L´Associazione speleo-archeologica TESES ha dedicato spazio alla riscoperta e allo studio delle cave abbandonate di Colma, una frazione di Rosignano Monferrato (AL), dove la vita scorre tranquilla e l´economia è prevalentemente agricola. Sino a una cinquantina di anni fa, il lavoro nei campi era affiancato all´attività estrattiva della "Pietra da Cantoni".
L´estrazione di questa pietra, utilizzata per le caratteristiche abitazioni monferrine, avveniva prevalentemente in sotterraneo, seguendo lo strato utile di roccia, insinuandosi in profondità nelle viscere delle colline.
Luoghi dove un tempo c´era il mare, con la sua fauna acquatica i cui resti, sedimentati, sono divenuti poi roccia. Roccia asportata dall´uomo creando vuoti, ambienti artificiali e conseguentemente di interesse per la disciplina detta "Archeologia del Sottosuolo".
"Chi realizzò queste opere non aveva la percezione che abbiamo noi, oggi. Si trattava del loro lavoro quotidiano, per noi si tratta di ambienti di grande valenza storica, di suggestione e imponenza", racconta Luigi Bavagnoli, presidente dell´Associazione TESES.
Le cave di Colma sono quindi dei vuoti, un´assenza di materiale che rappresenta uno strato archeologico di notevole interesse e testimone silente di un tempo passato. Imponenti e misteriose, esercitano un fascino notevole sull´osservatore che si trova al suo interno e che cerca di scrutare le numerose tracce della vita e delle attività che vi si svolgevano.
Erano i tempi degli uomini veri, gente umile ma orgogliosa, lavoratori seri, instancabili e consapevoli dei rischi che la permanenza nel sottosuolo comportava. Erano i tempi dell´acetilene, dei picconi, dell´esplosivo, dei muli da trasporto e delle fornaci, una visione romantica ma reale di un passato fatto di sudore.
Esistevano dei veri e propri cavatori di mestiere, abituati a lavorare nell´oscurità e a destreggiarsi con micce e con esplosivi, ma anche stagionali, gente che tentava di integrare il reddito proveniente dall´attività agricola, operando nel sottosuolo nei mesi invernali.
All´interno delle cave sono leggibili incisioni sulle colonne, sono visibili i resti di carriole, di argani rudimentali, di strumenti di lavoro. La maestosità di questi antri è stata documentata dalle fotografe dell´Associazione TESES, Stefania Piccoli e Valentina Giammarinaro, autrici di una apprezzata mostra fotografica sulle opere di estrazione.
Tecnicamente ci troviamo di fronte a una coltivazione di tipo detto a "Camere e Pilastri", questi ultimi ricavati per risparmio e capaci di sostenere il peso della collina sovrastante, dividendo l´ambiente in gallerie parallele e perpendicolari tra di loro.
La misura media di queste colonne è di cinque metri per cinque di base, così come sempre di cinque metri è la larghezza delle gallerie che si estendono in profondità per centinaia di metri. Essendo lo strato di Pietra da Cantoni spesso approssimativamente una decina di metri, possiamo incontrare ambienti di altezza superiore agli otto o nove metri.
Ancora visibili in diversi punti sono i pozzi o camini, perforazioni verticali del terreno, a sezione rettangolare, che mettono in comunicazione le cave con l´esterno sia al fine di garantire un buon ricircolo d´aria, sia per consentire, in alcuni casi, il trasporto della pietra estratta tramite argani meccanici.
I blocchi poi venivano squadrati all´esterno e prendevano il nome di "Cantoni", "canton", in dialetto. Misuravano 50 centimetri di lunghezza, 25 di altezza e 15 di spessore. Il loro peso approssimativo era di circa 35 chilogrammi.
La "Pianella" era invece più larga e alta, ma molto più sottile e pesava all´incirca dieci chili. Le pianelle venivano impiegate principalmente per la costruzione dei forni.
Il successo della spedizione è frutto della collaborazione degli abitanti della Colma, della signora Anita Rosso degli "Amis d´la Curma", del geologo dott. Alfredo Frixa, dei proprietari delle cave e di tutte le persone che hanno partecipato alle operazioni.
Per ulteriori informazioni: www.teses.net
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