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10 Febbraio 2004 ARCHEOLOGIA
Il Gazzettino Online
Poco più di quattro metri sotto il livello stradale Mestre...
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Poco più di quattro metri sotto il livello stradale Mestre rivela la sua storia più antica, quasi insospettabile, che affonda le radici alle origini della presenza dell'uomo ai margini della laguna veneta. Sono frammenti ceramici, ossei, lignei che rinviano direttamente all'età del bronzo, tra i tre e quattromila anni fa, quelli emersi dalla ricognizione archeologica in corso in via Manin ad un passo da piazza Ferretto in pieno centro di Mestre. «È la dimostrazione che non c'è solo Venezia: anche Mestre ha una sua dignità archeologica da salvaguardare», interviene con soddisfazione Luigi Fozzati, responsabile del Nucleo di Archeologia Subacquea (Nausicaa) della Soprintendenza ai Beni Archeologici del Veneto. «Quando l'anno scorso era stata approvata la variante al piano regolatore di Mestre - continua Fozzati - la Soprintendenza ha fatto inserire la carta archeologica del territorio con le aree a rischio archeologico. Ciò significa che all'interno di queste zone ogni progetto e ogni intervento viene approvato solo se c'è in cantiere la presenza di un archeologo». E questi controlli hanno già dato grandi risultati. Qualche settimana fa in via Tassini, vicino a viale S. Marco, lo scavo curato da Claudia Pizzinato, ha restituito l'area marginale di un sito romano con stratigrafia. «Abbiamo solo sfiorato il ritrovamento importante, ma ora sappiamo dove potrebbe essere» precisa Fozzati. La scoperta però più intrigante sta emergendo in questi giorni in via Manin dove è prevista la realizzazione di alcuni garage in profondità, in un'area a ridosso di piazza Ferretto pertinente alla seconda cinta muraria del castello di Mestre. Solo che ad attirare gli archeologi non è stato il prevedibile materiale medievale ma l'inattesa ceramica preistorica. «È presto per trarre delle conclusioni - raffredda gli entusiasmi Francesca Bressan, responsabile dello scavo reso possibile grazie alla piena collaborazione delle ditte impegnate dalla Parco di Scorzè all'arch. Gianni Colusso. «Le analisi specifiche, dai pollini al radio carbonio 14, alla dendrocronologia, sono tutto da effettuare e quindi è impossibile allo stato attuale dare una datazione allo situazione che lo scavo fotografa. Ma è indubbia la presenza di materiale dell'età del bronzo che risulta inframmezzato ad una palizzata a sua volta coperta da alberi indubbiamente travolti da una alluvione». Ecco, proprio l'alluvione sembra essere l'aspetto più difficile da chiarire. «Quest'area in antico era sicuramente soggetta a canali e canalizzazioni delimitati da filari di alberi. Qui vicino scorre il Marzenego - Osellino. Quel materiale preistorico potrebbe essere stato trasportato da una alluvione». E allora importante sarà capire quando questa alluvione avvenne e, soprattutto, da dove ha «rosicchiato» quello strato dell'Età del Bronzo. Una pagina della storia più antica del territorio mestrino sta per essere recuperata, ma ci vorrà ancora qualche tempo per capire dove questa pagina si deve andare a leggere.