Mentre i navigatori solcavano i Sette Mari nel XVII e XVIII secolo, ignoravano che il legno dei loro scafi avrebbe un giorno aiutato gli scienziati a ricostruire la storia del campo magnetico terrestre.
Il geofisico David Gubbins ed i suoi collaboratori dell´Università di Leeds in Inghilterra hanno usato antichi dati di navigazione, combinati a dati prelevati da manufatti archeologici, per comprendere come la direzione e l´intensità del campo magnetico cambiò tra il 1590 ed il 1840, approssimativamente il periodo tra il viaggio di Francis Drake sul Golden Hind e quello di Charles Darwin sul Beagle.
Dati sistematici sul campo geomagnetico esistono solo a partire dal XIX secolo, quando il fisico Carl Friedrich Gauss scoprì il metodo per misurarlo. Questi rilevamenti mostrano che fino a quel tempo, la forza del campo è scesa gradualmente fino attorno al 0.05% per anno. Molti studiosi considerano questa una prova dell´imminenza di una nuova inversione geomagnetica.
L´inversione implica che il campo magnetica diminuisca gradualmente prima che i poli si vengano ad invertire. Il processo per cui accade non è ancora stato compreso appieno, ma probabilmente coinvolge mutamenti nei percorsi di circolazione del pianeta all´interno del suo nucleo fuso. Tali inversioni si verificano ogni circa un milione di anni.
Gubbins ed i suoi colleghi sostengono ora sulla rivista Science che il declino recente iniziò, per coincidenza, al tempo in cui iniziarono le misurazioni. Usando i tronchi delle imbarcazioni per estendere questi dati indietro di altri 250 anni, hanno scoperto che la forza del campo geomagnetico fu quasi costante fino attorno al 1840, e solo allora iniziò a decrescere.
Prima del 1840, i dati migliori sulla forza del campo magnetico terrestre sono contenuti nelle rocce e nei reperti archeologici. Gli atomi di materiale magnetico come ferro all´interno del terreno o delle ceramiche si fissano secondo il campo magnetico terrestre contemporaneo, quando una roccia o un contenitore di ceramica viene riscaldato, e poi raffreddato, e si rivelano così propizie per conoscere il campo magnetico. Alcuni ricercatori hanno trovato elementi in questi dati che il campo magnetico terrestre non decadesse rapidamente quanto accade oggi, tra il 1600 e 1800. Ma questi dati sono discontinui, e calcolando il campo magnetico globale da essi è necessariamente in accurato.
Per ottenere una stima migliore, Gubbins ed i suoi colleghi hanno combinato questi dati con informazioni più precise sulla direzione del campo magnetico terrestre nel corso del tempo. Insieme, questi dati possono essere trasposti in un modello che illustri come il campo magnetico terrestre sia noto comportarsi, per estrarre un quadro globale della forza del campo.
Per ottenere le informazioni direzionali, i ricercatori si sono rivolti al legno delle imbarcazioni. I marinai di alcune centinaia di anni or sono avrebbero usato osservazioni del Sole o delle stelle per determinare il "vero nord" e poi avrebbero notato la differenza tra questo ed il "nord magnetico" indicato dalle loro bussole. "E´ davvero sorprendente quanto siano accurate queste misurazioni" ha dichiarato Jeremy Bloxham della Harvard University, Massachusetts, che ha collaborato con Gubbins.
I marinai avrebbero compiuto misurazioni con approssimazione di un grado - nota Bloxham - ottenendo una stima piuttosto precisa. Ma vi sono spesso errori sistematici nelle loro note, causate dal fatto che i marinai non sempre sapevano esattamente dove si trovassero; non, almeno, fino all´arrivo di un metodo affidabile per determinare la longitudine, nel XVIII secolo. I ricercatori hanno trascorso circa 20 anni nel tentare di ripulire i dati dei marinai al riguardo.
Questo lungo processo ha ora rivelato un quadro dettagliato del campo magnetico nel corso del tempo. Le linee di campo non emanano semplicemente dai poli del pianeta. Il campo è irregolare, con regioni di "flusso contrario" dove le linee di campo si muovono in direzione opposta. I ricercatori di Leeds sostengono che queste zone sono cambiate negli ultimi quattro secoli: spazi nell´emisfero meridionale che sono ora chiaramente evidenti, erano a malapena presenti prima del 1840.
I ricercatori ipotizzano dunque che possa essere accaduto qualcosa nel nucleo del pianeta attorno al 1800, tale da alterare il comportamento del campo. Il team suggerisce che il passaggio successivo sarà esaminare altrove nei dati storici, per altri periodi di tempo in cui il tasso di mutamento dei campi si altera, al fine di comprendere meglio cosa possa causare simili mutamenti.
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