Non smette di rivelare nuove scoperte la ricerca sui reperti archeologici della civiltà etrusca che ha fondato il centro polesano dodici secoli prima di Cristo. L'ultima in ordine di tempo tocca il rinvenimento simbolo dell'archeologia "made in Polesine". La tomba della biga, ospitata per anni al museo nazionale di Adria e che ora è oggetto d'un profondo restauro con studi in vista della prossima collocazione in una più adatta veste rivolta alla visitazione, ha rivelato alcuni retroscena inaspettati su storia e possibili origini del reperto. «Lo scheletro del cavallo che è stato ritrovato sopra l'asse con le ruote - ha annunciato Simonetta Bonomi, direttrice del museo di Adria - è appartenuto a un animale di enormi dimensioni, un vero gigante per l'epoca che nulla ha a che fare con le specie di equini allevate in quel periodo in Europa. Significa che il ricco magnate etrusco-adriate sepolto nella tomba della biga era riuscito a procurarsi una magnifica cavalcatura, facendola arrivare da luoghi remotissimi per un'epoca nella quale i confini del mondo conosciuto e dei traffici commerciali non superavano l'arco balcanico».
La scoperta dell'origine asiatica del cavallo della biga è stata annunciata dalla ricercatrice ieri in Provincia a margine della presentazione del settimo numero della rivista "Beni culturali e ambientali in Polesine" curata dal Comitato permanente per la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali polesani e della quale è direttore responsabile Pier Luigi Bagatin.
Sempre grazie al restauro al quale è stato sottoposto l'importante ritrovamento archeologico adriese, nel corredo funerario è stata identificata l'origine celtica di una punta di lancia che faceva parte delle armi con le quali il defunto era stato sepolto. Anche questa nuova scoperta, come la precedente, ridisegna lo scenario geografico con cui gli antichi abitanti di Adria erano chiamati a confrontarsi.
Sempre ieri in mattinata al museo dei Grandi fiumi si è tenuta una conferenza che ha fatto il punto sulle più recenti scoperte archeologiche fatte in Polesine. Con la relazione del direttore del museo Raffaele Peretto, sotto i riflettori sono finite i due siti paleoveneti di Larda di Gavello e di Zanforlina di Pontecchio, il primo databile tra il 1200-1000 avanti Cristo e il secondo ancora più antico, media età del bronzo 1700-1600 avanti Cristo. «Entrambi stanno fornendo diversi elementi di conferma delle origini subappenniniche dei primi insediamenti polesani - ha sottolineato il responsabile della soprintendenza veronese Luciano Salzani - tanto da avvicinarne la connotazione etnostorica alle popolazioni che risiedevano nella fascia peninsulare emiliano romagnola e toscana piuttosto che centropadana, come si era pensato a un primo esame dei siti».
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