

Nella prima metà degli anni Settanta un collaboratore del professor Barry Fell, di nome John William, scoprì nella Widener Library dello Harvard College una copia d'un curioso documento, stampato a New York nel 1866, incluso in un libro sugli indigeni wabanaki del Maine. Si trattava d'unsolo foglio, scritto dal missionario francese Eugène Vetromile, un sacerdote che aveva predicato agli indigeni, ed era intitolato "La preghiera del Signore in geroglifici Micmac"(1).
Al primo sguardo, Barry Fell si rese conto che almeno la metà dei segni geroglifici di quel foglio erano simili ai geroglifici egizi, nella loro forma semplificata detta "ieratica". Ciò che destava maggior sorpresa - e il sospetto d'una mistificazione - erano però le precise corrispondenze tra i significati dei segni egizi e la trascrizione in inglese del testo micmac, riportato nel documento.
Era stato scritto che certe tribù del nord-est americano usavano una scrittura geroglifica "inventata dai sacerdoti missionari, che trovarono più semplice insegnare agli indigeni tramite l'uso dei geroglifici". Ora invece sembrava che alla costruzione della scrittura dei micmac avesse contribuito qualcuno che possedeva una buona familiarità col sistema dei geroglifici egizi.
I micmac sono una tribù d'indigeni algonchini che abitano nell'Acadia, la provincia più orientale del Canada-Québec, e sono in stretta parentela con diverse tribù del Maine note generalmente come wabanaki o "uomini dell'Est". I loro territori sono: la Nova Scotia (il "Vinland" delle cronache e delle presunte carte pre-colombiane), la Penisola di Gaspé, l'Isola Prince Edward, la metà orientale del New Brunswick. Verso il 1630 una banda di micmac occupò anche la parte S-W di Terranova.
Una frase, riportata dalla grande opera sulla scolarizzazione degli indigeni americani, affermava che "leggere e scrivere sono entrambi ignoti agli indigeni algonchini"(2). Tale affermazione faceva presumere la modernità di quel sistema di scrittura, tanto più che nel sec. XVIII il sacerdote francese Pierre Maillard aveva dichiarato di essere egli stesso l'inventore dei geroglifici micmac. Come avrebbe potuto - però - Maillard conoscere i geroglifici egizi, per inventare il sistema di scrittura micmac? L'esame delle date mostra immediatamente l'impossibilità di ciò, poiché Maillard morì nel 1762, sessantun anni prima che Champollion pubblicasse la prima decifrazione della "stele di Rosetta". Qualsiasi somiglianza tra il sistema di Maillard e quello egizio doveva quindi essere puramente casuale.
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Fig. 1 - Il territorio dei Micmac |
Fell chiese a John William di cercare altri esempi della scrittura
micmac, nella Widener Library o altrove. John riuscì presto
a trovare la copia d'un libro di 450 pagine in geroglifici micmac,
opera del citato padre Maillard, che conteneva gran parte del messale
romano, un catechismo, una storia religiosa, e la traduzione di
salmi ed inni. Era stata stampata a Vienna negli anni 1863-1866,
da manoscritti originali lasciati ai micmac dal padre Maillard alla
propria morte, nel 1762.(3) Vi si trovavano centinaia di
diversi segni geroglifici, una parte considerevole dei quali appariva
chiaramente derivata da - o identica a - quelli dell'antico Egitto
o ai loro segni equivalenti in scrittura ieratica.
Fell si convinse che il sistema di scrittura dei micmac e parte
della loro lingua fossero derivati dall'antico egizio. Come poteva
essere? Certamente Maillard avrebbe potuto decifrare segretamente
egli stesso la lingua egizia; d'altra parte, non si sa se avesse
viaggiato in Egitto o fosse stato coinvolto in qualche attività
diversa dalla cura del proprio gregge indigeno, che poi custodì
amorevolmente i suoi manoscritti per 120 anni. Ci si trovava di
fronte ad un gran mistero.
