Lo studio dei residui organici conservati nei frammenti di vaso provenienti dallo scavo del villaggio neolitico di Takarkori in Libia - datati a partire dal 5200 a.C. - ha fornito la prima evidenza diretta dell'uso e trasformazione del latte vaccino ("daiyring") presso le comunità di allevatori che abitarono questo riparo nelle montagne del Tadrart Acacus, nel sud della regione del Fezzan. L'attestazione è la prima in assoluto e la più antica del continente africano.
Sebbene l'arte rupestre sahariana fornisca un eccezionale affresco delle attività pastorali del Neolitico - che include scene di mungitura - questa non ha mai potuto consentire una datazione certa, né si sono mai potute ricavare evidenze attendibili, seppur indirette, dallo studio dei reperti animali.La ricerca condotta da Stefano Biagetti e Savino di Lernia della Missione Archeologica nel Sahara della Sapienza, in collaborazione con ricercatori dell'Università di Bristol, si è basata sulle analisi di frammenti ceramici che hanno permesso di identificare residui di grassi interpretabili con certezza come latte trasformato. Il contributo rappresentato da questa ricerca va ben oltre l'occasionale scoperta di un reperto pur eccezionale, offrendo uno spaccato della vita quotidiana dei primi pastori africani e aprendo nuove prospettive evolutive che interessano l'intero continente. L'evidenza diretta e inequivocabile dello sfruttamento del latte e della sua trasformazione attraverso cottura indica un inizio assai precoce dell'allevamento bovino nel Sahara centrale - più antico di quanto comunemente ipotizzato - e spiega come il latte, grazie alla trasformazione in burro, yogurt o formaggio, potesse essere consumato e conservato.
La scoperta, pubblicata su di Nature, testimonia l'elevato sviluppo sociale ed economico raggiunto dai pastori del Neolitico medio nel Sahara centrale. Le evidenze archeologiche raccolte dalla Missione della Sapienza negli ultimi anni sulla diffusione della pastorizia nel Sahara sono molte, e includono resti di accampamenti, monumenti funerari e naturalmente la formidabile arte rupestre. Proprio le pitture parietali del Tadrart Acacus - patrimonio mondiale UNESCO dal 1985 - ci raccontano nei dettagli la vita dei pastori africani, i loro spostamenti, le cerimonie, la mungitura del bestiame, le mandrie - come rappresentato dalla foto di Roberto Ceccacci sulla copertina di Nature.
Università La Sapienza
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