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5 Maggio 2009 ARCHEOLOGIA
Fabio Isman Il Messaggero
La lotta ai predatori d'arte, Renfrew: «Mai acquistare opere non certificate»
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LONDRA - Andrew Colin Renfrew, quasi 73 anni di cui 20 spesi su una cattedra di Cambridge dove ora dirige un rilevante istituto di ricerca, è uno dei massimi archeologi viventi: nel 2004, ha meritato il Premio Balzan; e nel 1991, la Regina lo ha creato Lord di una Contea, nel distretto scozzese che ha il suo stesso cognome.

In una Londra dove la National Gallery ha appena acquisito prestiti a lungo termine di un Tiziano, un Pontormo, due Piero di Cosimo (i Ritratti di Giuliano e Francesco Giamberti da Sangallo, architetto e musicista), Lord Renfrew apprezza la piccola trattoria d´un parmense, a Piccadilly Circus. E vuole sapere tutto delle inchieste sui "Predatori dell´arte perduta", i trafficanti di antichità scavate illegalmente in Italia; non a caso, Paolo Giorgio Ferri, il Pm di Roma che ne ha condotte molte, lo chiama il suo «padre putativo». Perché Lord Renfrew è tra i maggiori nemici dell´archeologia di frodo: a novembre, ha dedicato una pagina del prestigioso Burlington Magazine a stroncare con asprezza un libro di James Cuno, il direttore dell´Art Institute di Chicago ritenuto troppo giustificazionista con gli acquisti compiuti da alcuni grandi musei del mondo.

Lord Renfrew, dal 1970 in poi, tanti musei, anche molto prestigiosi, si sono comportati assai male, vero?

«Certamente sì. E tanti, anche di quelli importanti, non si comportano ancora bene. Con i loro acquisti, o accettando donazioni ambigue, i musei hanno finanziato gli scavatori clandestini, i "tombaroli" ed i mercanti senza scrupoli; e così, favorito la peggior piaga dell´archeologia, a livello mondiale. Dobbiamo soprattutto all´azione dell´Italia, dei giudici, dei carabinieri e del governo, se la piaga si è ridotta. Tuttavia, il malcostume non è ancora archiviato».

Perché, continua ad esserci chi compera?

«Tra i collezionisti, sicuramente sì; tra i musei, non so. Però non tutti si sono dati regole certe. Per estirpare il tumore, occorrono nuove norme, anche internazionali».

Quali regole, chi le ha finora accettate e chi no?

«La regola è una sola. Io la chiamo "la regola del 70". I musei devono impegnarsi a non acquistare oggetti la cui provenienza non sia provata, in modo inoppugnabile, prima del 1970. Che cioè non possiedano una storia, legittima e legale, inappuntabile e comprovata, prima di allora».

Perché proprio prima del 1970?

«Perché è l´anno della Convenzione dell´Unesco, firmata poi da quasi tutti i Paesi; anche se da alcuni, come gli Usa, con anni di ritardo. E perché è da allora che gli scavi clandestini hanno avuto maggiore sviluppo; che si è creato un vero e floridissimo mercato internazionale. Ma la regola non è stata ancora universalmente accettata».

Chi è stato il primo a sottoscriverla e chi non l´ha ancora voluto fare?

«Il British Museum s´è impegnato a osservarla fin dal 1988; un anno fa, l´ha raccomandata la Conferenza dei direttori dei musei americani; il Getty Museum, si intende dopo le inchieste italiane, s´è finalmente dato una più rigorosa politica degli acquisti; il Louvre rispetta questa regola, anche se non l´ha formalmente sottoscritta; il Metropolitan ha svelato, dopo che Philippe de Montebello ne ha lasciato la direzione, di averla anch´esso adottata. Ma dovrebbe essere una norma valida per ogni Paese ed istituzione».

Il Getty, però, aveva formalmente "stretto i freni" già ai tempi di Marion True, la curator sotto processo a Roma.

«Diceva che non avrebbe acquistato se non da collezioni già pubblicate; però poco dopo aver pubblicato la Fleischman, imbottita di reperti di frodo, l´ha rilevata in toto. Ma ancora più singolare e criticabile è la posizione della Ny Carlsberg Glyptothek di Copenaghen, ispirata a una grande chiusura: il suo atteggiamento vale da pessimo esempio; può convincere a deflettere tanti musei magari minori. Per non dire, poi, di qualche istituto, privato, in Giappone».

Intanto, qualcosa è stato restituito; e che fare di quanto non è stato ancora restituito?

«I grandi musei hanno rispedito in Italia la metà, e forse nemmeno, di quanto avevano illegittimamente acquistato. Se un reperto non rispetta la "regola del 70", deve ritornare nel Paese di provenienza. Non solo: ma chi restituisce deve impegnarsi a non compiere più, in futuro, acquisti meno che legittimi. Invece non è successo, ed è assai grave. Shelby White ha restituito qualcosa, ma compera ancora. E, con gli accordi in via bonaria, troppi musei pensano d´aver sanato tutto. I carabinieri italiani dovrebbero puntare gli occhi su chi non accetta queste regole e non si impegna, per il futuro, a comportamenti assolutamente virtuosi».

Ma bastano degli accordi tra musei, o singoli Stati?

«Io credo che l´Unesco dovrebbe scendere di nuovo in campo. Rinfrescare e rafforzare la sua antica Convenzione, troppo tradita e da troppe persone o musei. Visto che la Razzia si è svolta per buona misura in Europa, e ha costituito ad esempio per l´Italia un vero disastro di distruzione della conoscenza e del territorio archeologico, anche l´Unione Europea si dovrebbe mobilitare: ciascuno Stato europeo deve proteggere le antichità, anche se sono di altri Paesi».

Un´ultima cosa, Lord Renfrew: in Italia, vi sono proposte di "sanatoria" per le antichità, anche da scavi non ufficiali, detenute da privati cittadini; lei, che ne pensa?

«Se accadesse, sarebbe davvero terribile. L´Italia dà un grande esempio di tutela e difesa del patrimonio storico. Possiede, al mondo, i migliori sistemi sia legislativi, sia organizzativi (le soprintendenze), sia d´indagine: penso ai carabinieri, e a taluni magistrati come il dottor Ferri. La sua politica e le sue indagini contro i "Predatori" sono state un faro per tutti. Sarebbe angoscioso se proprio il suo Paese compisse dei passi indietro; una vera catastrofe se l´Italia deflettesse dalla via del rigore. Varrebbe la fine della lotta ai "Predatori"; un pessimo esempio per il mondo intero; un viatico a riprendere con vigore la Grande Razzia. Tutto questo non deve, né può, davvero accadere».

Il prosciutto che accompagnava il melone di Cucciolo veniva da Parma, ed era davvero molto buono.