Nel novembre 1533, Francisco Pizzaro entrò in modo trionfale a Cuzco, la capitale reale dell´Impero Inca, e raccolse molti dei suoi tesori storici. Al comando di soli 180 soldati di fortuna, il conquistador spagnolo aveva imprigionato e ucciso per strangolamento, l´imperatore Atahuallpa, costringendo alla ritirata l´esercito reale Inca di 30.000 unità. Pizzaro poteva a malapena immaginare cosa lo attendeva. Alcuni dei suoi uomini avevano già prelevato placche d´oro dal tempio del sole e riempito le loro sporte di oggetti d´argento, di maschere d´oro e gioielli dai corpi mummificati dei regnanti Inca; ma questa banda di avventurieri ignorava il più grande tesoro di tutti: i rari e lussuosi tessuti che stavano alla base della ricchezza Inca.
Gli Inca producevano indumenti che l´Europa non aveva mai conosciuto. I tessitori Inca facevano ponti di corde, intrecciavano tetti di fibre, e contavano la loro ricchezza non con scarabocchi sulle pagine, ma con nodi su una fune di lana. E filavano un tessuto dal vello dell´alpaca, un piccolo membro della famiglia del cammello, che era così soffice da essere apprezzato più di tutto il resto.
Gli imperatori Inca ricompensavano la lealtà dei loro nobili regalando tessuti creati da artigiani esperti. Si usava donare grandi quantità di lana per calmare l´orgoglio dei signori sconfitti. Si pagavano gli eserciti con questi materiali setosi e delicati. Per un imperatore la produzione d´indumenti era la maggiore impresa di stato. Le case imperiali di produzione di abiti erano così preziose che l´esercito Inca deliberatamente dava loro fuoco quando si ritiravano dalle battaglie, privando così i nemici di quel che li faceva forti.
Pizzarro ed i suoi commilitoni avevano attraversato un oceano alla ricerca di oro e di argento, non di tessuti. E i viceré che successero a Pizzarro nutrivano le medesime aspettative. Nel caos e nella devastazione che seguirono la conquista Spagnola, i tessuti creati dagli Ica scomparvero con gli Inca stessi. Nel frattempo, attraverso le lontane valli andine, villaggi una volta prosperi caddero in una povertà che durò per cinque secoli.
Il favoloso tessuto sembrava perduto fino a che un´archeozoologa americana, Jane Wheeler, ha effettuato una sorprendente scoperta. Un decennio fa stava analizzando antiche ossa di animali in Perù quando l´archeologo Gloria Salinas la invitò a vedere le mummie impolverate di El Yaral. Seppellite sotto i pavimenti delle case per circa 1000 anni, gli alpaca ed i lama avevano brucato le erbe di El Yaral circa 500 anni prima la nascita dell´impero Inca. Con le loro gambe raccolte sotto di sé e le teste incastrate tra le spalle, sembravano come un gregge addormentato. Per la Wheeler, che aveva dedicato la sua carriera a contare e misurare piccoli frammenti di osso, la vista di antichi animali con ancora piccole parti di pelo arricciato e lunghe orecchie pendenti, fu uno shock. Nel tentativo di datare e determinare il sesso di ogni esemplare, cercò i segni di malattie o ferite, e prelevò dei campioni di tessuto. La maggior parte degli animali erano maschi al di sotto dei due anni di età e tutti, eccetto uno, erano morti per una frattura del cranio dovuta ad un colpo vigoroso con oggetto contundente. Quasi certamente erano stati sacrificati dagli abitanti di El Yaral. Le popolazioni delle Ande sacrificano ancora lama adulti per gli dei e seppelliscono feti di lama sotto le loro case come offerta sacra.
