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30 Dicembre 2017 PALEONTOLOGIA
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RETRODATATA L'ORIGINE DELLA NASCITA DELL'HOMO SAPIENS
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I resti fossili di H. sapiens, tra cui un cranio e una mandibola, scoperti nel sito di Jebel Irhoud, in Marocco, risalgono a 300.000-350.000 anni fa: si tratta dei più antichi reperti noti della nostra specie, la cui origine non può più essere confinata nell'Africa sub-sahariana. E' questa la conclusione di un'analisi che documenta l'esistenza di una fase "pre-moderna" nell'evoluzione di H. sapiens

La storia evolutiva dei primi esseri umani è da riscrivere? Parrebbe di sì, stando all'analisi di nuovi fossili scoperti nel sito di Jebel Irhoud, in Marocco, attribuiti a Homo sapiens e risalenti a 300.000-350.000 anni fa. Poiché si tratta dei più antichi finora noti, l'origine della nostra specie non può più essere confinata all'Africa sub-sahariana.

La scoperta di Jean-Jacques Hublin e colleghi del Max-Planck-Institut per l'Antropologia evoluzionistica a Leipzig, in Germania, descritta in due articoli su "Nature", potrà contribuire a mettere un po' di chiarezza nel complesso puzzle di dati finora raccolti sull'evoluzione degli esseri umani moderni a partire dal genere Homo.

I più antichi resti attribuiti a H. sapiens finora sono stati scoperti nell'Africa orientale e risalgono a circa 195.000 anni fa. La frammentarietà degli altri reperti più o meno vicini cronologicamente non permette di sapere se le caratteristiche che definiscono la nuova specie emersero rapidamente intorno a 200.000 anni fa, o più gradualmente, 400.000 anni fa circa.

Il ritrovamento di fossili a Jebel Irhoud non è una novità, anzi i primi risalgono addirittura agli anni sessanta. Si tratta di ossa di animali e reperti litici simili a quelli tipici della cultura mousteriana, associata all'Uomo di Neanderthal.

Una prima datazione situava cronologicamente i reperti a circa 40.000 anni fa, per cui si pensò a una forma africana di neanderthaliani. Non tutti i paleoantropologi però furono d'accordo, anche perché successive analisi indicarono che un cranio e una struttura facciale avevano affinità anatomiche più con H. sapiens che con H. neanderhaliensis.

Questa conclusione fu confermata quando nel 1968,

nello stesso sito, fu scoperto un frammento di mandibola datato a 160.000 anni fa, con denti che mostravano caratteristiche assimilabili a quelle di H. sapiens.

Tuttavia, i reperti trovati in Africa orientale e risalenti alla stessa epoca avevano tratti ancora più moderni, il che consolidò l'ipotesi che i fossili di Jebel Irhoud fossero testimonianza di una presenza umana marginale e periferica rispetto alle vere origini di H. sapiens.

Nuovi scavi nello stesso sito hanno ora ribaltato completamente la prospettiva, poiché hanno riportato alla luce altri strumenti litici e resti umani relativi ad almeno cinque individui, tra cui un cranio parziale e una mandibola, contenuti in uno strato geologico risalente a 280.000-350.000 anni fa.

Nel primo articolo di "Nature", a prima firma Jean-Jacques Hublin, viene descritta l'analisi, condotta con tecniche statistiche, della forma dei reperti di Jebel Irhoud messi a confronto con altri resti attribuiti al genere Homo e risalenti a un ampio arco temporale (tra 1, 8 milioni e 150.000 anni fa), a fossili di H. sapiens risalenti a 130.000 anni fa e a neanderthaliani.

La conclusione è che i campioni scoperti in Marocco sono chiaramente distinguibili sia da quelli di H. neanderhaliensis che da quelli delle altre specie di Homo, e trovano la massima somiglianza con quelli dei moderni H. sapiens.

Un'origine più antica per Homo sapiens

Utensili litici trovati nel sito marocchino e attribuiti al Paleolitico medio (Credit: Mohammed Kamal, MPI EVA Leipzig)

Questa somiglianza è vera in particolare per il frammento di mandibola, se si eccettua per la maggiore larghezza.

Il cranio, invece, esternamente presenta caratteri intermedi tra quelli arcaici e quelli moderni, ma è abbastanza simile a quello di H. sapiens scoperto nel sito di Laetoli in Tanzania, e al più recente cranio ritrovato a Qafzeh, in Israele.

Di grande interesse la forma interna della teca cranica, la cui struttura sembra già preludere all'evoluzione verso la forma globulare del cranio di H. sapiens delle epoche successive. Secondo Hublin e colleghi, i fossili di Jebel Irhoud rappresentano la migliore prova paleoantropologica trovata finora dell'esistenza di di una fase "pre-moderna" nell'evoluzione di H. sapiens.

Il secondo articolo, a prima firma Daniel Richter, descrive i risultati dell'analisi, condotta con una tecnica di termoluminescenza, dei resti di utensili scoperti nel sito marocchino, che sono attribuiti al Paleolitico Medio (300.000-40.000 anni fa).

I resti di animali ritrovati negli stessi strati mostrano inoltre una manipolazione umana e i resti di carbonella indicano un probabile controllo del fuoco.

Si tratta in definitiva di artefatti simili a quelli già descritti in altri siti dell'Africa orientale e meridionale, ma di epoca molto più remota: l'accuratezza della datazione li rende i più antichi artefatti paleolitici associabili a H. sapiens.