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24 Marzo 2013 PALEONTOLOGIA
di Brian Clark Howard http://www.nationalgeographic.it
Otto specie estinte che potremmo riportare in vita
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tempo di lettura previsto 3 min. circa

Rinoceronte lanoso, mammut, dodo e moa sono tra gli animali che scienza e tecnologia potrebbero far riemergere dalle nebbie del tempo.

Un addetto di un museo ispeziona una replica di mammut lanoso (Mammuthus primigenius), una specie che si è estinta tra i 3.000 e i 10.000 anni fa. Nel marzo del 2012, scienziati russi e sudcoreani hanno annunciato una partnership per tentare di clonare il mammut e generarne un esemplare vivente.

National Geographic ha chiesto a Hendrik Poinar, genetista molecolare e bioantropologo presso l'Ancient DNA Centre della McMaster University di Hamilton, Ontario, se davvero vedremo presto i giganteschi mammiferi terrestri vagare di nuovo per le steppe. Poinar parlerà delle emergenti tecnologie coinvolte in questi progetti in occasione della TEDx Conference on DeExtinction in programma il 15 marzo presso la sede della National Geographic Society, a Washington.

"In alcune caverne, in Francia, esistono pitture rupestri con immagini di mammut che risalgono a 35.000 anni fa. Questi animali hanno alle spalle una storia incredibile", ha detto Poinar.

Il team di Poinar isola materiale genetico da fossili e resti ben conservati, e utilizza sofisticati strumenti di sequenziamento e di analisi studiando così l'estinzione delle specie, l'evoluzione e la diffusione di malattie infettive.

Poinar ha lavorato con campioni relativamente ben conservati di carcasse di mammut rinvenute nello Yukon e in Siberia. I resti di mammut erano sepolti nel permafrost (suolo permanentemente gelato), spiega Poinar, per cui la degradazione del loro DNA era stata rallentata nel corso del tempo.

Nuovi strumenti nuovi geni

Nel 2006, il laboratorio di Poinar ha cominciato a mappare grandi sezioni del genoma del mammut, grazie a sequenziatori di DNA di nuova generazione che possono analizzare rapidamente milioni di frammenti. Fattore importante, questo, perché anche gli esemplari meglio conservati di mammut hanno filamenti di DNA spezzettati e ridotti in numerose sequenze più piccole, dal momento che la complessa molecola è altamente suscettibile a processi di decadimento.

"Non saremo mai davvero in grado di ricreare un genoma esatto, perché quando si hanno a disposizione solo brevi frammenti non esiste nessun modo per identificare il numero di ripetizioni delle sequenze", ha detto Poinar. Ma gli scienziati possono confrontare i frammenti tra loro per trovare aree di sovrapposizione, e mettere insieme i pezzi grazie anche alla mappatura e al confronto di quelle regioni con quelle del DNA del parente più prossimo del mammut, l'elefante asiatico.

"In teoria siamo in grado di utilizzare quelle informazioni per modificare i cromosomi esistenti con ciò che immaginiamo possa essere valido per i mammut", ha detto Poinar. Il risultato sarebbe un elefante-mammut ibrido, e una creatura del genere potrebbe teoricamente essere impiantata nel grembo di una madre surrogata elefante. Azzeccando la formula, la prole potrebbe essere un "mammut negli occhi di chi guarda", ha detto Poinar.

Dubbi

Poinar stesso si è posto qualche interrogativo sul perché gli scienziati puntino a fare una cosa del genere, e quali sarebbero le possibili conseguenze. "È perché abbiamo questa necessità di spingere sempre più in là i confini di ciò che è possibile, per il bene dell'innovazione?"

Poinar si chiede: "Tutto questo darebbe ai movimenti per la conservazione qualcosa di nuovo ed entusiasmante, oppure genererebbe apatia, facendo nascere nelle persone pensieri tipo 'perché mai dovremmo preoccuparci di salvare le specie a rischio se siamo comunque in grado di farle tornare in vita?'".

Secondo Poinar ci sono zone della Siberia che potrebbero ospitare le rinate popolazioni di mammut, che sarebbero probabilmente in grado di sopravvivere anche in un clima più caldo.

"Questo non significa che sia la cosa giusta da fare", ha aggiunto Poinar. "Per quanto al bambino che è in me piacerebbe vedere queste specie fantastiche ripopolare tutto il nord, è difficile vedere un motivo forte per cui dovremmo farlo, a meno che non pensiamo che questa tecnologia possa darci strumenti utili per la conservazione".

A questo proposito Poinar ha detto che la vera vittoria sarebbe adattare tali tecniche utilizzandole a sostegno delle specie oggi minacciate di estinzione, come i gorilla di montagna. >>>

TAG: DNA, Musei