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19 Gennaio 2008 ARCHEOLOGIA
Il Giornale
Ad Acri sulle tracce archeologiche lasciate dai genovesi
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Adesso sarà un po' più difficile prendere in giro Sandro Biasotti quando, all'epoca in cui era governatore, «svelò» ai genovesi il volto di padre Pio impresso sulla statua del Cristo degli Abissi esposto in piazza de Ferrari. Soprattutto dopo la scoperta (questa sì miracolosa) fatta dalla Regione a proposito di alcuni ritrovamenti archeologici avvenuti in una chiesa di Cornigliano. Galeotto fu il comunicato stampa diffuso un paio di giorni fa da «Liguria news»: «La Regione Liguria (...)presenta i risultati degli scavi archeologici nella chiesa di San Giovanni d'Acri, a Cornigliano». Niente meno. Anzi niente di tutto questo. La notizia (vera) è un'altra: un'equipe di archeologi dell'Università degli studi di Genova, in collaborazione con l'ente di tutela nazionale israeliano e con l'Istituto internazionale di studi liguri, sta conducendo dal 2006 un progetto d'indagine archeologica nel quartiere genovese di San Giovanni di Acri (Israele) per riportare alla luce le numerose tracce dello stanziamento genovese nel porto della Palestina.

Insomma, se Maometto non andava alla montagna, era la montagna (cioè gli studiosi genovesi) che andava da Maometto. Ma la chiesa di San Giovanni d'Acri con questa storia non c'entra proprio nulla, nel senso che a Cornigliano non c'è stato nessun ritrovamento archeologico. A quanto pare i «miracoli» non li faceva solo Biasotti. A essere benevoli si può liquidare tutta la vicenda con un errore di comunicazione tra i vari uffici di piazza de Ferrari e con una non molto scrupolosa ricerca delle fonti.

La ricerca vera, invece, è quella finanziata dal ministero degli Affari esteri e dall'assessorato alla cultura della Regione ed è stata condotta dal professore di Archeologia medievale dell'ateneo genovese, Carlo Varaldo, coadiuvato dall'archeologo Fabrizio Benente insieme ai colleghi israeliani Eliezer e Edna Stern. Lo studio degli insediamenti crociati della Galilea e l'indagine nel quartiere genovese di Akko (Acri) si configurano quindi come un'operazione di archeologia medievale proiettata sul tema dell'espansione genovese nel Mediterraneo.

In età crociata Acri era il più importante porto della Palestina e il punto di scalo dei pellegrini per Gerusalemme. I genovesi, proprio in virtù dell'aiuto prestato nella conquista di Acri (1104) ottennero da Baldovino I la terza parte della città con redditi e diritti su parte del territorio. E i limiti dell'area rurale controllata dai genovesi sono ricostruibili oggi sulla base del ritrovamento di tre cippi miliari che recano incisa la scritta «Ianua».

Acri è una città ottomana costruita sui resti della città crociata con un assetto planimetrico del tutto particolare. L'attenzione dei ricercatori italo - israeliani si è quindi concentrata sulla strada monumentale «coperta», un'arteria mercantile che ospitava case e magazzini e che era organizzata in maniera simile alla lunga via di Sottoripa.