Aveva ragione Platone. Atlantide, ammesso che sia mai esistita davvero, è stata distrutta da un terremoto e da onde gigantesche, alte decine di metri. La prova di quel tremendo cataclisma è stata infatti trovata a qualche centinaio di metri da una spiaggia sulla costa occidentale della Turchia proprio la scorsa primavera. La notizia è stata data ieri mattina a Stoccolma nel corso del primo congresso dei ricercatori Europei - l´Euro Science Open Forum 2004 - da Gerassimos Papadopulos, dell´Osservatorio Nazionale di Atene.
Papadopulos è uno che di onde giganti se ne intende: insieme a ricercatori italiani dell´Università di Bologna e scienziati turchi dell´istituto per le tecnologie di Ankara lavora ad un programma per la mitigazione del rischio tsunami (le onde giganti, appunto) nel Mediterraneo.
Il ricercatore ha spiegato di aver trovato le tracce decisive di quella antica catastrofe durante una campagna di scavi condotta questa primavera nella località turca di Dalaman.
Sotto un velo di appena qualche decina di centimetri i geologi hanno infatto trovato la prova del passaggio di un gigantesco tsunami, un maremoto con onde alte almeno trenta metri. Il periodo della catastrofe dice tutto: si tratta dello stesso anno in cui la civiltà minoica sembra sparire nel nulla, una decadenza repentina e misteriosa. Con un alone di mito in più conferito dall´ipotesi che l´Atlantide sommersa dalle acque di cui parla Platone, coincida con la civiltà minoica spazzata via nell´Egeo.
Certo, gli archeologi avevano già indicato una colpevole: l´esplosione nel 1645 avanti Cristo del vulcano di Thera sull´isola greca di Santorini, seguita da un terremoto e da un maremoto.
Questa ipotesi ha scatenato decenni di ricerche. Che hanno finito per far convergere scienza e mito. La presenza sull´isola di tracce di una antica civiltà e la sua posizione geografica, hanno indotto molti ricercatori a pensare che l´Atlantide di cui parlava nel Timeo il filosofo greco fosse proprio Santorini.
Oggi l´isola è un bellissimo semicerchio di rocce gettato nel mare e solo la sua forma richiama quella terribile esplosione che 3649 anni fa distrusse il vulcano nel cuore dell´isola. L´enorme energia di quell´eruzione scagliò nell´atmosfera un pennacchio di 18 chilometri cubici di ceneri, lava e detriti.
Nel corso di anni di ricerche sono stati accumulati molti indizi. Finora però, poche certezze, e soprattutto un grande mistero. Come è stato possibile che l´intera civiltà minoica che fiorì in tutto il Mar Egeo a partire dal 3000 avanti Cristo, sia stata messa in ginocchio da un´esplosione seppure catastrofica di un vulcano in mezzo al mare?
Negli ultimi anni sono stati ricostruiti degli scenari che parlavano di un grande fall-out, una ricaduta delle ceneri su un´area vastissima, che arrivava fino alle coste dell´Anatolia. Ma anche questo non poteva bastare a spiegare un disastro simile. Si è fatta strada allora l´ipotesi dello tsunami, della grande onda che spesso segue il collasso dei vulcani che sorgono sul mare, come è accaduto nel 1883 a Krakatoa (un´isola che, nonostante il titolo di un famoso film, è a ovest di Giava). Un´onda così distrugge i porti e le città costiere, non lascia scampo agli uomini, rende inabitabili grandi territori.
Ma mancava una prova "forte" che spiegasse questo.
Ora i geologi guidati da Papadopulos sono riusciti a vedere per la prima volta le tracce che quelle onde gigantesche hanno lasciato sulla linea di costa di quasi quattro millenni fa. Tra i diversi sedimenti portati alla luce dai ricercatori uno spicca su tutti gli altri.
«Ad appena pochi centimetri sotto il suolo - ha detto ieri il geologo - abbiamo scoperto uno strato di sedimenti di appena dieci centimetri di spessore che inequivocabilmente è stato lasciato dalle onde di uno tsunami. Le analisi al radiocarbonio hanno poi confermato che quello era lo tsunami che distrusse creta e la sua civiltà».
Nei sedimenti di Dalaman ci sono le tracce non solo delle gigantesche onde scatenate dallo tsunami, ma anche delle ceneri riversate dall´esplosione vulcanica in una successione di pochi giorni. Le onde si propagarono infatti in sole due ore in tutto il Mar Egeo, raggiungendo l´altezza di circa trenta metri. Le ceneri vulcaniche invece arrivarono due o tre giorni dopo. E oggi lo strato sottile e più chiaro che si vede sopra a quello lasciato dalle onde è fatto da antiche ceneri vulcaniche.
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