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21 Ottobre 2004 ARCHEOLOGIA
Al-Ahram Weekly Online
UN´EREDITA´ PROVERBIALE
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L´Egitto è indiscutibilmente parte della tradizione biblica. Ciò emerge chiaramente non solo dal ruolo giocato dal paese come scenario di alcuni celebri episodi dell´Antico e Nuovo Testamento, ma per il contributo apportato alla visione del mondo ebrea, con i suoi linguaggio, cultura e pensiero.

Quest´eredità è stata oggetto di grande interesse per gli studiosi Europei e Americani nel corso dei primi tre decenni del XIX secolo. Linguisti di varia nazionalità hanno prodotto una pletora di articoli sull´argomento, come anche libri in diverse lingue. Tra gli ultimi, forse il più influente è stato il popolare e diffusissimo A History of Egypt [Una storia dell´Egitto], pubblicato nel 1905, seguito da una nuova edizione nel 1909, e da non meno di 14 ristampe fino al 1939.

Non molto tempo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, ad ogni modo - ad iniziare dal 1946 per essere esatti – i collegamenti ebrei con l´Antico Egitto presenti nei documenti storici sono stati del tutto trascurati. L´opera di Breasted è stata rimossa dalla lista delle letture consigliare dai dipartimenti di Studi Orientali nelle Università Occidentali, sostituito da The Intellectual Adventure of Ancient Man [L´Avventura Intellettuale dell´Uomo Antico], scritto da tre studiosi dell´Istituto Orientale di Chicago. Gli autori della nuova opera erano egittologi olandesi e l´orientalista Henri Frankfurt, in precedenza professore di antichità preclassica all´Università di Londra, l´archeologo egiziano John Wilson, ed il cuneiformista danese Thorkild Jacobsen.

Studi precedenti avevano tentato di illuminare l´interconnessione delle civiltà egiziane e mesopotamiche i cui resti materiali e patrimoni spirituali avevano a lungo occupato un ruolo centrale nei curricula degli studiosi e nelle esposizioni nei musei. Ad ogni modo, solo nel momento in il popolo ebreo, in quanto scelto da Dio (vedi Deuteronomio 14 1-2: "Voi siete figli per il Signore vostro Dio. Non vi farete incisioni, né vi raderete tra gli occhi per un morto. Perché tu sei un popolo santo per il Signore tuo Dio, il quale ti ha scelto fra tutti i popoli che sono sulla faccia della terra, affinché sia un popolo particolarmente suo.") divenne il centro della sua stessa storia, i paralleli letterari ed intellettuali iniziarono ad essere posti in secondo piano. I campi di specializzazione si moltiplicarono, e con l´aumentare del numero dei dipartimenti di "studi orientali" e di istituzioni archeologiche, cominciarono ad essere evidenziati i contrasti nella "visione del mondo" di differenti culture, piuttosto che le loro similitudini. Come risultato, molte teorie ed interpretazioni che erano state considerate in precedenza fondamentali, scivolarono in secondo piano.

Ad ogni modo, vi possono essere dubbi che fu l´Inno al Faraone Akhenaten, scritto nel XIV secolo a.C., ad ispirare il salmo 104:24 dell´Antico Testamento?

"Sono meravigliose le tue opere! Ci sono nascoste, o unico dio, i cui poteri nessun altro possiede. Perché tu creasti la terra secondo il tuo desiderio [...] tutti gli animali grandi e piccoli; e tutti sono sulla terra" (Inno di Akhenaten).

"Quanto sono numerose le tue opere, Signore! Tutte le hai fatte con sapienza; è piena la terra delle tue creature. Ecco il mare, grande e spazioso; lì vi sono rettili senza numero: animali piccoli insieme ai grandi. Lo percorrono le navi e il Leviatàn che per trastullarsi tu hai plasmato." (Salmo 104:24)

Breasted evidenziava le marcate somiglianze in pensieri e sequenze tra questi due passaggi. Osservava che il Faraone Egiziano "assommava in sé l´idea del dominatore del mondo, creatore della natura, nella quale il re vedeva rivelati i propositi del creatore per tutte le sue creature, perfino le più insignificanti... Egli basava l´universale oscillazione del Dio sulla sua cura paterna per tutta la razza umana, senza considerazione della razza o della nazionalità, e agli orgogliosi ed esclusivi egiziani lo indicava come il padre comune dell´umanità, ponendo persino la Siria e la Nubia prima dell´Egitto nella sua enumerazione."

Altri esempi simili abbondano. "Yaveh pesa i cuori" si legge nei Proverbi 21:2 [PR 21, 1 Simile a corsi d'acqua è il cuore del re in mano del Signore; a tutto ciò che vuole egli lo inclina. Ogni strada dell'uomo è retta agli occhi suoi; ma colui che pesa i cuori è il Signore.]

Il solo caso precedente di un dio che svolge una pratica simile si ha nella letteratura funeraria egiziana, dove questo metodo di giudizio viene esercitato al cospetto di Osiride nell´oltretomba.