Dai documenti dei contemporanei di padre Maillard e dei suoi successori
appare che egli non inventò di sana pianta quel tipo di scrittura
ma, al contrario, prese in prestito e adattò un sistema già
in uso presso gl'indigeni, al tempo in cui il cardinale Richelieu
aveva inviato per la prima volta missionari francesi ad operare
con le tribù del Canada. Da diverse deposizioni risultava
che, quando la prima istruzione cristiana fu impartita ai micmac,
i sacerdoti francesi si erano accorti che, mentre essi predicavano,
alcuni ragazzi tracciavano segni su cortecce di betulla. I ragazzi
spiegarono che stavano annotando appunti di quanto ascoltavano.
Spiegarono - ad esempio - che una stella a cinque punte rappresentava
il cielo e un cerchio raffigurava la terra, e così via.
Il padre Eugène Vetromile riferiva la stessa cosa sugli indigeni
wabanaki, tra i quali egli aveva predicato nel Maine, ed il suo
racconto, il più illuminante, può essere riferito
anche ai micmac. Lo riportiamo e sottolineiamo che le sue affermazioni
erano appoggiate da altri missionari, in particolare dal Vescovo
di Arichat, Colin F. MacKinnon, un'autorità indiscussa per
quanto riguarda gl'indigeni micmac.
"Quando i primi francesi arrivarono in Acadia, gli indigeni
usavano scrivere su cortecce, alberi e pietre, ed incidevano segni
con le frecce o con pietre appuntite o altri strumenti. Erano abituati
a spedire pezzi di corteccia, con tali segni, ad indigeni d'altre
tribù, ed a riceverne risposte scritte alla stessa maniera,
come facciamo noi con le lettere e gli appunti. In tempi di guerra,
i capi inviavano circolari, fatte allo stesso modo, a tutti i loro
uomini, per chiedere pareri e dare indicazioni".
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Fig. 2 - In alto: La versione del Salmo 116 (Non nobis Domine) in geroglifici micmac, trascritta nel 1738 ca. dall'Abbé Maillard. In basso, lo stesso testo trascritto in geroglifici egizi. |
Padre Vetromile prosegue dicendo di possedere tre manoscritti nello
stile dei geroglifici micmac. Fell però non riuscì
a rintracciare in alcun luogo quei manoscritti, due dei quali scritti
da indigeni. Vetromile aggiunge:
"Alcuni indigeni (al tempo delle prime missioni francesi) possedevano
nei loro wigwam (tende) una specie di biblioteca, composta di pietre
e pezzi di corteccia, e gli uomini-medicina avevano lunghi manoscritti
di tal carattere peculiare, che leggevano per le persone malate
Gl'indigeni affermano che con quei segni si può esprimere
qualsiasi idea, senza incertezze, come si fa con la scrittura. Quando
i missionari francesi arrivarono in questa terra, fecero uso di
tali segni, così come li trovarono, al fine d'istruire gl'indigeni.
I padri Mainard (sic, ma senza dubbio si tratta di Maillard) e Le
Loutre li migliorarono, e ne furono aggiunti altri per esprimere
la dottrina ed i misteri della religione cristiana".(4)
Padre Vetromile ricorda che simili tipi di scrittura erano in uso
presso tutte le tribù algonchine del nord: i micmac, gli
wabanaki, inclusi gli etchemi del New England settentrionale. Riferisce
di avere incontrato vecchi indigeni a Oldtown, Maine, che si ricordavano
d'un tempo in cui si scriveva in verticale, così come in
orizzontale (come oggi) e in entrambe le direzioni. Aggiunge:
"Spero che questo tipo di scrittura non debba soffrire la dimenticanza
ed il silenzio, tra le rovine del tempo, ma che la sua memoria possa
essere trasmessa alle età future, per mostrare l'antichità
e l'educazione del nobile e gentile - benché sfortunato -
Abnaki".
Grazie alla perseveranza degli indigeni d'Acadia, in particolare
dei micmac, e grazie anche alle azioni intraprese dai missionari
francesi, l'augurio di padre Vetromile è stato adempiuto
dalle scoperte del prof. Fell e del suo gruppo di ricerca.
La prima domanda che essi si sono posti è stata: "I
micmac e gli altri algonchini possono essere i discendenti di coloni
anticamente venuti dall'Egitto?" La risposta è certamente:
"No", perché la loro lingua è algonchina.
