ERA la sera del 26 maggio del 1944, quando alcuni aerei (inglesi o tedeschi a seconda delle versioni) sganciarono le loro bombe sulla cittadina francese di Chartres a un centinaio di chilometri a sud di Parigi. Gli ordigni mancarono la magnifica cattedrale gotica, ma finirono su molti edifici e su un'ala del municipio incendiandola. All'interno, una preziosa collezione di circa duemila manoscritti medievali risalenti al dodicesimo secolo, che in gran parte furono resi illeggibili dal fuoco e dall'acqua usata per spegnerlo. Ora, grazie alla moderna tecnologia digitale, questa collezione potrà essere letta nuovamente, dopo che per 50 anni gli studiosi l'avevano considerata completamente perduta. Il cuore della collezione è rappresentato dall' Eptateuco, un trattato sulle arti del filosofo Thierry de Chartres.
La tecnica si chiama "tecnologia digitale per immagini multispettrale" ed è usata normalmente sui satelliti per realizzare immagini ad alta definizione della superficie terrestre. Ha già ottenuto comunque notevoli successi anche nel campo archeologico, consentendo ad esempio di decifrare alcuni rotoli di pergamena venuti alla luce ad Ercolano e parzialmente distrutti dall'eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo.
Per rendere nuovamente leggibili i manoscritti semicarbonizzati, i ricercatori dell'Università del Michigan e dell'Università australiana Monash che hanno lanciato il progetto devono operare in varie fasi. Per prima cosa vanno scattate diverse immagini dei manoscritti con una speciale camera a multispettro. Le foto vengono poi passate attraverso diversi filtri, per produrre un set di immagini che vengono esaminate con luci di diversa lunghezza d'onda, da quella dello spettro visibile a quelle invisibili come gli infrarossi e l'ultravioletto.
Infine, tutte le immagini vengono unificate per mostrare anche le più sottili caratteristiche della pagina e renderla di nuovo leggibile.
Rispetto ai rotoli di Ercolano, anche questi parzialmente carbonizzati, l'ostacolo è però maggiore. Per spegnere l'incendio, infatti, i manoscritti sono stati letteralmente inzuppati di acqua, cosa che ne ha comportato la vetrificazione. E gli esperti non sanno ancora se questo renderà meno efficaci i risultati della ricostruzione digitale.
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