Nel procedere con le analisi ed ottenere i primi dati, la Weelher era incantata. Gli animali di El Yaral erano uniformi nel colore e nel tipo di fibra. Ed il loro vello era incredibilmente fine. Addirittura alcuni alpaca possedevano fibre uniformi di 17.9 micrometri-4 micrometri in diametro, molto più piccole di quelle dei moderni alpaca. Questa differenza apparentemente minima racchiudeva enormi implicazioni economiche. Tra i manifatturieri di lana, la più fine delle fibre, il più soffice dei tessuti indicano il prezzo più alto. La fibra del cachemire per esempio misura in diametro 16 micrometri. Le antiche fibre del vello di alpaca erano soffici come i capelli di un bambino, se paragonate a quella prodotta dalle alpaca degli stessi luoghi del Perù attuale. Se solo i peruviani avessero potuto far risuscitare questa specie perduta, arguì, avrebbero potuto rivaleggiare la produzione del cachemire e risollevarsi dalla povertà.
Una tale caratteristica sembrava difficilmente essersi originata per caso. La Wheeler credeva che i primi Andini avessero selezionato i loro armenti, per coprire la specifica necessità di ottenere tessuti di gran pregio. Tutte le sue ricerche puntavano in una direzione: un segreto critico della meravigliosa lana della Ande giaceva nelle soffici fibre di questi animali. I primi spagnoli non avevano compreso questo inestimabile tesoro, e avevano utilizzato gli alpaca solo per la carne e come animali da soma. In più avevano introdotto germi stranieri che potrebbero avere decimato sia gli animali che gli esperti selezionatori di animali. Senza i benefici della conoscenza degli allevatori, gli andini sopravvissuti finirono per applicare la tradizionale pastorizia anche a questi camelidi.
La Wheeler volle andare avanti nella sua ricerca. Come primo passo, aveva bisogno di una rapido test genetico per distinguere i campioni ibridi da quelli atti alla riproduzione. Cominciò a prelevare elementi per costruire una banca del DNA che contenesse campioni di sangue rappresentativi di tutte le specie di camelidi del sud delle americhe, incluso la vigogna, una specie cacciata per il suo vello superfino fin quasi all´estinzione, ed il guanaco, un'altra specie selvatica in pericolo di estinzione. All´istituto di Zoologia di Londra i genetisti Muranda Kadwellr e Michael Bruford hanno iniziato ad analizzare i campioni alla ricerca di indicatori molecolari in grado di differenziare una specie dall´altra. Si sono concentrati su un piccola sezione di DNA nucleare nota come microsatellite, che si era provata utile nel rilevare ibridi in altre specie. Sono riusciti a individuare così due microsatellite le cui variabili separavano chiaramente i due camelidi selvatici –la vigogna ed il guanaco- l´uno dall´altro. La Wheeler aveva sempre sostenuto che l´alpaca fosse una vigogna addomesticato in realtà, e che differissero entrambe come genere dal lama, ma molti zoologi non erano d´accordo. Il lavoro di Bruford e Kadwell invece le ha dato ragione. "La vigogna è il più antico antenato dell´alpaca ed il guanaco è il più antico antenato del lama", ha riferito Bruford, un ricercatore di biodiversità ora all´Università di Cardiff.
In più egli ha sviluppato un test del DNA in grado di distinguere gli alpaca in grado di riprodursi, dai lama. Con ciò, la Wheeler ha iniziato un test metodico dei campioni nella nuova banca genetica. L´ibridazione, come ha presto scoperto, era un problema molto più importante di quanto si fosse mai immaginato. Il 40% dei lama testati erano ibridi, con almeno uno o più antenati di alpaca o vigogna. Il 92% degli alpaca erano stati incrociati. Il team ha quindi deciso di ricercare gli esemplari non ibridi ancora esistenti nella popolazione di animali andini; di isolare (mediante un semplice test del DNA che individui gli esemplari in grado di produrre fibre super-fini) gli esemplari adatti alla riproduzione in greggi selezionate, e ricominciare ad allevare animali dal vello finissimo, nello stesso modo in cui operavano gli antichi Inca.
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