Ad ogni modo, è presente un vocabolario egiziano, limitato
ma riconoscibile. Ciò suggerisce contatti con gente che parlava
egiziano - o libico - da cui possono essere state acquisite in prestito
quelle parole, allo stesso modo in cui fu acquisito il sistema di
scrittura.
Il sistema di scrittura è un'antica acquisizione degli algonchini?
Qui la risposta è apparentemente "sì"; perché
le diverse lingue algonchine, specialmente quelle delle tribù
del nord, sono ricche di vocaboli attinenti la scrittura e gli strumenti
per scrivere. Sono parole diverse da quelle francesi e inglesi,
ma talvolta simili a quelle dell'egiziano. Un'ampia lista di termini
di questa categoria si trova nel più vecchio dizionario wabanaki,
redatto nel Maine dal padre Sebastien Rasles (la cui opera missionaria
iniziò nel 1690). Il manoscritto originale del Dictionnaire
di Rasles è conservato nella biblioteca dello Harvard College.(5)
L'autore dichiara di averlo iniziato nel 1691, e vi stava ancora
lavorando nel 1724, quando fu ucciso da soldati britannici, durante
un attacco a Oldtown, Maine, ove si trova oggi il suo monumento.
Anche Rasles conosceva bene il sistema di scrittura geroglifica,
ma non ne fece uso.(6)
"Sembra chiaro che gente di lingua iberica e punica sia arrivata
nello Iowa nel sec. IX a.C. e che usasse un regolatore del calendario
di pietra, del quale sembra che sapessero leggere le scritte in
geroglifici egiziani. I coloni avevano probabilmente navigato risalendo
il fiume Mississippi, per raggiungere la regione di Davenport.
Potrei azzardare l'ipotesi che essi arrivassero a bordo di navi
della marina egiziana, al comando d'un navigatore libico, durante
la XXII Dinastia, detta libica, i cui faraoni erano uomini energici,
che favorivano l'esplorazione oltremare. ..
Probabilmente intorno a quel tempo giunsero altri sacerdoti-astronomi
egiziani, che accompagnavano altre spedizioni, come quella a Long
Island, New York, ed i viaggiatori libici che raggiunsero il Quebec,
ove lasciarono l'iscrizione che è stata ritrovata due anni
fa dal professor Thomas Lee della Laval University. Quei viaggiatori
potevano essere coloro che colonizzarono il New England, ed insegnarono
agli antenati dei micmac e degli wabanaki come scrivere coi geroglifici
egiziani. Poiché i geroglifici sono ideogrammi, e possono
essere letti (come idee, non come suoni) in qualsiasi lingua, non
sarebbe stato difficile per i libici o gli egizi istruiti insegnare
ai loro vicini ed agli indigeni nativi come leggere e scrivere i
loro geroglifici. Col passar del tempo, la moderna lingua algonchina
avrebbe visto la luce ed i geroglifici sarebbero stati pronunciati
in algonchino"(7).
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Fig. 3 - Confronti tra i geroglifici micmac e quelli dell'antico Egitto. I primi erano già in uso nel 1738, quando l'Abbé Maillard scrisse il suo Manuel Hiéroglyphique Micmac, mentre i segni egizi non furono decifrati sino al 1823, quando Champollion pubblicò il suo primo studio sulla Pietra di Rosetta. Gli ideogrammi qui presentati mostrano che gli antenati dei Micmac avevano familiarità con i metalli e che usarono gli stessi segni degli antichi Egizi per indicare l'argento e l'oro. |
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Fig. 4 - Altri esempi di confronti tra le due scritture geroglifiche. Quella micmac è desunta dal manoscritto dell'Abbé Maillard, sviluppato tra il 1738 ed il 1762. Sembra che alcune migliaia di quei segni siano derivate da modelli egiziani, ma ls decifrazione dei geroglifici dell'antico Egitto ebbe inizio solo nel 1797, quando Zoega interpretò il segno che indicava il termine "nome" in un cartiglio. Appare evidente che una possibile trasmissione della scrittura geroglifica nel Nord America deve aver avuto luogo più di 2000 anni fa, quando quella scrittura era ancora in uso in Egitto. |
Gli algonchini
La nazione algonchina comprende il gruppo linguistico più
numeroso e più ampiamente disperso tra gli amerindi del Nord
America. Dai montaignais del Labrador meridionale, a nord-est, essi
spaziano attraverso il Canada verso ovest, sino alle Montagne Rocciose.
