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10 Febbraio 2009 ARCHEOLOGIA
Maria Simonetti Repubblica.it
Magia nera a Roma
tempo di lettura previsto 7 min. circa

Un bosco magico proprio sulla collina dei Monti Parioli, a Roma, in cui si svolgevano gare, danze e riti misteriosi. Accadeva nel II secolo d.C., durante la festa di Anna Perenna, divinità legata all'acqua e al passare del tempo, che gli antichi festeggiavano con una specie di gita fuori porta alle Idi di marzo, il primitivo capodanno romano, a suon di coppe di vino e piaceri della carne.

Oggi quell'antico rituale arriva fino a noi grazie a un ritrovamento eccezionale: 22 piccole lamine di piombo - "defixiones"- serrate in rotolini strettissimi, con su incise maledizioni a lettere sbalzate e capovolte. E soprattutto 14 contenitori in piombo, sigillati, che oltre alle iscrizioni contengono figurine antropomorfe fatte di materiale organico e infilate a testa in giù.

Scoperti dall'archeologa Marina Piranomonte della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma in una fontana dedicata ad Anna Perenna, per anni questi materiali sono stati studiati, decrittati e interpretati dagli studiosi. E dal 3 febbraio i testi delle epigrafi saranno resi noti nella giornata di studi "La fattura scritta - tecnica grafica e rituali magici nel mondo antico", organizzata dalla storica delle Religioni Giulia Piccaluga e dal Dipartimento di Studi Storico-Religiosi dell'Università della Sapienza di Roma in collaborazione con la Soprintendenza Speciale ai beni Archeologici di Roma

Tutto parte, in realtà, dagli scavi per un parcheggio interrato cominciati a fine '99 a Piazza Euclide, quartiere Parioli, proprio a sinistra della chiesa. Dall'argilla e dal fango è emerso quel che resta di una fontana rettangolare, con un'ara e due basi con iscrizioni murarie ben precise e persino una data: "nimphis sacratis Annae Perennae"- alle ninfe consacrate ad Anna Perenna - 156 d.C.

«Trovare un reperto firmato è il sogno di tutti gli archeologhi», commenta Marina Piranomonte, ben consapevole del suo colpo di fortuna. «Conosco un professore tedesco che da trent'anni sta scavando i resti di un tempio in Grecia, e non riesce a trovare una lettera che dia qualche indicazione sul nome della divinità titolare del luogo di culto».

I materiali contenuti nella fontana, in effetti, testimoniano come il culto della dea-ninfa Anna Perenna si sia trasformato, in epoca tardo imperiale, in qualcosa di oscuro e misterioso. «Nella fontana abbiamo trovato molti reperti religiosi, come 550 monete che si gettavano lì per buon augurio, gusci d'uovo simbolo di fertilità, pigne, rametti e tavolette di legno», spiega l'archeologa. «Ma anche 70 lucerne, un paiolo in rame, e soprattutto le defixiones e i contenitori in piombo con fatture e maledizioni che si buttavano nella fontana perchè, attraverso i canali di scolo arrivassero nell'aldilà».

Molti anni di restauro e di raggi infrarossi ci sono voluti per srotolare le defixiones in piombo (il piombo è duttile) e per aprire i coperchi sigillati dei contenitori. La prima iscrizione era facile, e ben riconoscibile il nome "Antonius", il personaggio da maledire (a volte, oltre al nome della vittima, c'è anche quello della madre, perchè la maledizione vada a colpo sicuro).

Ma restavano da decrittare tutte le altre: «Ho capito subito che in Italia non c'era nessuno all'altezza«, ricorda Marina Piranomonte. Che ha quindi deciso di rivolgersi a Christopher Faraone dell'Università di Chicago, massima autorità in fatto di magia antica. Com'è andata lo racconta lei stessa: «Ho preso il suo indirizzo da Internet e gli ho mandato una mail, comunicando la mia scoperta e allegando una foto delle defixiones. Dopo un'ora mi ha telefonato: Terrific, Marina! Quando posso venire a trovarti?».

Proprio come avviene qui in Italia. Faraone è dunque venuto a Roma e nel 2003 ha indetto - lui, americano- una giornata di studi sulla magia antica in cui è stata data la notizia del ritrovamente della fontana di Anna Perenna. Tra gli studiosi invitati, il filologo tedesco Jürgen Blänsdorf dell'Università di Mainz, «un mostro di bravura» lo definisce Piranomonte, che in due anni ha decrittato tutte le epigrafi, e verrà a illustrarle nel Convegno di Roma del 3 febbraio.

Vediamole, dunque, e leggiamole queste tavolette di maledizioni, che si deponevano sottoterra in luoghi segreti come tombe, fontane e boschetti fuori da Roma, dove la magia nera era vietata.

Disegno della defixio con i serpenti e la

maledizione contro l'arbitro SuraLa più famosa, e la più bella, è stata soprannominata "snakes" perché il testo è circondato dal disegno di quattro serpenti. Al centro un rombo (figura con cui anticamente era raffigurata la vagina) con un disegno di un corpo a forma di violino ( forse Anna Perenna ) e un testo che recita: «Strappate l'occhio destro e sinistro dell'arbitro Sura, qui natus est de vulva maledicta».

