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7 Gennaio 2004 ARCHEOLOGIA
Il Messaggero
Il sesso facile dei gladiatori
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Di avventure amorose i gladiatori ne avevano a sufficienza. Con i loro fisici muscolosi, scolpiti dai duri allenamenti, esercitavano un grande fascino sulle donne. Erano considerati degli uomini veri, un modello di virilità. La parola gladius (spada) nel linguaggio popolare indicava l´organo genitale maschile, e molti gladiatori sceglievano nomi a sfondo sessuale come Eros, Giacinto o Narciso, oppure ne inventavano altri che esprimessero forza e agilità: Pugnax, Ferox, Serpentius o Tigris. Sui muri della scuola le ammiratrici dichiaravano il loro amore con scritte che alludevano a quei nomi. Perlopiù il nome dell´autrice non era indicato; spesso si sarà trattato di ragazzine innocenti che si erano innamorate di un famoso gladiatore dopo averlo visto combattere. A volte saranno stati gruppetti di amiche (sposate) a rivolgere un complimento al loro (irraggiungibile) eroe. I gladiatori (o i loro tifosi più accaniti) rispondevano a quei desideri, sottolineando la loro virilità. La cenere vulcanica di Pompei ha conservato alcune di quelle scritte, come Cresces reti (arius) puparum noctumarum (Cresces, che di notte col suo tridente cattura nella rete le ragazze) e suspirium puellarum tr(aex) Celadus (Celadus, il trace che fa battere forte il cuore delle ragazze), che testimoniano esplicitamente quale fosse la reputazione dei gladiatori. Essi sapevano di essere popolari presso le donne e davano appuntamento alle loro ammiratrici in luoghi appartati, lontano dal campo d´allenamento. Il più delle volte l´innamoramento scemava gradualmente da entrambe le parti e il gladiatore scompariva dai cuori delle ragazze. Alcune donne invece non se ne liberavano più e dimostravano l´ammirazione per l´amato portando fermagli a forma di spada o di lancia, preferibilmente intinti nel sangue di un gladiatore ucciso.

Alcuni ritenevano che il comportamento da casanova dei gladiatori fosse esagerato, ed esprimevano il loro disprezzo con scritti denigratori o statuette raffiguranti un gladiatore in compagnia di Priapo, dio della fertilità. Priapo ha un aspetto poco lusinghiero, è piccolo e deforme, con un grosso fallo palesemente eretto. Ancora più in là si spinge il creatore di una campanella di bronzo ( tintinnabulum ), conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che rappresenta un ometto, un gladiatore, con un pene gigantesco che termina nella testa di un cane inferocito con le mascelle spalancate. La testa dell´animale è rivolta minacciosamente contro il gladiatore, che è sul punto di decapitarlo con il suo pugnale, castrando quindi se stesso. Questa evirazione va forse considerata come il prezzo più alto che il gladiatore deve pagare volontariamente per la propria lussuria, ma è anche possibile che la statuetta esprima la visione di un bronzista invidioso del sex-appeal dei gladiatori, e che voleva ridicolizzarli in modo truculento.