Negli Stati Uniti essi occupavano un tempo le terre costiere dell'Atlantico,
verso sud sino alla North Carolina e verso l'interno sino al Kentucky,
circondavano il saliente degli irochesi verso est e arrivavano a
nord sino al Maine ed alla Nuova Scozia e ad ovest raggiungevano
a nord il Minnesota, dove si congiungevano con la fascia algonchina
del Canada. Si conoscono una cinquantina di dialetti tribali.
Ad est, gli algonchini non occupano più i loro territori
tribali, ma si sono incrociati in gran numero con i coloni moderni.
Tale integrazione era inevitabile, poiché dai vecchi dipinti
appare che gli algonchini dell'est somigliavano molto agli europei
del sud ed ai popoli mediterranei e che, quando adottarono vestiti
europei, era difficile distinguerli dagli altri coloni. Verso l'ovest
dei loro territori è evidente un aspetto più mongolico
e - pur se ignorassimo ogni altro particolare della loro storia
- potremmo ben supporre che le tribù algonchine occidentali
abbiano avuto una proporzione maggiore di antenati asiatici. Ciò
dipende dalla loro prossimità alla regione da cui dev'essere
passata l'immigrazione asiatica. Per le stesse ragioni, possiamo
supporre che gli algonchini orientali abbiano acquisito qualcosa
del loro aspetto da una qualche antica immigrazione proveniente
dall'Europa.
In questo capitolo discuto delle origini degli algonchini, alla
luce di tre principali fonti d'evidenza, ossia: che cosa dicono
le loro stesse tradizioni sulle origini e sugli antenati; quale
evidenza forniscano i resti archeologici conosciuti; e quale evidenza
emerga dai dialetti oggi parlati dagli algonchini.
Tradizioni
è prova di buonsenso ed anche di cortesia ascoltare, innanzitutto,
ciò che gli stessi algonchini hanno raccontato ai primi ricercatori.
Il primo resoconto pubblicato fu quello di John Johnston, un agente
della tribù shawnee, il quale scrisse, in una lettera del
7 luglio 1819(8):
"Questa gente conserva la tradizione che i suoi antenati abbiano
attraversato il mare. è la sola tribù da me conosciuta
che ammetta un'origine straniera. Sino ad epoca recente - ossia
al 1819 - hanno compiuto sacrifici annuali per celebrare il loro
arrivo sicuro in questo paese. Non sanno però da dove - o
in quale epoca - siano arrivati in America".
Forse è significativo anche il fatto che gli algonchini abbiano
mantenuto la tradizione, ancora viva quando Johnston redasse il
suo rapporto scritto, che esistessero altri popoli stranieri in
America, in tempi antichi. Johnston dice, su tale punto, che gli
algonchini l'informarono come segue:
"è opinione prevalente tra di loro che la Florida sia
stata abitata da una popolazione bianca, che usava attrezzi di ferro.
Piede Nero (un celebre capo) afferma di avere spesso udito dire
da parte dei vecchi che si trovavano spesso ceppi d'alberi, sotto
terra, che erano stati tagliati da strumenti affilati".
Queste tradizioni degli algonchini suggeriscono serie riflessioni.
Dobbiamo attribuire un'attenta considerazione anche ad un'altra
tradizione, che riguarda i nomi dati a certe stelle. La costellazione
dell'Orsa Maggiore era nota a diversi popoli mediterranei dell'Età
del bronzo, tra cui i greci, che la chiamavano Arctos, ed i romani,
per i quali era Ursa Major, entrambi nomi che designano lo stesso
animale , benché nulla tra le stelle del gruppo possa suggerire
un tal nome. Non sappiamo dire se i celti o gli iberi o qualche
altra nazione europea o mediterranea abbiano trasportato tale designazione
tradizionale in America, ma è un fatto che, quando Cotton
Mather interrogò gli indigeni natick di Boston sulle loro
conoscenze del moto delle stelle, scrisse (in una lettera indirizzata
alla Royal Society di Londra, nel 1696): "è stato sorprendente
per me scoprire che hanno sempre chiamato una regione della Via
Lattea Paukunnawaw, o Orsa, che è il nome con cui anche gli
europei l'hanno definita".
