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4 Marzo 2011 ARCHEOLOGIA
ilfattostorico.com
RITROVATI 27 UOMINI, DONNE E BAMBINI "SCARNIFICATI" RESTI DI UN IGNOTO RITO FUNEBRE
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In Nepal, nella regione del Mustang, i resti di 27 uomini, donne e bambini sono stati trovati in un sistema di grotte artificiali nei pressi del villaggio di Samdzong, a 4.200 metri sopra il livello del mare.

Molti dei corpi, sepolti circa 1.500 anni fa, erano stati scarnificati: secondo i ricercatori, si tratta di un rito funebre himalayano che finora era sconosciuto.

Il recupero dei resti è stato affidato a scalatori molto esperti poiché, a causa dell'erosione, le grotte e l'intera parete rocciosa sono molto instabili.

Secondo gli studiosi, i cadaveri erano stati adagiati su ampie mensole di legno, ma dopo secoli di esposizione agli elementi le mensole sono crollate.

Quando i ricercatori sono entrati nelle camere sepolcrali, hanno trovato le ossa sparse a terra assieme a resti di capre, vacche e cavalli, forse sepolti assieme ai morti come offerte sacrificali.

Nell'antichità, probabilmente, l'accesso alle grotte era reso più facile dalla presenza di sporgenze rocciose e forse anche dall'uso di scale. Ma da allora l'erosione ha fatto sì che solo esperti come Segal o Pete Athans, veterano dell'Everest e co-leader del team, potessero raggiungerle.

"Sotto i nostri occhi, stanno scomparendo tutte le tracce che potrebbero farci capire quando e da chi sono state scavate queste grotte", avverte Athans. "La tomba che abbiamo scoperto è in grave pericolo; si trova in una matrice rocciosa molto fragile, che è già crollata in passato. Non credo che la tomba sarebbe sopravvissuta a un'altra stagione dei monsoni".

I nuovi reperti sono solo i segni più recenti della presenza umana su quelle rocce inaccessibili: anche nell'antichità, sottolinea l'antropologo Mark Turin, l'isolamento esercitava un fascino notevole.

"Oggi i monaci vanno a vivere in monasteri remoti, ma i resti trovati risalgono a un'epoca molto precedente alla fondazione dei primi monasteri", dice Turin, direttore del Digital Himalaya Project dell'Università di Cambridge.

Aldenderfer e i suoi colleghi ritengono che la pratica di scarnificare i cadaveri e seppellirli nelle grotte potrebbe essere l'anello di congiunzione tra due rituali funebri ben conosciuti: quello zoroastriano, più antico, che imponeva di scarnificare i corpi e dare la carne in pasto agli animali, e la successiva "sepoltura celeste" dei tibetani, in cui il corpo viene tagliato ed esposto alle intemperie e agli uccelli.

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