Un piccolo pezzo di formaggio, carbonizzato nell´eruzione vulcanica che uccise i cittadini di Pompei, sta rivelando agli studiosi i segreti della vita quotidiana degli antichi romani.
Usando un microscopio elettronico, il ricercatore ed antropologo dottor Luigi Capasso dell´Università Statale G. d´Annunzio di Chieti, è stato in grado di rintracciare nel formaggio di latte di capra una fonte prima di brucellosi, una malattia debilitante che affliggeva il mondo antico.
"Il formaggio, era un´importante e continua fonte di malattie probabilmente infettive nel mondo romano, inclusa la brucellosi" ha riferito alla Reuters.
I ritrovamenti sono stati pubblicati in un numero recente del Journal of Infection.
Una notte di fine agosto, nel 79 d.C., gli abitanti della grande città romana di Pompei e la vicina città costiera di Ercolano, furono interessate da una delle più devastanti eruzioni vulcaniche nella storia, quando il Monte Vesuvio eruttò tonnellate di lava e sparse ceneri su tutta la piana costiera. Ad Ercolano, gli archeologi hanno scoperto i resti di 250 persone che si affollarono nelle grotte, nel tentativo di salvarsi via mare; purtroppo la loro fuga fu interrotta da un muro alto 25 piedi di magma incandescente.
L´intenso calore e la rapida fusione del magma ha mantenuto le ossa, e talvolta perfino gli organi delle vittime, in rimarchevole stato di preservazione, permettendo agli archeologi medici accurati esami sulle patologie che affliggevano i romani nel I secolo.
Secondo Capasso, le ossa di circa uno su 5 (17%) degli abitanti di Ercolano, mostravano lesioni indicanti la malattia delle giunture, conosciuta come brucellosi, causata dall´infezione del Brucella melitensis bacterium.
Questo batterio, primariamente reperibile in animali come pecore e capre, può giungere all´uomo per via del latte e dei suoi derivati. Si tratta di una patologia relativamente rara oggi giorno, anche se rimane una fonte di afflizioni artritiche debilitanti in paesi come Yemen e Oman la cui alimentazione è sostanzialmente basata su capre o pecore per il loro apporto di latte.
Ma come mai tanti romani soffrivano di una simile malattia? La risposta può giungere da un piccolo pezzo di formaggio, deidratato e carbonizzato, di 5 cm di diametro, dissotterrato ad Ercolano e databile al tempo dell´eruzione.
"Il formaggio è perfettamente preservato" riferisce Capasso, tanto che si può ancora distinguere sulla sua superficie un´impressione della cesta in cui era contenuto quando è stato fatto.
Capasso ha utilizzato il microscopio elettronico per esaminare la struttura interna del formaggio, e ha identificato due diversi tipi di colonie batteriche. Una lunga e riunita in catene, è ovviamente il comune Lactobacillus necessario nel processo di produzione del formaggio. L´altro appare sferico, "riunito in ampie colonie" molto simile nella forma al Brucella.
Anche se la carbonizzazione del formaggio rende impossibile identificare definitivamente il batterio come Brucella, Capasso dice che i suoi studi "rivelano, per la prima volta, una quantità di batteri che mostra come il cibo potesse essere vettore di infezioni nei tempi antichi."
Le analisi di archeologia medica hanno svelato altri segreti, come le più comuni malattie che affliggevano i romani due millenni or sono. Secondo Capasso, "studi delle ossa degli antichi umani possono offrire un vivido ritratto dello stato di salute di una popolazione antica".
In un suo precedente studio, resti umani dal disastro di Ercolano avevano confermato che molti romani soffrivano di pidocchi, di disturbi dovuti all´inquinamento dell´aria, disordini delle ossa collegati al lavoro schiavile, come altre numerose patologie e deficienze nutrizionali.
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