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Fig. 5 - 6 - 7 - Esempi di antica scrittura micmac (da una tavoletta conservata nel Museo di Davenport, Iowa), di moderna scrittura micmac (versetto 4 del Salmo 113, nella trascrizione dell'Abbé Maillard) e della sua evoluzione in tempi recenti (trascrizioni a stampa sviluppate a Vienna, dai manoscritti dell'Abbé Maillard). |
Nel dialetto micmac degli algonchini il termine usato per indicare
l'orso è mooeen, e nel 1884 il dr. Silas Rand annotò
e registrò il fatto che il nome micmac della costellazione
in oggetto è anche Mooeen. Tale fatto, con le osservazioni
di Cotton Mather, che parla d'una parola diversa, mostra il riscontro
d'una precisa trasmissione di un'idea astronomica tra il Vecchio
Mondo ed il New England e la Nuova Scozia, e che l'argomento non
può essere spiegato o accantonato come una semplice coincidenza
(o assonanza) di nomi. Secondo me tale fatto mostra che antichi
marinai recarono al Nuovo Mondo una conoscenza di antiche credenze
mediterranee relative alle costellazioni, ed in particolare a quella
che serve ai marinai per orientarsi e per determinare il trascorrere
del tempo, Ursa major.
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Fig. 8 - Edizione a stampa austriaca del manoscritto di Maillard (1865), che comprende oltre 600 diversi segni geroglifici. Si tratta del testo del Salmo 115. |
Queste tradizioni, per quanto appaiano modeste, sembrano implicare
almeno un antico legame culturale con popolazioni delle terre mediterranee
e dell'Europa.
Gli algonchini sarebbero di discendenza mista, con una proporzione
maggiore di sangue mongolico verso ovest ed una proporzione maggiore
di sangue europeo verso la costa orientale. Tale supposizione si
può confrontare con l'evidenza linguistica.
Ricercatori russi hanno raccolto vocabolari per circa 25.000 parole
dalle molte tribù nomadi che vivono all'estremità
nord-orientale della Siberia e delle isole adiacenti.(9)
Queste, con gli studi della struttura grammaticale delle lingue,
mostrano una chiarissima affinità con le lingue parlate nell'estremità
nord-occidentale dell'America. è chiaro che una comunicazione
ed anche una migrazione si è verificata tra l'Asia ed il
Nord America in tempi relativamente recenti. è altamente
probabile che una tale comunicazione e migrazione si sia prolungata
per migliaia d'anni.
Possiamo estendere gli studi alle lingue algonchine; i lavori in
corso mostrano che un numero sostanziale di radici siberiane ricorre
nei dialetti algonchini occidentali, e che la proporzione diminuisce
se ci si sposta verso est, nelle regioni del New England e della
Nuova Scozia. Ciò può essere illustrato tracciando
la distribuzione di specifiche parole lungo il percorso indicato.
Per esempio, il termine matsu, con altre forme simili, indica l'albero
nelle lingue siberiane del nord-est e la sua radice è ma-.
Nelle Americhe, termini molto simili a matsu sono usati per designare
l'albero in tutta la fascia degli algonchini, sino a raggiungere
il New England. Qui improvvisamente avviene un cambiamento e la
parola che designa un albero, nel dialetto wabanaki del Maine, diventa
abassi. Ebbene, abassi - nelle lingue siberiane -significa "nemico":
come può indicare l'albero nel New England? La risposta è
semplice: non si tratta d'un termine siberiano, ma piuttosto d'una
parola semitica, ben nota, che significa "albero" e che
è ancora in uso ai nostri giorni nella lingua che si parla
in Israele, che mantiene parentele con l'antico fenicio.
Evidentemente, in questo caso come in altri, l'antica lingua siberiana
degli algonchini ha ceduto il passo, ad est, ad un termine d'origine
mediterranea. Una simile evidenza è provata da diverse centinaia
d'altri termini, di palese origine semitica, trovati nella moderna
lingua wabanaki, ma assenti nei dialetti algonchini occidentali,
dove sembra che i fenici non siano penetrati.
