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3 Novembre 2004 ARCHEOLOGIA
ABC news
SVELATO IL SEGRETO DEL « ROSSO POMPEIANO »
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La formula del colore rosso, scintillante ed intenso, che dominava le pitture murarie di Pompei 2, 000 anni or sono, è stata scoperta da un ricercatore Italiano.

Sepolto nella catastrofica eruzione del 79 d.C., il brillante e cosiddetto era stato preservato per sempre dalla lava del Monte Vesuvio, ed a tratti fa ancora mostra di sé in diversi affreschi.

"Malgrado consista semplicemente in pigmento di cinabro, il rosso pompeiano è veramente unico. La sua intensità stupisce quando lo si paragona ai normali strati di vernice di cinabro" ha dichiarato Daniela Daniele, ricercatrice presso lo Staatliche Museen di Berlino.

Il cinabro è solfuro di mercurio (II), il principale minerale di mercurio.

La Daniele ha analizzato le stratigrafie di alcuni campioni di ville Pompeiane che riproducevano questa unica tonalità di rosso e le ha paragonate ad altre antiche pitture romane contenenti strati di pittura di normale cinabro.

Il suo scopo era scoprire perché, nel rosso di Pompei, si riuscisse ad ottenere un drammatico effetto cromatico, pur usando lo stesso pigmento di minerale.

Nel caso del rosso Pompeiano, il cinabro naturale veniva processato con particolare cura, che includeva ciò che la Daniele definisce: "purificazione, macinatura e controllo dimensionale".

"Più raffinati erano i grani, e più brillante e coprente era il colore. Ma c´è ancora di più" ha aggiunto la Daniele.

Al microscopio ha individuato una "granulometria bimodale" con 10-15 microcristalli che agiscono come particelle riflettenti in una matrice di grani più raffinati.

Di base, gli antichi romani aggiungevano semplicemente alcuni grani più grossi alla polvere di cinabro finemente processata, creando grani della misura di circa 2-3 micron. Il risultato era una superficie scintillante, che non perdeva il suo tono di rosso saturo.

Secondo Bernardo Marchese dell´Università Federico II di Napoli, il rosso cinabro richiedeva nei fatti un raffinato processo di lavorazione.

"Il pigmento era usato in calce media, e doveva essere abbastanza liquido da essere applicato in strati di tinta sulla superficie delle pareti... Il risultato finale era soggetto ad una lucidatura a cera, per la prevenzione delle alterazioni, specie quando il colore era applicato alle pareti esterne, " hanno scritto Marchese e colleghi nel catalogo della mostra di Pompei: Homo faber: natura, scienza e tecnologia in una città romana.

Ma l´analisi di Daniele mostra che i campioni degli strati di pittura del normale cinabro mostrano solo un leggero processo del pigmento.

La polvere di cinabro ottenuta dai grani più grandi, di misura compresa tra i 10 ed i 25 micron, si è rivelata molto più trasparente e opaca, e atta a produrre un colore simile al rosso ocra, ha spiegato la ricercatrice.

"Ciò mostra che il « rosso pompeiano » è davvero diverso. Rappresenta l´acme dell´antica arte romana di creare i colori".