

Introduzione
Siamo convinti che né le ipotesi di sviluppo di antiche culture
umane sul globo in epoche antichissime, né al contrario la
negazione di tale possibilità, siano strettamente legate
al dibattito su Atlantide, quale è presentata nei testi di
Platone. (1)
Pertanto, eviteremo d'affrontare argomenti relativi a culture e
civiltà estremamente antiche (di decine, se non centinaia
di migliaia d'anni). Ci sembra ben più importante trattare
la fase immediatamente anteriore alla storia scritta, ove i confini
della memoria umana sfumano nelle nebbie dell'epica e dei miti.
In tali nebbie, nelle epopee di dèi e semidèi, di
giganti e di titani, è in realtà adombrata gran parte
del processo di formazione delle antiche nazioni, ed è in
quella stessa palude nebbiosa che il racconto platonico colloca
l'esistenza di Atlantide: in un'epoca i cui protagonisti si chiamavano
Poseidone, Athena, Zeus, e potremmo ggiungere (oltre Atlante): Erakles,
Minosse… l'epoca degli dèi e dei titani, che appartiene
comunque alla preistoria ed all'epica dei popoli che si sarebbero
chiamati Elleni. Essi arrivarono al bacino del Mediterraneo non
decine di migliaia d'anni fa, ma in un'epoca compresa tra il 2000
ed il 1500 a.C. Armati di ferro, s'imposero alle culture del bronzo.
Abolirono la società matriarcale in nome di una nuova centralità
maschile, nella famiglia e nella religione.
Il profilo di assestamento dei corsi fluviali e delle pianure, asintotico
rispetto al livello del mare, genera estese zone fertili nei bassipiani
e fasce a regime torrentizio in posizioni più elevate. è
sempre stato naturale che i gruppi umani s'installino nelle fasce
di bassa pianura. Se oggi il livello medio dei mari dovesse repentinamente
innalzarsi di 130-200 m (come avvenne alla fine dell'ultima glaciazione),
quasi nessuna traccia rimarrebbe dello sviluppo tecnologico e della
civiltà umana odierni: sparirebbero fonti di energia e centrali...
rimarrebbero presenze umane organizzate d'alta quota, come la Svizzera,
il Tibet, il Swaziland e il Malawi, certo non in grado di riallacciare
da sole i legami con le fonti di energia, con l'economia e la scienza
a livello internazionale... rimarrebbero tracce, destinate a rimanere
nel mito. Certo, se ciò avvenisse nell'arco di decine o centinaia
d'anni, consentirebbe le migrazioni sugli altipiani, ma se la prima
ondata fosse improvvisa e violenta... sarebbe la fine per lo stesso
cuore delle società più sviluppate.
Lo scioglimento dei ghiacci dopo il periodo glaciale ha provocato
un innalzamento dei livelli medi marini di almeno 130 m, se non
di 200 m (nel corso - si presume - di diversi secoli, e c'è
chi propone una velocità di crescita di 10 m/secolo e quindi
una durata del processo di qualche millennio). Pur senza sapere
a priori quale livello potesse avere raggiunto l'evoluzione umana,
qualsiasi forma d'insediamento potesse avere l'uomo verso la fine
della glaciazione (approssimativamente 10.000 anni a. C.), quasi
tutte le tracce d'allora sono rimaste sotto cento-duecento metri
d'acqua. Ad esempio, in tutto il Mare del Nord e nella Manica attuale,
nel medio Adriatico per quanto riguarda il corso del Po, sul fondo
dell'Egeo, ecc.
Appare piuttosto ovvio e naturale che in ogni parte del mondo, su
fondali posti da qualche centinaio di metri sino alla superficie
marina, vi siano tracce d'insediamenti umani più o meno antichi.
