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24 Settembre 2013 PALEONTOLOGIA
A cura di Roberto Casartelli (Gruppo Astrofili Lariani) http://albeseconcassano.wordpress.com
STUDIO ASTRONOMICO SU UN MASSO COPELLIFORME
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tempo di lettura previsto 4 min. circa

Ottenuta l'immagine (disegno dell'anno 1901 di Antonio Magni) ci si è orientati verso il riconoscimento di un'opera celtica per la somiglianza con altri reperti catalogati da studiosi e ricercatori di sicura validità.

Si è proceduto subito a un esame di massima per riconoscere nella disposizione delle coppelle un eventuale asterismo corrispondente a qualche costellazione celeste.

Logicamente è stata effettuata una ricerca nella sola volta boreale, essendo sconosciuto il cielo australe nelle epoche in cui i popoli celti erano all'apice della propria civiltà.

La comparazione è stata effettuata su atlante stellare cartaceo e planetario computerizzato, senza poter riscontrare analogia alcuna, anche considerando schemi di più asterismi: anticamente le stelle non erano "catalogate" secondo gli attuali canoni in costellazioni aventi una ben precisa e delimitata area celeste.

Ci si è orientati perciò in un'altra direzione nella ricerca. Partendo dalle conoscenze già acclarate sulla civiltà celtica, le stagioni e le festività proprie, si è potuto fissare un lasso di tempo più mirato e preciso in cui effettuare la ricerca.

Si è preferito iniziare dalla festività di Imbolc, dedicata alla dea Brigh, per un'intuizione senza alcun riscontro scientifico. Il culto di Brigh nella trasposizione cristiana è rivolto a Santa Brigida e alla Madonna Addolorata (delle Sette Spade). Perché sette sono anche i raggi che si dipartono dal corpo di Brigh, la Luminosa. E alla Madonna delle Sette Spade è dedicato il tempietto che si trova a poche centinaia di metri dal sito in cui era stato ritrovato il masso cupelliforme.

La festività di Imbolc, che segnava la fine della morsa invernale e l'inizio della primavera, era determinata dalla levata eliaca (il sorgere immediatamente prima del Sole) della stella Capella (la capretta), l'alfa (α), la più luminosa della costellazione dell'Auriga.

Alla nostra latitudine (circa 46° Nord), nel V-IV secolo a.C., l'apice della civiltà celtica, Capella aveva la levata eliaca intorno al 17-18 marzo.

Utilizzando il planetario elettronico Cartes du Ciel è facile fissare una data (dal 5000 a.C. al 5000 d.C.) per osservare l'aspetto dei cielo in quel momento. E quella del 17 marzo restringe di molto la ricerca. Si può infatti osservare che il Sole è giusto sotto l'orizzonte quando Capella è appena sorta.

Restringendo il campo attorno a Capella (tra Est e Sud-Est) non è rintracciabile alcun asterismo similare alla figura richiamata dalla disposizione delle coppelle. E quale di queste corrisponde all'α dell'Auriga?

Bisogna perciò cercare di intuire il disegno inciso sulla pietra circa 2500 anni fa.

A cosa può corrispondere la coppella più grande all'estremità con al suo interno una più piccola?

Non certo un transito di Mercurio o di Venere sul Sole (invisibili senza l'ausilio di strumenti moderni: filtri per telescopi o specole solari) e ancor meno il passaggio di un oggetto sul disco della Luna (un asteroide all'interno dell'orbita lunare avrebbe una velocità talmente elevata da impedire un'osservazione non casuale e di scarsa importanza per l'osservazione sistematica del cielo).

Più facile che possa trattarsi del simbolo di levata eliaca di un astro (Capella), il più facile per raffigurare una stella che sorge insieme al grande disco solare, non potendo disporre di una vera e propria mappa stellare.

A questo punto è possibile assimilare al parallelogramma delle quattro coppelle più vicine quattro stelle prossime a Capella e di poco sopra l'orizzonte: le stelle α (le più luminose) delle vicine costellazioni di Perseo (Mirfak/Algenib), Cassiopea (Schedir), Ariete (Hemal) e Andromeda (Alferaz).

In particolare se si considera la loro disposizione raffigurata in modo speculare come era in uso in quelle epoche e anche in altre più recenti. In pratica venivano "ricordate" nella pietra come si vedrebbero in uno specchio le loro luci.

Le due coppelle sotto Alferaz potrebbero essere solo dei "puntatori" che indicano dove si trova il Sole che tra poco sorgerà o riferirsi ad altre stelle minori o alle "stelle mobili" che transitano sull'eclittica, la linea immaginaria percorsa dal Sole nel suo moto annuo fra le stelle. Anche i pianeti e la Luna percorrono nei loro moti orbite vicine all'eclittica e, nella ricerca di eventuali oggetti che potessero essere comparati alle coppelle, si è potuto osservare che, alle 6.16 del 26.03.487 a.C., poco lontano dal punto della ricerca, si verificò una congiunzione molto ravvicinata di Mercurio e Venere con una sottilissima fetta di Luna agli ultimi giorni di vita.

Uno splendido tris di astri che potrebbero aver ispirato le tre coppelle tra di loro collegate con canali.

Questo ultimo simbolo è stato rinvenuto anche su altre iscrizioni rupestri e compare anche su una moneta celtica insieme al simbolo delle tre stelle concatenate che è raffigurato con le tre grosse coppelle collegate da canali, chiaramente di natura sacrificale.

É possibile riscontrare con queste ultime anche l'asterismo delle tre stelle che compongono la cintura di Orione (Alnitak, Alnilam, Mintaka), ben familiari agli antichi Egizi (le piramidi di Giza).

Ricerche effettuate con il computer nelle date delle tre altre feste celtiche, Trinox Samoni, Beltane e Lughnasa, non hanno evidenziato alcun schema stellare da comparare con le coppelle del masso dei Zocc.

È opportuno poter osservare dal vivo il masso per un più approfondito esame, ma attualmente lo stesso si trova malauguratamente coperto per la maggior parte da un recente manufatto che non avrebbe dovuto trovarsi lì.