I termini celtici nei dialetti algonchini sono molti meno e si riferiscono
per lo più ad aspetti topografici, come abbiamo visto in
un capitolo precedente. La seguente tabella elenca alcuni altri
termini di probabile origine celtica, ancora in uso nei dialetti
algonchini del nord-est.
Tab. 1
Significati | Algonchino del Nord-est | Gaelico |
Donna | bhanem | ban |
Immigrante | alnoba* | allaban |
Rete | lhab | lion-obhair |
Città | odana | dun |
Ovunque | na'lwiwi | na h-uile |
Ghiaccio, neve | kladen | cladan |
Imbarcazione | pados | bata |
Monte | monaden | monadh |
Altezza | aden | ard |
Gola | cuiche | cuithe |
* letteralmente: persona
Si trovano anche immissioni sostanziali dal vocabolario egizio,
come appare da centinaia di radici identificate nel wabanaki e nel
micmac: nel caso della tribù micmac, anche il sistema di
scrittura è derivato dall'Egitto. Seguono esempi di radici
egizie, ancora in uso.
Tab. 2
Significati | Algonchino del Nord-est | Egizio |
Sole, dio-sole | Nepauz | N-b-w |
Luna, dea-luna | Nepauz-had | N-b-w h-d |
Fulmine | neem | n-h-m-h-m |
Sleale | nish | n-sh-w |
Stare eretto | nepau, nepattu | n-b-w, n-b-i-t |
Bambino | neechaw | n-kh-n-w |
Più (numerale) | nab | n-b |
Riportare | nayew | n-w-y |
Nutrire, proteggere | nadt-uppo | n-d o-b |
Chiedere notizie di | nadtow-wompu | n-d w-p-w-t |
Perciò | na | n |
Acqua, bagnato | neip | n-p-a |
Uno, una parte | nequet | n-k-t |
Guardare, vedere | na | n |
Essere debole | nauw | n-w |
I visitatori normanni sono arrivati in America, come è documentato
dai resti archeologici del Canada orientale. Possiamo aspettarci
in modo ragionevole di trovare tracce della loro visita nelle lingue
della regione, come il micmac, e - come mostra la seguente tabella
- esiste un'evidenza linguistica di tale fatto.
Tab. 3
Significati | Algonchino del Nord-est | Normanno |
Baia | bookt | bukt |
Imbarcazione | pados | bata (anche celtico) |
Il vento soffia | wejoo-suk | vejret sukker |
Sto bene | vel-ae | vel äro |
Diventa caldo | weksa-dek | vaeckser hedt |
Sballottare su e giù | weksit-paktesk | fiske efter torsk |
Gomena, fune | lab- | reb |
Dovere | mos | maa |
Tab. 4
Significati | Micmac | Egizio |
Scacchiera solare (simbolo ritrovato sulle architravi di templi, nel New England) | Atna-kuna (scacchiera) |
I - ln k-n (Scacchiera di Aton) |
Sole (o anche Luna) | Kisus | k-o-h-w s-sh-w (disco rggiante) |
Sorgere del sole | Waban | w-b-n |
Eclissi | Sokwet | s-k-t-t (barca notturna del sole) |
Cielo, volta celeste | Muskun | m-s-kh-n (dimora degli dei) |
Cielo, dimora divina | Wajok | W-a-dj-y-t (Dimora di Amon-Ra) |
Est, levante | Abn | i-a-b |
Cerchio | Oweaoo | o-w-o-w |
Oggetto di rame | Soom-alke | Soom-alikt (copto) |
Prefisso numerico | Tan- | t-n-w |
Stella | Wata | Libico w-t, Maori whetu |
Tempo trascorso, il passato | Sak | s-k-i |
A metà strada | Akta | a-k-a-y-t |
Semipieno | Akta-bak | a-k-a-y-t b-a-kh |
Estate, canicola | Nipk | n-b-i-b-i |
Ferragosto, mezza estate | Akta-nipk | a-k-a-y-t n-b-i-b-i |