Non è necessario attribuire tutti i fenomeni di sommersione
a bradisismi localizzati. Possiamo invece presumere che molti di
tali fenomeni, raggruppati, fossero causati dalla crescita dei livelli
marini:
A. una crescita generalizzata, conseguente allo scioglimento dei
ghiacci alla fine dell'ultima glaciazione;
B. crescite temporanee, ma talvolta irreversibili, causate da eventi
sismici o da "eventi Apollo" (corpi celesti entrati in
stretta relazione con gli elementi della crosta terrestre);
C. crescite locali, causate dalla naturale tendenza al livellamento
delle acque tra diversi bacini, una volta che questi (per eventi
naturali o artificiali, quali rotture di dighe o di istmi, per cause
sismiche o d'erosione ) entrino in comunicazione tra loro.
In particolare, la mia ipotesi relativa ad una collocazione dell'Atlantide
platonica al centro del Mediterraneo si è basata sull'ipotesi
dell'esistenza di due bacini chiusi, l'uno più elevato e
l'altro in depressione rispetto al livello generale dell'acqua degli
Oceani, che sarebbero improvvisamente divenuti "vasi comunicanti",
in una con il terzo bacino (rappresentato dal Mediterraneo occidentale,
in comunicazione con gli Oceani tramite il varco di Gibilterra).
E tale catastrofe avrebbe causato la scomparsa del bassopiano d'Atlantide,
con una nuova conformazione delle coste e dei mari che a noi appare
semplicemente normale, ossia"stabilita da sempre".
Invece, nel caso del Mediterraneo orientale, le quote d'affondamento
sono ben superiori a quelle di altri mari. Secondo una mappa d'Ibn
Ben Zara del 1847, ricopiata da mappe antiche, in passato le isole
greche sarebbero state più numerose. Una gran parte del fondo
del Mediterraneo sembra costituita da rupi e vallate, come se non
si trattasse di fondo marino, ma piuttosto di terraferma; infatti
capita di continuo che i pescatori subacquei scoprano strade ed
edifici molto più antichi e situati a maggiori profondità
negli abissi marini. Appare significativo - ad esempio - il nome
di "Banco Medina" (Medina, in arabo, significa città)
dato al fondale che - nelle nostre ipotesi - corrisponde alla giacitura
dell'antica capitale di Atlantide… Sprofondamenti ancora più
notevoli di edifici e di città preistoriche sono stati notati
nei pressi di Thera e vicino a Milo, dove Jim Thorne s'imbatté
per caso in una cittadella preistorica, sommersa alla profondità
di diversi metri.
L'Atlantide platonica
Appaiono chiari alcuni punti:
- la narrazione ripresa da Platone, nei suoi contorni storicizzati
dal racconto del sacerdote egiziano, si colloca al tempo dei "progenitori
degli ateniesi e degli abitanti della città egizia di Sais);
- le caratteristiche della società descritta sono quelle
di una cultura umana dedita alla navigazione ed all'agricoltura,
con strutture sociali articolate, con la conoscenza della metallurgia
dell'oro, del rame, del bronzo.
Se ci riallacciamo ad un'epoca connessa al mito degli antenati dei
greci ed alla loro presenza nell'area del Mediterraneo orientale,
andiamo "per forza" a toccare un periodo compreso tra
il 3000 ed il 1500-1200 a.C., corrispondente quindi alle prime 20
dinastie di faraoni egizi. In realtà della storia di quel
periodo e delle culture mediterranee sembra di sapere tutto, ma
conosciamo molto poco (ciò che è rimasto tramandato
nei sopravvissuti frammenti delle dinastie egizie), e la maggior
parte è avvolto dal mito: poemi omerici, leggende dei greci
delle origini.
Si pensi ai dubbi, da sempre espressi, sulla reale esistenza e sulla
collocazione di molti luoghi dei poemi omerici, si pensi alla "misteriosa"
civiltà cretese pre-minoica (quella della scrittura lineare
A), oppure a Malta, con i suoi templi megalitici ed i suoi misteri
ipogei, a tutti gli enigmi connessi ai Fenici (semiti o camiti?
da dove provenivano?). (2)
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Tin Hinan - Antinea, cosi' e' stata ribattezzata quest'immagine dipinta sulle rocce del massiccio dei Tassili (nell'attuale Algeria) intorno al 2300 a.C. |
Viaggi e contatti tra i continenti
Gli studiosi diffusionisti ipotizzano l'esistenza in epoca antica
di viaggiatori e di connessioni transatlantiche e transpacifiche,
di contatti marittimi tra i continenti. In epoca quanto antica?
