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24 Febbraio 2003 PALEONTOLOGIA
National Geographic News
Trovata una mascella di Ominide risalente al 1,8 Milioni di anni or sono
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La Gola di Olduvai in Tanzania ha svelato un´impressionante quantità di ossa fossilizzate ed utensili di pietra che possono rimodellare l´albero evoluzionistico dei primi ominidi e gettare luce sul comportamento di alcuni dei primi antenati del genere umano.

La Gola è più generalmente nota per le abbondanti scoperte fossili effettuate da antropologi stimati, come Louis e Mary Leakey tra il 1959 ed il 1976, che aiutarono a dare forma alla moderna comprensione delle origini umane.

La nuova scoperta riportata da Robert Blumenschine, un antropologo dell´Università Rutgers a New Brunswick, New Jersey, e da un team internazionale di colleghi, comprende un osso mascellare superiore di ominide fossilizzato, squisitamente preservato, e risalente a circa 1, 8 milioni di anni or sono; centinaia di strumenti di pietra, e ossa di animali macellati.

Blumenschine ed i colleghi descrivono il ritrovamento nel numero del 21 febbraio della rivista Science.

La mascella è intatta con tutti i suoi denti superiori e la parte inferiore, ciò offrendo agli scienziati un´opportunità unica per avanzare teorie sull´evoluzione dei primi umani.

"Queste cose sono così dannatamente rare" ha dichiarato Blumenschine. "Per il primo genere Homo, vi sono forse 50 specimen noti. Questo è sufficientemente completo per essere inserito tra i primi dieci, se non addirittura tra i primi cinque, dei fossili del primo genere Homo".

Gli scienziati hanno ascritto il fossile, semplicemente conosciuto come l´Ominide di Olduvai 65, alla categoria Homo habilis, il primo membro del genere Homo, il genere della razza umana. H.habilis fu il primo ominide a mostrare abilità come la tecnologia nella costruzione di strumenti, un´accresciuta taglia cerebrale, ed un particolare gusto per i grandi animali.

"Questi sono tratti insoliti e fondamentali ai quali tutti i moderni umani si avvicinano" ha dichiarato Blumenschine.

Il fossile di ominide prospetta ciò che egli definisce "un collegamento anatomico tra i due primissimi membri del genere Homo, l´H.habilis e l´H.rudolfensis, offrendo così le prove che l´H.rudolfensis non fosse una specie separata come alcuni antropologi hanno sostenuto."

Il collegamento è tra un cranio conosciuto come ER 1470, trovato da Richard Leakey nel Kenya settentrionale nel 1972, e descritto come H.rudolfensis e l´originale H. habilis, specimen OH7, una mandibola, che il team di Mary e Louis Leakey trovò nel 1960 nella Gola di Olduvai.

"Quello che stiamo inferendo è che il cranio dell´ ER 1470 potrebbe corrispondere adeguatamente alla mandibola di OH 7, e OH 65 offre il collegamento anatomico" ha dichiarato Blumenschine. "Suggeriremmo pertanto che H.rudolfensis non sia una valida definizione tassonomica, solo un sinonimo più recente di Homo habilis".

Ian Tattersall, curatore del dipartimento di antropologia al Museo Americano di Storia Naturale di New York, ritiene interessanti e precise le osservazioni circa la corrispondenza tra ER 1470 e H. habilis, ma non crede che possano costituire un elemento probante.

Blumenschine ed i suoi colleghi aggiungono che l´attribuzione di diversi altri fossili all´ H.habilis non sia del tutto accurata, per via delle minori dimensioni craniche e di altri dettagli tipologici, e dovrebbero pertanto essere ri-catalogati.

Tattersall dichiara però che l´affermazione che la scoperta del nuovo fossile porterà alla riorganizzazione della categoria, è poco prudente. "Quando Leakey lavorava ad Olduvai negli anni attorno al 1960, sarebbe stato possibile proporre una simile teoria. Ma la disponibilità di fossili di Ominide è ora talmente vasta, che è improbabile che ogni nuovo fossile possa rivoluzionare l´interpretazione corrente" ha dichiarato.

Blumenschine ed i suoi colleghi sono stati in Tanzania per conto di un programma poliennale e multidisciplinare atto a individuare le strategie adattative per mezzo delle quali i primi ominidi riuscirono a sopravvivere nell´intera area del Bacino Lacustre dell´Olduvai.

Ricerche anteriori suggerivano che gli ominidi trascorressero la maggior parte del loro tempo sul lato orientale del lago, che giaceva prossimo alle alture vulcaniche, una fonte maggiore di acqua fresca.

Blumenschine e Charles Peter, un co-autore dello scritto e ricercatore presso l´Università di Georgia ad Atene, hanno ipotizzato che gli ominidi potessero occasionalmente migrare al lato occidentale del bacino lacustre nel corso dei periodi più asciutti.

Il gruppo di ricerca ha scavato trincee sul lato occidentale della gola, ed è lì che è stato inaspettatamente trovato il fossile di ominide nel 1995, insieme con strumenti di pietra e ossa di animali di grossa dimensione, incise da coltelli e magli.

"La maggior parte degli utensili di pietra erano fatti di materiali che possono essere trovati localmente presso la gola occidentale, ma alcuni strumenti erano fatti di materiali derivati dalle alture vulcaniche ad est" ha dichiarato Blumenschine.

Questo è la prova, ha aggiunto, che gli ominidi portavano con sé alcuni dei loro arnesi quando si spostavano di 20-25 chilometri attorno al lago, il che corrisponderebbe ai modelli generali dei ricercatori circa come i primi ominidi usassero il lago.

"Una tale tracciato migratorio di risorse – e rifugi- indica una flessibilità comportamentale ed uno stile di vita adattabile di questo prima razza di Homo" ha dichiarato Phillip Tobias, un paleoantropologo all´Università di Witwaterstands a Johannesburg, Sud Africa, in un editoriale su Science.