La lingua micmac ha evidentemente acquisito dall'antico Egizio una gran parte del vocabolario tecnico ed astronomico. Nella seconda colonna da sinistra appaiono termini in lingua micmac, desunti dai vocabolari del Capo Sozap Lolo Kizitogw (1884) e del Dr. Silas T. Rand (1902). Nella colonna di destra, le parole corrispondenti in antico egizio, desunte dal Dizionario del Prof. Raymond O. Faulkner (1972). Occorre qualche ulteriore spiegazione. La scacchiera in caratteri geroglifici (scacchiera di Aton) indica il dio solare Aton. Non è chiaro perché gli venisse associata l'immagine d'una scacchiera, ma la parola micmac "atnakuna" implica lo stesso tipo di connessione. La "barca notturna del sole" era quella che nella religione egizia trasportava il sole di notte, quando era invisibile, e perciò è logica la sua associazione con l'eclisssi. Amon-Ra, il dio del Sole in persona, stava nel più alto dei cieli in certi periodi della storia egizia (come durante la XXII Dinastia libica, quando si presume che avvenissero i viaggi in America). La parola "wata" (stella) è oggi nota solo in contesti libico e polinesiano. Gli ufficiali della marina egizia dovevano saper scrivere ed i ranghi più elevati erano riservati a chi possedeva un diploma di scriba di prima classe (da FELL, America B.C.).
Queste tabelle offrono un semplice esempio d'indagini linguistiche,
ancora ben poco comprese. Nonostante le incertezze, dobbiamo prepararci
ad un ulteriore salto nella nostra concezione dell'Atlantico come
una barriera insuperabile tra l'Europa e i mondi americani, mentre
può essere stato una rotta allettante, libera dall'opposizione
di tribù ostili, che non richiedeva l'uso di forza bruta
per attraversarlo, ma ingenuità e tenacia. Se l'uomo europeo
del Neolitico ebbe il coraggio e la capacità dei suoi contemporanei
della Polinesia, potremmo scoprire che i primi navigatori transatlantici
fossero tra i primi antenati degli algonchini.
Indipendentemente dal fatto che l'uomo abbia attraversato l'Atlantico
- o non - in tempi neolitici, sembra ora indiscutibile che numerose
traversate ebbero luogo durante l'Età del bronzo, e che vi
furono anche traffici commerciali annuali, e viaggi per trasportare
coloni permanenti. I viaggi e le colonizzazioni, durante l'Età
del bronzo, furono praticati da popolazioni europee e mediterranee,
il cui vocabolario trapela in quello dei moderni dialetti degli
algonchini dell'est, e gli stessi algonchini dell'est sono in gran
parte i discendenti di quei primi visitatori.
Note:
(1) E. VETROMILE, The Lord's Prayer in Micmac Hierogplyphs,
foglio inserito in: E. VETROMILE, The Abnakis, New York, 1866.
(2) Dal Rapporto al Congresso del 1851.
(3) P. MAILLARD (1735-1762), Vienna Plates, collezione di
manoscritti geroglifici, ed. Kauder, Vienna.
(4) E. VETROMILE, The Abnakis, New York, 1866.
(5) S. RASLES S.J., Dictionnaire, manoscritto, iniziato nel
1691, conservato presso la Harvard Univ. Library; S. RASLES S.J.,
A Dictionary of the Abnaki Language in North America, Ed. John Pickering,
Mem. Amer. Acad. Arts Sci., XV, 1834, pp. 370-594.
(6) Una buona trattazione relativa alla lingua dei micmac
si trova sul sito internet: http://www.native-languages.org/mikmaq.htm.
(7) B. FELL, America B.C. (1. Ed. 1976).
(8) Ristampata nel primo volume di Archaeologia Americana
(p. 273), e poi ancora da SCHOOLCRAFT nel 1851, nel suo Indian Tribes
of North America.
(9) V.A. GORTSEVSKAYA, V.D. KOLESNIKOVA, O.A. KONSTANTINOVA,
Yevenskyisko-Russiskyi Slovar', Leningrad, 1958; G.M. VASILEVITCH,
Yevenskyisko-Russiskyi Slovar', Moskwa, 1958.
di Alberto Arecchi
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