Torsten Gester, un giudice della corte di stato di Halle, non perde il suo senso dell´umorismo nemmeno dopo settimane di udienze. La procedura di appello di Reinhold S. and Hildegard B., sospettati di aver venduto il Disco di Nebra – una scoperta archeologica risalente a 3, 600 anni or sono che ritrae le stelle e i pianeti – dopo averlo rubato, prosegue già da sei mesi. E la fine di questa bizzarra vicenda sembra ancora lontana, perché gli avvocati continuano a proporre nuove mozioni.
Nel corso della procedura d´appello presso la corte di Halle, gli avvocati di Reinhold S. and Hildegard B. tentano di smuovere mari e monti per assicurarsi che la coppia possa andare assolta. La loro strategia di difesa si fa via via più disperata.
Inizialmente gli avvocati hanno tentato di presentare Hildegard B. come non pienamente capace di intendere e di volere. Hanno dichiarato che la loro cliente agirebbe in quanto mossa da un impulso ossessivo, e hanno fatto notare come fosse afflitta dal desiderio compulsivo di possedere il Disco del Cielo. Ma gli psichiatri interpellati sono giunti a conclusioni diverse: hanno determinato che non è né schizofrenica, né ossessiva.
Allora gli avvocati hanno iniziato a concentrarsi sulla dimostrazione della falsità del reperto. Hanno pensato: se il disco non fosse autentico, i nostri clienti non potrebbero essere condannati per il furto di beni di valore storico o artistico.
La tattica è stata messa in atto in modo quantomeno singolare. Gli avvocati intendevano provare che i loro clienti non fossero convinti dell´autenticità del disco, perfino se Reinhold S. pagò molto denaro per averlo. E se Reinhold S. non era convinto della sua autenticità, perché avrebbe tentato di venderlo ad un ulteriore acquirente a Basel per 350, 000 €?
Ma ora gli avvocati si affidano ad una nuova teoria. Il disco potrebbe non essere stato trovato nella Sassonia-Anhalt come sostenuto, ma provenire, più probabilmente, dall´Europa orientale. Una nuova serie di testimonianze è stata condotta in giudizio per sostenere questa nuova teoria.
In gennaio il giudice Gester ha dichiarato che, per il numero di mozioni proposte, si poteva avanzare il sospetto che il team legale stesse tentando di rallentare il processo. Gli avvocati hanno dunque deciso di tornare ad una delle loro prime linee di attacco: mostrare che il disco non è autentico. Per fare ciò, hanno condotto in aula Peter Schauer, archeologo di Rengsburg. L´apparizione di Schauer ha offerto una nuova versione tragicomica della scena.
Schauer aveva inizialmente sollevato la sua preoccupazione che il disco fosse falso alla fine dello scorso anno. Non aveva seguito la procedura - usuale per i circoli scientifici - di contattare i suoi colleghi dell´Ufficio di Stato per l´Archeologia di Halle e proporre i suoi dubbi. Invece, Schauer ha inviato una lettera al quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung il 30 di novembre. Ha anche scritto un rapporto che è stato pubblicato sul giornale regionale Mittelbayerische Zeitung.
Gli avvocati avevano annunciato che Schauer avrebbe dimostrato che la patina sul disco sarebbe potuta essere riprodotta in breve tempo con urina, acido ed una fiamma ossidrica. Ma nel corso dell´udienza, Schauer ha dovuto ammettere che non aveva mai avuto modo di esaminare direttamente il disco. Sarebbe giunto a queste conclusioni osservando immagini fotografiche. Da un esame delle fotografie si è convinto che il disco rechi tracce inconfutabili di macchie d´acido.
Il chimico Christian-Heinrich Wunderlich dell´Ufficio di Stato per l´Archeologia della Sassonia-Anhalt, ha dichiarato che quel che Schauer ha visto sulle foto non erano macchie d´acido, ma una dentellatura prodotta dai saccheggiatori che hanno dissotterrato il disco. Riprodurre la patina del disco non è possibile, ha aggiunto.
Vedendo sbriciolarsi anche questo argomento, il team di legali ha ora proposto una questione sull´autenticità del sito ove il disco è stato trovato. Sostengono si trovasse solo alcuni centimetri sotto il livello del suolo. In merito a questa teoria, Gester ha chiesto al team legale e agli accusati di prendere visione più attenta delle fotografie del sito archeologico.
Ha quindi posto una domanda innocente, che ha messo fine a questa linea di argomentazioni: Perché ai saccheggiatori avrebbero impiegato quattro ore, secondo le loro dichiarazioni, per riportare il disco alla luce?"
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