Possiamo anche citare la descrizione biblica dell´uomo modellata da Yahweh: "Un vasaio, impastando con fatica la molle argilla, modella ogni cosa a nostro servizio. Ma dalla stessa argilla sono plasmati vasi destinati a usi nobili e quelli contrari, tutti allo stesso modo; quale debba essere l'uso di ciascuno di essi, giudice è il vasaio." (Sapienza 15:7).

Questa immagine è essenzialmente identica all´Antica Immagine egiziana dell´uomo modellato sul tornio del vasaio dall´argilla del Nilo dal dio dalla testa di ariete Khnum, una delle grandi divinità dell´Egitto. In questa connessione, è importante notare che un tempio ebraico fu costruito sull´Isola di Elefantina nel VI secolo a.C., immediatamente dietro il Grande Tempio di Khnum: di fatto, gli archeologi hanno mostrato che i due siti di adorazione si trovavano su livelli differenti.

Nel Libro dei Proverbi si tratta l´argomento della giustizia. Il comandamento: "Non spostare il vecchio confine che posero i tuoi padri. (Pr 22, 28) riflette chiaramente i precetti che si trovano nella "Letteratura della Istruzioni" egiziana, come anche i passaggi del Capitolo 11 sull´invidia: "Non invidiare la proprietà del povero agricoltore, né affamarlo del suo pane: il boccone ti si fermerà nella gola, e ti si rivolterà nello stomaco".

Tali sorprendenti somiglianza tra la "Letteratura delle Istruzioni" di un saggio egiziano chiamato Amenemope ed il Libro dei Proverbi non possono essere liquidate in modo sbrigativo. Nel Capitolo 13 dei Proverbi sulla morale e sull´amore tra vicini, leggiamo: "E´ meglio essere apprezzato per l´amore tra vicini che avere ricchezze nella dispensa; è meglio condividere il proprio pane con buona coscienza che avere ricchezze pesate sul biasimo" Ciò ripete in modo quasi pedissequo un verso della Letteratura degli Istruzioni; come nel capitolo 27, sulle considerazioni sugli afflitti: "Non affliggere il cieco, né deridere il nano, né interrompere il percorso di uno zoppo".

I prestiti e gli scambi da una cultura all´altra sono una parte naturale della crescita intellettuale, ed il fatto che il processo operi in entrambi i sensi serve solo ad enfatizzare questa fondamentale verità. Le parole e le metafore egiziane tradotte in ebraico possono essere affiancate alle influenze che operano in senso inverso – le parole ebraiche ed i nomi che sono penetrati nell´antico linguaggio egiziano. Ad ogni modo, la di gran lunga maggiore e più persuasiva quantità di prove indica chiaramente la precedenza della più antica e duratura civiltà dell´Egitto.

Vi furono contatti tra l´Egitto e la regione della Siria-Palestina già dal periodo del Medio Regno, attorno al 2, 000 a.C., quando l´Egitto esercitava un dominio economico, se non politico, sulle terre del Levante. E´ in questo periodo che ebbe inizio la migrazione dei patriarchi ebrei da e verso l´Egitto (Genesi 12:10). Aumentò il numero dei contatti nel corso del Nuovo Regno, specialmente a seguito della conquista di Thutmose III, il creatore del vasto impero egiziano. Thutmose si recava in guerra regolarmente ogni estate e ritornava in Egitto verso la fine di settembre. Gli "Annali di Thutmose III" che sono iscritti sulle pareti esterne del santuario di Karnak offrono dettagli delle città e tribù sottomesse nel corso delle sue campagne militari.

Thutmose non era un guerrafondaio, e non incaricò mai i governatori egiziani di regnare sui territori conquistati. Piuttosto, egli dava potere ai capi locali e cercava di incrementare le relazioni culturali, portando i figli dei capi delle tribù straniere in Egitto. Qui avrebbero assorbito la cultura, l´ideologia e la religione egiziana, prima di tornare nelle loro terre d´origine. Il possesso da parte dell´Egitto della regione Siriano-Palestinese fu perduto al tempo di Akhenaten (1403-1348), ma vi sono evidenze da circa 400 tavolette d´argilla scoperte presso la capitale del faraone Tel Al-Amarna (scritte in Accadico, la lingua franca del tempo) di lettere dai governatori delle città stato del Levante, che si trovavano sotto il controllo Egiziano, e copie delle risposte. Da esse noi apprendiamo che uno degli scribi reali dei governatori di Tiro era egiziano.

I contatti tra l´Egitto ed il popolo ebraico aumentarono durante il cosiddetto Periodo del Declino che seguì il Nuovo Regno. Davide, un membro della casa reale degli Edomiti, rifugiò in Egitto e gli fu dato asilo politico da un faraone non nominato (1 Re 11:14-22). Salomone sposò una principessa Egiziana (1 Re 3:1) ed il palazzo da lui costruito per lei aveva un design egiziano; egli inoltre modellò le sue scuole di scrittura su quelle egizie. Nessuna meraviglia dunque che un grande numero di parole, frasi e concetti egiziani presi in prestito, sarebbero state mantenute ed incorporate nell´Antico Testamento, insieme ad un gran numero di espressioni idiomatiche, e due unità di misure egiziane.