Diciamo - per intenderci - prima degli sviluppi dell'epopea dei
popoli mediterranei, da interpretarsi come un "medioevo barbarico",
causato dalla supremazia dei guerrieri armati di ferro sui mercanti
civilizzatori, che avevano scoperto come fondere ed usare l'oro,
il rame e il bronzo.
Navigatori africani, polinesiani, cinesi, fenici. Val la pena di
citare anche l'annunciato ritrovamento presso Guanabara (Rio de
Janeiro), nel 1976, di due anfore romane del sec. II a.C., durante
un'esplorazione sottomarina, da parte dell'archeologo subacqueo
Robert Marx e di ricordare le successive segnalazioni di ritrovamenti
di relitti romani carichi di anfore nella baia di Rio de Janeiro
(1982) e nelle acque del Venezuela (1987). (3)
Desideriamo limitare l'indagine agli elementi connessi al nostro
argomento e in particolare trattare dei ritrovamenti in altre zone
del mondo (America e Oceano Pacifico) di forme di lingue e di scritture
alfabetiche riconducibili a culture dell'area mediterranea (libico-berbero,
fenicio, punico). Per motivi d'economia del discorso, saremo anche
obbligati a trascurare in questa sede la maggior parte delle indagini
condotte dal gruppo di Barry Fell su iscrizioni di matrice celtica,
incise con caratteri dell'alfabeto ogam.
Occorre fare riferimento - in particolare - a quanto ho già
scritto su Archeomisteri a proposito degli studi di Barry Fell e
di Gloria Farley. (4)
Ivar Zapp e George Erikson, nel loro libro Atlantis in America(5),
sostengono la tesi che gli antichi complessi cerimoniali non fossero
semplicemente insiemi di edifici rituali, ma osservatori dei moti
delle stelle e del cielo realizzati ad uso di popoli di navigatori,
tanto nell'antica Mesopotamia, come nelle culture dell'America centrale
ed in altre parti del mondo. La loro trattazione va all'indietro,
su un periodo di diverse decine di migliaia d'anni, e analizza in
modo particolare le culture pre-maya e pre-incaiche. Essi tendono,
nella loro logica, a collocare un'Atlantide in età molto
remota, come centro di navigazione di un'antica età dell'oro,
posta nel centro geografico delle Americhe (la zona degli istmi
dell'America Centrale).
"Gli uomini hanno costruito attrezzi per oltre 700.000 anni.
Probabilmente hanno inventato il linguaggio da un tempo altrettanto
lungo. L'Homo sapiens non ha dimostrato alcun cambiamento evolutivo
nel corso degli ultimi 100.000 anni… eppure i paleontologi
del sec. XX hanno accettato il concetto che l'uomo civilizzato possa
non essere più vecchio di 7-9.000 anni… ma come possono
spiegare l'espressione artistica trovata nelle Grotte di Lascaux
in Francia, e datata a 22.000 anni a.C., dotata di tale eleganza
e tale forza che l'Abate Henri Breuil li ha paragonati al primo
Rinascimento?". (6)
Gli autori ritrovano nei miti dell'antichità la ripresa di
fatti realmente avvenuti e tramandati secondo la logica dell'epoca.
Tutte le antiche civiltà raccontavano di antenati fondatori
che erano arrivati dal mare: Thoth in Egitto, Questzalcoatl e Kukulcan
nell'America centrale, Sume in Brasile, Oannes presso i Sumeri,
Viracocha nel Perù.
Conosciamo ormai bene il valore del mito, un tempo irriso…
Possiamo discutere che i resti di Ilio-Troia corrispondano a quelli
della città cantata da Omero, ma indiscutibilmente i suoi
ritrovamenti, con quelli di Micene e delle città cretesi,
hanno aperto nuove vie alla conoscenza di civiltà che sembravano
narrate soltanto da miti fantastici.
