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31 Dicembre 2009 ARCHEOLOGIA
Fabio Isman Il Messaggero
Capolavori trafugati: il traffico d'arte vale quanto quello della droga
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ROMA - «Il traffico mondiale d´arte clandestina ha ormai un giro d´affari paragonabile a quello della droga», dice Sandro Bondi, ministro dei Beni culturali, aprendo l´ultimo atto della presidenza italiana del G8: due giorni di dibattito dedicati all´arte trafugata, alla cultura sradicata, con grandi esperti mondiali, iniziando dai maggiori del nostro Paese: il Pm di Roma Paolo Giorgio Ferri, che, da solo, ha inquisito 2.500 "predatori"; Maurizio Fiorilli, avvocato dello Stato che ha diretto le trattative per rimpatriare tanti tesori dagli Usa; Giovanni Nistri, il generale che comanda l´apposito reparto di carabinieri, il più antico (e collaudato) al mondo.

Squarci di furti, e possibili rimedi. Un organismo europeo o dell´Unesco, per uniformare le leggi nazionali, troppo dissimili: però, anche per indagare: «In Svizzera, ho perquisito un magazzino; 20 mila reperti, tra cui 1.500 italiani. Degli altri, stando alle norme vigenti, non ho potuto informare i Greci, o i Turchi, e il mercante se li è ripresi; non possiamo più indagare ciascuno per proprio conto», dice il Pm Ferri. E da indagare c´è tanto: «Nel 2008, 1.700 furti, violate 842 importanti tombe», dice il cinese Jianxin Zhang; «bande organizzate in varie zone; reperti ritrovati a Londra, Basilea, New York, tre casse a Modena; il Louvre ha appena restituito cinque oggetti», gli fa eco l´egiziano Ahmed Mustafà Osman; «i beni culturali sono meno protetti dell´ambiente», spiega il tedesco Robert Peters; «se fossero trattati come i rifiuti, faremmo passi avanti», afferma Tullio Scovazzi che insegna all´Università di Milano. E non è un paradosso, ma la tragica realtà.

Un docente giapponese spiega che, giunti da loro, i reperti da scavi clandestini non sono tutelati: tornano solo quelli proventi di un furto precedentemente denunciato (già: ma se lo scavo è di frodo, come si può segnalarlo in anticipo?); così, sarà un problema richiedere un po´ dei troppi che il Miho museum, nuovo e vicino a Kyoto, ha comprato al mercato s´intende internazionale e "nero". Tamara Ponomariova, che viene dalla Russia, racconta di oltre 5 mila beni culturali bloccati alla dogana; del commercio d´icone, anche tagliate per renderle irriconoscibili e moltiplicare il guadagno: ha per mete preferite «Israele, Italia, Germania, gli Usa». E la francese Evelyne Damm, reparto dogane, che sono stati bloccati 2.270 oggetti, valore 13 milioni d´euro nel 2008: «Il 15 per cento dell´Iva che riusciamo a recuperare».

Da Londra è giunto Lord Colin Renfrew: «Da noi, per una legge del 2003 è reato commerciare reperti scavati furtivamente, ma solo dopo quella data; le case d´aste ne hanno tratto grandi guadagni. Per tutti dovrebbe valere la "regola del 70": nessun museo può comprare o accettare quanto non abbia provenienza lecita e dimostrabile prima del 1970, la data della Convenzione Unesco ormai ratificata da 119 Paesi»; e l´americano Neil Brodie, Stanford University, declina tante malefatte di studiosi, o docenti; oggetti che, autenticati, passano da 3 mila a 550 mila dollari: «In 10 anni, cinque hanno visto il "Vangelo di Giuda", copto, venduto nel 2002 dall´antiquaria svizzera Frida Tchacos», e Ferri ricorda che lei è una sua inquisita, «anzi, per altri motivi l´avevo addirittura tratta in arresto all´aeroporto di Cipro».

E allora, che fare? «Più collaborazione tra Stati», invoca Maurizio Fiorilli; «la possibilità che in casi delicati, la proprietà d´un oggetto diventi dell´Unione europea», chiede Stefano De Caro, direttore generale per l´archeologia; «più integrazione tra le polizie dei vari Paesi» per il generale Nistri, che dirige una speciale sessione di inquirenti. «Ma il Getty non spende più, come prima, 40 milioni di dollari all´anno per acquisti sul mercato», dice Ferri: l´attività italiana, allora, ha dato i suoi frutti. «Un´azione etica, non una rivendicazione patrimoniale», certifica Fiorilli, e Lord Renfrew annuisce. Fiorilli spera: lunedì, a Pesaro, un giudice deciderà se confiscare l´Atleta vittorioso, bronzo erroneamente attribuito a Lisippo, ma strapagato dal Getty e uscito clandestinamente dall´Italia. Era in fondo al mare.