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16 Novembre 2003 ARCHEOLOGIA
Il Messaggero
Un villaggio pieno di misteri
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Rocchetti e museruole (dischi di terracotta che venivano collocati in fondo a uno stipo di legno), a testimoniare una fiorente attività di tessitura e filatura di lana e canapa. Sul terreno sabbioso, appena poco sotto l'attuale piano di calpestio, grosse buche di forma tondeggiante, lasciate dai pali che delimitavano edifici, probabilmente capanne ad uso abitativo, più altre forme, rettangolari o quadrate, di più difficile interpretazione. Peccato per quei segni longitudinali lasciati dall'aratro: non si tratta di testimonianze di antiche attività rurali, ma di moderne arature che forse hanno distrutto diversi "tesori" nascosti nel terreno oggi agricolo di Maratta Bassa, dove quattro anni fa sono stati ritrovati, quasi per caso, dei reperti archeologici.

In questo fazzoletto di terra di proprietà privata (oggi occupato) si è conclusa ieri la quinta campagna di scavo, commissionata dalla Sovrintendenza ai beni archeologici dell'Umbria e iniziata nei primi giorni di ottobre: "E' solo una piccola porzione dell'antico insediamento abitativo del popolo umbro dei Nahars, speriamo in futuro di poter estendere gli scavi anche oltre", commenta l'archeologa Claudia Giontella, coordinatrice della campagna di scavo affidata alla società Archeostudio e condotta in collaborazione con i volontari del 23° gruppo archeologico del Dopolavoro ferroviario di Terni. Anche perché tante domande rimangono senza risposta. Se è relativamente semplice datare i resti rinvenuti, che vanno dall'età del ferro (nono secolo avanti Cristo) fino all'inizio della romanizzazione (sei secoli dopo), è invece difficile capire perché questo fiorente villaggio fu abbandonato in modo quasi improvviso. Incursioni nemiche? L'esondazione del vicino fiume?

Un motivo per lasciare un villaggio le cui attività economiche, pare di capire, garantivano ai suoi abitanti un agiato stile di vita, deve esserci stato. E la ricchezza degli antichi Nahars è provata dai materiali con fini decorazioni geometriche, dalle ceramiche di matrice etrusco-corinzia, reperti rinvenuti in questa campagna che si aggiungono alle punte di frecce, alle monete bronzee e agli altri oggetti di uso quotidiano, per di più ridotti a frammenti, che sono stati già inviati a Perugia e all'Antiquarium di Carsulae, anche se la loro collocazione futura dovrebbe essere il nuovo museo archeologico in allestimento a Terni.