Alla fine del VII secolo a.C., una colonia di soldati mercenari ebrei si stabilì sull´isola di Elefantina ad Aswan. Da questo, e da altri siti come Saqqara, Edfu ed Ermopili Magna (oggi Ashmunein), proviene una grande quantità di lettere e documenti legali e d´affari. Questi testi contengono evidenze dell´influenza egiziana, specie con riguardo ai nomi ed alle pratiche religiose. Un esempio particolarmente eloquente sopravvive in un papiro che si legge: "Ti benedico nel nome di Yahweh e di Khnum".

La caduta di Gerusalemme a Nabucodonosor nel 587 a.C. fu seguito da una migrazione verso l´Egitto su larga scala (Ger 41:16). Qui gli immigranti si unirono alle già sostanziose colonie ebraiche, la cui esistenza è ricordata dal profeta Geremia (14.8, 44:1) e confermata da evidenze archeologiche nel Delta, a Menfi (capitale dell´Egitto per circa 1, 000 anni, ed importante centro religioso e commerciale per tutti i 3, 000 anni dell´antica storia del paese) e nel Medio ed Alto Egitto.

La "letteratura del sapere" di Amenemope è un pezzo chiave in questo complesso puzzle. Consiste di circa 30 detti scritti in demotico, su un papiro attualmente custodito al British Museum, e generalmente attribuito dagli studiosi al periodo Ramasside tra il 1320 ed il 1080 a.C. Era parte di una documentazione scritta che sarebbe stata tradizionalmente tramandata da padre in figlio, e che i bambini della scuola avrebbero copiato di generazione in generazione come testi campione per far pratica nella scrittura manuale.

Miriam Lichtheim, autore di Ancient Egyptian Literature, scrive che il Libro dei Proverbi ricorda da vicino il testo di Amenemope, non ultimo nell´essere stato un´opera composta accuratamente ed unificata. Si riferisce in particolare alla dichiarazione finale dei Proverbi: "Non ho scritto per voi trenta detti di ammonizione e conoscenza" aggiungendo: "Non è possibile dubitare che l´autore ebraico de [il Libro dei] Proverbi, fosse a conoscenza dell´opera egiziana e prese a prestito parte di essa."

Nel suo capitolo su "Egitto ed Israele" ne The Legacy of Egypt (Seconda Edizione), Ronald William cita il passaggio in cui Amenemope invita alla risolutezza della mente nei seguenti termini: "Tieni saldo il tuo intelletto; non guidare con la lingua; la lingua di una persona è il timone di una barca" William evidenza che questa immagine sopravvive intatta nella Bibbia, nella forma seguente: "Pensa alle navi... per quanto siano sospinte dai forti venti, sono indirizzate da uno strumento molto piccolo... così anche la lingua è una parte piccola, ma guida tutto il resto".

Per generazioni, il dibattito del mondo accademico si è infiammato sulla questione del monoteismo dell´Egitto – se gli antichi egiziani credessero o meno in una divinità suprema che evolveva in un riflesso celeste del regno terreno (ovvero che si riproducesse nelle sembianze e con le qualità del suo regno terrestre), insieme alle divinità provinciali ritratte nelle tombe e nei rilievi dei templi.

Per l´egittologo Gaston Maspero e per gli autori de The Intellectual Adventure of Ancient Man, gli egiziani erano inizialmente politeisti. Ad ogni modo, l´opinione contraria prevaleva tra gli esperti precedenti. Lo studioso francese Emmanuel de Rougé (1868) era convinto che la religione dell´Antico Egitto fosse originariamente e fondamentalmente monoteistica, e fu seguito in questa sua convinzione, sebbene con qualche riserva, dall´Egittologo e Storico della Religione inglese Peter le Page Renoulf, che pubblico le sue Lectures on the Origin and Growth of Religion 10 anni più tardi.

Tra i ricercatori delle generazioni successive, Heirich Brugsch collezionò sorprendenti passaggi da un´ampia gamma di testi per sostenere la sua convinzione che la religione degli Antichi Egiziani fosse una forma pura di monoteismo; Paul Pieret offre una chiara evidenza in questi testi che gli Antichi Egiziani credessero in un Dio Infinito ed Eterno; e Auguste Mariette condivideva questa stessa interpretazione, come anche James Breasted.

In questi giorni, si assiste ad una tendenza che vuole tornare agli scavi ed agli studi dei primi studiosi, per riassettare il loro lavoro alla luce degli oggetti e delle evidenze archeologiche che potrebbero avere trascurato, e rivalutare le loro conclusioni. Forse il tempo è maturo per ri-aprire il caso di quale sia il debito dell´antica dottrina ebrea verso le antiche fonti Egiziane.