurali, e più di 2, 000 nelle città – un tasso paragonabile all´attuale contea di Los Angeles.

Questo vibrante "Periodo Classico" della civiltà Maya prosperò per sei secoli. Quindi, per qualche ragione, vi fu il crollo.

La caduta dei Maya è stata a lungo uno dei grandi misteri del mondo antico. Ma è più che curiosità storica. Nella regione del Petèn del Guatemala presso il confine con il Messico – costellata di rovine Maya - la popolazione è in aumento, e la foresta pluviale viene tagliata per lasciar spazio alle coltivazioni.

"Imparare quel che i Maya fecero correttamente, e capire invece dove sbagliarono, potrebbe forse aiutare i popoli locali a trovare modi di sostentamento compatibili con l´ambiente, senza quindi rischiare di cadere negli eccessi che portarono all´estinzione del popolo maya" ha dichiarato Tom Sever del Marshall Space Flight Center (MSFC) della NASA.

Sever, il solo archeologo della NASA, utilizza da tempo i satelliti per esaminare le rovine Maya. Combinando questi dati con le scoperte archeologiche convenzionali, Sever ed altri sono riusciti a rimettere insieme molto di quel che accadde.

Dal polline intrappolato negli antichi strati dei sedimenti lacustri, gli scienziati hanno appreso che circa 1, 200 anni or sono, poco prima del tracollo della civiltà, i pollini degli alberi erano quasi completamente scomparsi, sostituiti dai pollini delle erbe infestanti. In altre parole, la ragione era stata quasi completamente deforestata.

Senza alberi, si ebbe probabilmente un aumento dell´erosione, con conseguente perdita di ampie aree fertili. I mutamenti sulla copertura del suolo portarono di necessità all´aumento delle temperature nella regione di almeno 6 gradi, secondo le simulazioni computerizzate del climatologo della NASA Bob Oglesby, collega di Sever all´MSFC. Queste temperature più calde avrebbero poi asciugato la terra, rendendola meno ospitale per le colture.

L´aumento della temperatura avrebbe anche alterato il tasso di precipitazioni nell´area, ha spiegato Oglesby. Nel corso della stagione asciutta, nel Petèn l´acqua scarseggia, e le sorgenti sotterranee sono troppo profonde (più di 5000 piedi) per essere raggiunte dai pozzi. La morte per sete diventa una minaccia seria. I Maya devono aver contato sulle acque piovane conservate delle riserve per la sopravvivenza, così un calo – o addirittura l´assenza – delle precipitazioni avrebbe potuto avere conseguenze terribili.

(I mutamenti nella formazione delle nuvole e nelle precipitazioni sono attualmente in atto su porzioni deforestate dell´America Centrale, mostrano gli studi. La storia sta forse ripetendo se stessa?)

Usando le tecniche dell´archeologia classica, i ricercatori hanno scoperto che le ossa umane degli ultimi decenni, prima del crollo della civiltà mostravano tracce di severa malnutrizione.

"Gli archeologi usavano discutere del fatto che il crollo Maya sia stato dovuto alla siccità o alle guerre o alle malattie, o ad un numero di altre possibilità, come ad esempio l´instabilità politica" spiega Sever. "Ora crediamo che tutte queste cose insieme giocarono un ruolo, ma che fossero solo sintomi. La causa di partenza fu una cronica carenza di cibo e acqua, dovuta ad una combinazione di siccità naturale e deforestazione per mano umana".

Oggi, la foresta pluviale si riduce ancora sotto la scure dell´uomo. Circa metà della foresta originaria è stata distrutta negli ultimi 40 anni, abbattuta dai coltivatori che praticano una tecnica agricola detta "taglia e brucia": una sezione della foresta viene abbattuta e bruciata per ricavare terreno coltivabile. E´ la cenere che garantisce fertilità al suolo, ma entro 3-5 anni il suolo è esausto, ed i coltivatori si devono spostare ed abbattere una nuova sezione. Questo ciclo si ripete senza soluzione di continuità... o almeno si ripeterà fino alla fine delle foreste. Per il 2020 si stima che rimarrà solo dal 2 al 16% dell´originaria foresta pluviale, se si procederà all´attuale tasso di distruzione.

Sembra proprio che i popoli moderni stiano ripetendo alcuni degli errori dei Maya. Ma Sever ritiene che il disastro potrà essere evitato se i ricercatori riusciranno a capire in cosa i Maya operarono correttamente. Come fecero a prosperare per tanti secoli? Un importante indizio al riguardo giunge dallo spazio.

Sever ed il suo collaboratore Dan Irwin hanno esaminato le foto satellitari e, in esse, Sever ha evidenziato segni di antichi canali di drenaggio ed irrigazione in aree paludose presso le rovine Maya. Gli attuali residenti fanno un uso piuttosto limitato di questi bassipiani paludose (che chiamano "bajos" dalla parola spagnola per "bassopiano"), e gli archeologi avevano a lungo creduto che nemmeno i Maya le utilizzassero. Nel corso della stagione delle piogge da Giugno a dicembre, i bajos sono troppo fangosi, e nella stagione asciutta sono prosciugate. Insomma, non offrono mai condizioni propizie per la coltivazione.

Sever sospetta che questi antichi canali fossero parte di un sistema concepito dai Maya per gestire l´acqua dei bajos al fine di coltivare le terre. I bajos occupano il 40% del territorio; poterli rendere coltivabili avrebbe offerto ai Maya una molto più ampia e stabile fonte di cibo. Potrebbero avere coltivato gli altipiani nel corso della stagione umide, ed i bassopiani, o bajos, nel corso della stagione asciutta. In questo modo, avrebbero coltivato i bajos, anno dopo anno, invece di distruggere la foresta.

I coloni di Petèn potrebbero trarre una lezione dai Maya e seminare le loro colture nei bajos?

E´ un´idea intrigante. Sever ed i suoi colleghi stanno esaminando la possibilità con il Ministro dell´Agricoltura del Guatemala. Stanno lavorando con Pat Culbert dell´Università dell´Arizona, e con Vilma Fialko dell´Istituto Guatemalteco di Antropologia e Storia per identificare le aree nei bajos utili per la coltivazione. E stanno considerando di piantare colture di grano di prova in queste aree, con i canali di irrigazione e drenaggio ispirati dai Maya.

Un messaggio dal 900 d.C. : non è mai troppo tardi per imparare dagli antenati.