«È una defixio di accecamento, in cui si chiede che perda la vista questo arbitro, che deve aver visto qualcosa di negativo per l'autore della maledizione», spiega l'archeologa. «E testimonia delle gare di gioco che si tenevano nel bosco di Anna Perenna, come è confermato dall'iscrizione che sta sull'ara marmorea murata nella fontana, dedicata alla divinità da un uomo, "Svetonius Germanus", e da sua moglie affichè si esaudisse il loro desiderio di vincere».

Altri nomi ricorrenti, nella fatture, sono "Leontius" e "Decentia"; non ci sono nomi noti perché quella di Anna Perenna era una festa essenzialmente popolare.

Ma i pezzi più clamorosi del ritrovamento sono senza dubbio i contenitori in piombo: ci voleva l'intuito e la caparbietà della Piranomonte per voler a tutti i costi far aprire dai valenti tecnici del laboratorio di Restauro della Soprintendenza, Idana Rapinesi e Jarmila Polakova, con un lavoro difficile e faticoso.

Ogni contenitore è una specie di matrioska che ne contiene altri due (tre, numero magico), tutti sigillati con resine: il più esterno - la busta di questa sorta di lettera all'aldilà- non presenta segni grafici, in quello mediano cominciano ad apparire lettere e simboli magici, mentre il più piccolo contiene la fattura scritta e una figurina antropomorfa impastata di miele, acqua e farina, infilata a testa in giù.

Funzionava così: si portavano i tre contenitori al mago (alla maga) che preparava lì per lì il pupazzetto di materiale organico raffigurante la persona da maledire. Lo infilava nel contenitore più piccolo, da chiudere nel mediano e poi in quello esterno, sigillava il tutto e impostava nella fontana.

La cosa sconvolgente è che queste figurine (Walter Veltroni, vicino di casa di Anna Perenna in quanto "patron" dell'Auditorium nell'adiacente Villaggio Olimpico, le ama pazzamente e le chiama "bamboline Vudù) sono state ritrovate quasi intatte, quando nel clima umido di Roma, al contrario dell'Egitto, il materiale organico non resiste al tempo. Se i materiali di Anna Perenna si sono salvati, invece, è proprio grazie alla triplice sigillatura dei contenitori: oltre al fatto, aggiungiamo noi, che la fontana è stata ritrovata a Piazza Euclide, quindi in pieno centro e al riparo della rapaci mani dei tombaroli.

Di ritrovamento eccezionale, perchè accende un faro sull'aspetto magico di Anna Perenna, parla anche la professoressa Giulia Piccaluga, storica delle Religioni: «Dalle fonti letterarie, "I fasti" di Ovidio ed altre, sapevamo che Anna Perenna era una divinità venerata fuori porta il giorno di Capodanno, il 15 marzo, che tra l'altro fu scelto per uccidere Cesare proprio perchè Roma era deserta», spiega. «Ovidio descrive la festa, dice tante cose che non sono mai state approfondite. Ora grazie a questi materiali è arrivato il momento di approfondire».

Secondo l'affascinante tesi della studiosa, nel bosco sacro ad Anna Perenna i Romani facevano tutto il contrario di quello che facevano a Roma: passavano la giornata sotto capanni e tende (sono stati ritrovati persino i bastoni su cui le montavano), negando in questo modo la città e ricollegandosi a una civiltà pre-romana; le donne danzavano con i capelli sciolti, cosa impensabile all'epoca, poichè il rituale prevedeva che la madre della sposa le raccogliesse i capelli in una treccia già dalla sera prima delle nozze; imitavano ciò che avevano visto a teatro, quando calcare le scene significava perdere all'istante lo status di uomo libero; e soprattutto facevano gare di bevute, perché secondo la tradizione ogni coppa di vino tracannata avrebbe loro prolungato la vita di un anno.

«Una divinità che consente al singolo di controllare la durata della propria vita gli dà un potere straordinario, che è quello di influenzare la sorte. Dunque la componente magica è qualcosa di fondamentale nel culto di Anna Perenna, lei stessa ninfa pericolosa e ambigua: per questo il suo luogo di culto ben si presta ad essere usato dai maghi per i loro riti», conclude Piccaluga.

Adesso all'archeologa, l'instancabile Marina Piranomonte, non resta che sciogliere un ultimo quesito: a che cosa servivano quei contenitori in piombo, prima di essere riciclati per maledizioni e fatture? «Potevano contenere l' inchiostro, certo. Ma c'è anche la possibilità che fossero contenitori di teriaca, composizione di oltre 50 erbe officinali con cui anticamente si curava un po' tutto, come la nostra aspirina», spiega lei. «Ne ho ritrovati risalenti al 1700, identici ai miei, ma a me servono di epoca romana. Mi sono appena messa in contatto con Pompei...». La tournée di Anna Perenna, star di Roma antica, continua.

Per una galleria fotografica esauriente http://espresso.repubblica.it/multimedia/home/4619690