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19 Novembre 2009 ARCHEOLOGIA
Pasquale Zenga Vita di donna
La nave bizantina che rinviene e scompare
tempo di lettura previsto 5 min. circa

Per risolvere il "giallo" si mobilita la cultura iblea.

In questo periodo la crescita del nostro paese ci sta abituando a situazioni sempre più particolari. Anche le cose più semplici si tingono di giallo, come nei miglior racconti di Georges Simenon.

Molti reperti archeologici vengono portati alla luce in tutta Italia e "sempre" alla loro scoperta esplode una stupenda collaborazione tra le autorità competenti, con un solo intento: rendere fruibili al pubblico i reperti ritrovati.

Malgrado la norma sia questa, vogliamo raccontarvi una storia che dura da 47 anni; un reperto famoso è stato ritrovato e poi fatto scomparire: la nave bizantina "Ippos".

Ma andiamo in ordine. La storia inizia nell´aria dell´antica "Città di Apolline", territorio di Ispica (Rg), Sicilia Sud Orientale. Ad Apolline, da tempi immemorabili, si sono insediate varie popolazioni. Il suo scalo marittimo era Porto Ulisse ove, a difendere la città ed il porto medesimo, esisteva una grande fortezza (Punta Castellazzo).

Vi vissero e prosperarono numerose comunità di gente venuta dal mare, abituata alla pesca ed ai commerci. Per questo motivo la costa Marina Marza-Porto Ulisse è sicuramente depositaria di una ricchezza archeologica inestimabile.

"In questo tratto di mare così affollato di imbarcazioni sin dall´antichità – dichiara il professor Sesto Bellisario - le navi erano in costante pericolo perché lungo questa rotta, prima di imboccare il Porto Ulisse, si frapponevano diversi ostacoli, che specialmente di notte o durante le burrasche era difficile vedere o evitare", verificandosi così vari affondamenti.

Ecco perché sono stati rinvenuti tanti reperti e, ancora oggi, numerosi sono i ritrovamenti archeologici marini da parte delle Forze dell´Ordine, Fiamme Gialle e Carabinieri, ai quali bisogna rendere gran merito. In quest´aria marina sono decine le imbarcazioni avvistate sia dai sub dilettanti, che da pescatori e da militari. Questo territorio fu interessato da un continuo traffico commerciale e fu teatro di alcuni avvenimenti storici.

- Il professor Sesto Bellisario prosegue - da qui passò Attilio Regolo nel 256 a.C., secondo la testimonianza di Polibio, con una armata di 330 triremi prima della famosa battaglia di Capo Ecnomo. Ancora, nel 249 una flotta romana fu investita da una fortissima burrasca di libeccio. Alcune navi riuscirono a riparare nel "Porto Ulisse", ma 80 navi, a testimonianza di Diodoro Siculo, andarono distrutte nel mare adiacente il Porto".

In questo mare avvenne che nel 1962 alcuni operai, che a "Pantano Longarini" lavoravano per realizzare opere di canalizzazione per conto del Consorzio di Bonifica delle Paludi di Ispica (Rg), trovarono nel fango del pantano (più volte ed anche oggi in contatto con il mare) un relitto di una nave antica che poi fu accertato essere bizantina. Il terreno in cui venivano eseguiti i lavori di canalizzazione fa parte della grande pianura depressionaria, dove una volta arrivava Porto Ulisse che, verso la fine del 1700, forse per combinati fenomeni di bradisismi e di insabbiamento, si impaludò dando vita all´attuale Pantano Longarini.

Furono gli archeologi americani G. Capitan e P. Trock Morton dell´Università della Pensilvania, chiamati da Bernabò Brea, che procedettero al recupero e alla catalogazione dei legni. Una placca lignea sulla quale era scolpita una testa equina ed alcune lettere greche dipinte, suggerirono la denominazione "Ippos" su cui gli storici di oggi non sembrano essere d´accordo. Secondo gli ultimi studi il relitto di Pantano Longarini è stato etichettato come "una chiatta costiera di straordinarie dimensioni" che testimonia la vivacità economica e commerciale della zona e l´importanza della chiatta stessa per l´economia locale.

Su indicazioni dei professori americani G. Capitan e P. Trock Morton e dello stesso Bernabò Brea il relitto fu immerso in una enorme vasca ove furono ricreate le stesse condizioni fisiche del fango di Pantano Longarini, dove i legni resistettero nel tempo, in attesa di un futuro restauro.

Ma da allora non si seppe più nulla e della nave bizantina nessuno si interessò. Nel 2000/2001 il sindaco ispicese dell´epoca Rosario Gugliotta, che della nave era stato informato dal suo predecessore, si mise alla ricerca del relitto e facendosi aiutare da uno storico locale, il professor Trigilio, riuscì ad individuare la vasca e nella stessa a ritrovare i lunghi e robusti legni ben conservati, dandone comunicazione alla Sovrintendenza di Ragusa.

Dopo qualche mese il sindaco Gugliotta, portatosi al sito della vasca con visitatori, storici, intellettuali ed il professor Bellisario, trovarono la vasca vuota di tutto. Il relitto era stato trafugato. Si pensò immediatamente che il furto fosse opera di ambienti criminali legati all´archeologia, ma prima di recarsi dai carabinieri il sindaco volle assumere informazioni alla Sovraintendenza di Ragusa, la quale ufficializzò che il relitto era stato trasportato in un capannone della Sovrintendenza di Siracusa.

La scoperta di questo mistero provocò le dure proteste dell´amministrazione comunale di Ispica, della città e di tutte le forze politiche. Ma in tale terremoto, intervenne la soprintendente di Ragusa, Beatrice Basile, che assicurò l´assegnazione della nave al Comune di Ispica, prevedendosi un museo con caratterizzazione prevalentemente etno-antropologica.

Oggi ha distanza di otto anni, nessuno ha potuto vedere il relitto. Esiste ancora? I legni sono andati in rovina? O il relitto è stato restaurato come ci auguriamo! Nell´eventualità negativa... i finanziamenti???

Per fortuna che l´ex sindaco Rosario Gugliotta, come privato cittadino, ha creato un movimento di opinione che vede coinvolta la "cultura" cittadina e provinciale, a partire dall´associazione archeologica "Siciliantica", forza sociali varie con l´obiettivo di continuare la lotta per la vittoria della verità, della trasparenza e, alla luce dei nuovi reperti che Porto Ulisse continua a regalarci, si chiede con insistenza la realizzazione del "Museo del mare" ad Ispica, onde consentire il ritorno della nave e permetterne la visione al pubblico in attesa da troppo tempo.