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21 Agosto 2009 ARCHEOLOGIA
Franco Leggeri Abitare A Roma
Una tomba di età eneolitica nel poligono Militare di Torre Astura, Nettuno (RM)
tempo di lettura previsto 5 min. circa

L´area di Torre Astura, che si sviluppa per circa 8 chilometri lungo la costa tirrenica all'interno del territorio comunale di Nettuno, sino al fiume Astura (che separa la Provincia di Roma da quella di Latina), è oggi compreso all'interno dell'Ufficio Tecnico Territoriale Armamenti Terrestri del Ministero della Difesa, già noto come "Poligono" Militare di Nettuno.

Il paesaggio è per la maggior parte pianeggiante, ricoperto da vegetazione bassa a erbe e cespugli di macchia mediterranea, anche se sono presenti nelle aree più interne e in prossimità del mare, ampie aree boschive con cerri, farnetti, roverelle, aceri e vaste pinete impiantate dall´uomo in passato. Tutta l'area costiera è bassa e sabbiosa e mantiene quasi inalterato il suo aspetto naturale originario, con alti cordoni di dune ricche di vegetazione mediterranea.

Il Poligono militare, nell´ambito delle proprie attività, ha anche salvaguardato e garantito protezione a questo tratto di costa laziale, lasciandolo nel suo stato ambientale naturale, tant´é che esso rappresenta ormai uno dei pochissimi tratti dell´ambiente costiero del Tirreno laziale rimasto pressoché intatto. All´estremità meridionale dell´area, nei pressi della foce dell´Astura, si trova la torre costiera (da cui deriva il nome di tutta l´area) appartenuta prima ai Frangipane e poi ai Colonna. In essa fu tenuto prigioniero Corradino di Svevia dopo la battaglia di Tagliacozzo e prima di essere consegnato a Carlo D'Angiò. Il complesso "castello e torre pentagonale" poggia su strutture di epoca romana.

Molte sono le fonti antiche che citano l´intera zona: Cicerone, Livio, Plinio, Svetonio. Essi descrivono l´area e ne parlano come luogo di soggiorno estivo, o come scalo, sia marittimo che terrestre. Livio, inoltre, tratta dell´antica città di Astura e dell´omonimo fiume narrando della battaglia ivi svoltasi nel 338 a.C. e combattuta dai consoli L. Furio Camillo e C. Maenio contro Latini e Volsci. Strabone racconta dell´esistenza di un approdo naturale alla foce dell´Astura, e ne sottolinea l´importanza precisando che per chi navigava verso sud, si trattava dell´ultimo luogo di attracco sino a quello del Circeo, essendo questo tutto questo lungo tratto di costa completamente esposta al vento di S.O. Viene anche citata la presenza di una città: Astura. Le ultime notizie su Astura in età romana risalgono agli imperatori Settimio Severo e Caracalla. Le invasioni barbariche provocarono il suo abbandono e la decadenza, dovuta anche ad impaludamenti e alla conseguente diffusione della malaria.

Nell´area sono state svolte diverse ricerche archeologiche, soprattutto ricognizioni di superficie. Indagini furono effettuate anche da Antonio Nibby, che individuò nell´area della torre e al di sotto di essa i resti di una villa repubblicana, da lui attribuita a Cicerone, e poi divenuta di proprietà imperiale. Egli, infatti, identifica un nucleo originario in opus reticulatum, e un ampliamento in laterizio.Sono poi stati individuati anche diversi siti databili all´età del Ferro, e resti di strutture pertinenti a ville costiere e marittime databili tra la fine dell´età repubblicana e gli inizi di quella imperiale.

In questo ambito si colloca l´intervento di cui trattasi, che ha sicuramente contribuito ad integrare la situazione nota di utilizzo antropico dell´area, fornendo nuovi interessantissimi, quanto rari, dati, ed aprendo inaspettate prospettive di ricerca.

Sinora, almeno a quanto risulta, non erano mai stati individuati nell´area di Torre Astura resti archeologici appartenenti al periodo preistorico dell´eneolitico (età del rame), mentre erano già noti in altre aree del Lazio meridionale, a sud del Tevere, dove sono già conosciuti e attestati insediamenti e necropoli di età eneolitica, molti dei quali appartenenti alle cd. facies di Rinaldone o di Gaudo. La scoperta, databile al terzo millennio a.C., ha. quindi, un notevole valore in quanto attesta per la prima volta la presenza di una probabile necropoli eneolitica lungo la costa di Nettuno. La sepoltura rinvenuta, infatti, non sembra essere isolata.

Si è trattato di un intervento d´urgenza, effettuato dal Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, per il recupero di importanti e rari materiali archeologici prima della loro definitiva perdita. Infatti la sepoltura, posta presso l´attuale battigia, era in corso di erosione e distruzione, invasa, durante l´alta marea, dal mare, il cui moto ondoso aveva già causato danni, asportando e cancellando definitivamente, tutta l´originale porzione superiore della sepoltura, che si presentava al momento dell´intervento ricoperta da sabbia. Tale azione distruttrice è probabilmente da attribuire anche alle mareggiate di questi ultimi anni e, soprattutto, a quelle più recenti.

In tutto il suolo di riempimento presente al momento dell´intervento, sono stati rinvenuti, accanto ai reperti antichi, materiali e proiettili "moderni", che erano stati trascinati dal mare e deposti anche all´interno del vasellame rinvenuto. Lo scavo è stato effettuato, per ragioni di necessità, nell´arco di una giornata e con attenti criteri stratigrafici, e ha rappresentato una vera sorpresa di cui ci si è resi conto solo durante l´intervento, quando sono cominciati ad emergere i vasi del corredo tombale.

La sepoltura era costituita da una tomba a fossa di forma ovaloide (per quanto è stato possibile accertare nonostante i pesanti fenomeni di erosione marina), approssimativamente lunga m. 1, 70 e larga m.0, 85, scavata nell´argilla.

Al suo interno, direttamente deposto sul sottostante banco naturale di argilla, è stato rinvenuto lo scheletro di un adulto, deposto supino, con arti inferiori distesi e superiori flessi sul ventre. Molte delle ossa non si trovavano più nella loro posizione originale, presumibilmente spostate dallo sciabordio delle onde. Lo scheletro, come anche gli oggetti di corredo, erano totalmente immersi in acqua marina, che ha gravemente contribuito alla disgregazione dei resti ossei, che altrimenti, sarebbero presumibilmente stati rinvenuti in un buono stato di conservazione.

Il corredo è composto da 6 vasi (parzialmente ricoperti da incrostazioni causate dal loro continuo "contatto" con l´acqua di mare), probabilmente attribuibili alla facies di Gaudo, una cuspide di freccia in selce, due lame di pugnale in selce. Il vasellame era disposto attorno al corpo, con un vaso a fiasco posizionato presso i piedi, due tazze carenate monoansate a fianco del lato destro (di cui una in prossimità del cranio), tre vasi monoansati carenati presso il sinistro (di cui uno, frammentato, nelle vicinanze della testa, uno all´altezza del bacino ed il terzo delle gambe). All´interno e al di sotto del vaso carenato monoansato posto sul fianco sinistro presso il bacino, sono state rinvenute due lame di pugnale in selce. Al di sopra dello scheletro era invece posta una punta di freccia di selce.