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La Dea dei Serpenti, statuetta dell'antica Creta. |
Le nostre ipotesi sono molto diverse, almeno per quanto riguarda
l'Atlantide descritta da Platone, nella quale - per quanto la si
voglia vedere come un "mondo ideale" - non riconosciamo
la culla né la madre di tutte le civiltà, e che riteniamo
dovesse trovarsi nel Mediterraneo… senza negare - come già
abbiamo affermato - la possibilità di civiltà e di
comunità umane evolute in epoche più remote, o in
altri continenti. Infatti anche i nostri autori partono dalla definizione
preventiva di "colonne d'Erakles = stretto di Gibilterra"(7)
e "grande mare ad Occidente = Oceano Atlantico", senza
alcun riguardo né per il fatto che tali nomi in antico non
inerissero a quelle realtà geografiche, né che in
età glaciale il Mediterraneo fosse irrimediabilmente un mare
chiuso, ben separato dalle acque degli Oceani, con i loro livelli
(quali che essi fossero). Il nostro Mediterraneo era costituito
da due o più bacini d'acqua con basso apporto idraulico,
e di conseguenza con livelli d'acqua nettamente più bassi
rispetto agli Oceani, e non si poteva immaginare - prima del grande
scioglimento dei ghiacci - una società marinara che viaggiasse
"dentro e fuori" di esso.
Nel quadro delle nostre ipotesi, pur in una molteplicità
di riferimenti difficili da reperire per una certa scarsa consuetudine
alla precisione accademica da parte degli autori, emergono da tale
studio una serie di interessanti considerazioni.
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La Dama di Elche, scoperta nel 1897. Si crede che raffiguri una divinità dell'antica Tartesso, città scomparsa nel 500 a.C. e che si crede fosse una colonia di Atlantide ubicata presso Cadice. |
Ritroviamo l'Atlantide di Platone
Le nostre elaborazioni relative all'Atlantide di Platone conducono
ad identificare una vasta pianura fertile, dell'estensione di quella
descritta da Platone, posta al largo delle attuali coste tunisine.
L'ampia pianura, compresa tra la Piccola Sirte, l'attuale Golfo
di Gabès e - a nord - la penisola di Capo Bon e l'estremità
occidentale della Sicilia, avrebbe costituito "l'estremo occidente"
del bacino Mediterraneo in cui navigavano i Pelasgi, i quasi mitici
abitatori dell'antico Mediterraneo, e sarebbe stata facilmente popolata
di elefanti e altre fiere africane, con datteri e banane, come dice
Platone, protetta dai venti freddi perché avvolta su tutto
l'arco ovest - nord - est dai rilievi di Tunisia e Sicilia... ecc.
ecc.
L'estensione della linea costiera di tale pianura e le sue distanze
dalle barriere rocciose - che dovevano delimitarla ad ovest verso
l'interno e a nord verso il mar Tirreno ed il Mediterraneo occidentale
- corrispondono molto da presso alle misure date da Platone nella
sua descrizione della pianura di Atlantide. Lo studio delle carte
nautiche, inoltre, presenta un fondale di profondità minore
di - 300 m (una sorta di isola) posta di fronte all'imbocco di quel
bacino di transizione tra i due bacini Mediterranei che abbiamo
paragonato col Mar di Marmara. Quel bacino di transizione, con i
suoi stretti di accesso e con l'alto picco di Pantelleria che lo
dominava da una quota di circa milletrecento metri sul mare d'allora,
suggerisce con forza un'antica collocazione in questa zona delle
"colonne d'Erakles" del mito greco. In origine, esso avrebbe
anche potuto costituire un bacino, come un ampio golfo, collegato
col Mediterraneo orientale, ma separato da quello occidentale da
un cordone di maggiore altitudine, nel quale la successiva erosione
delle acque abbia aperto uno o due varchi, dell'ampiezza di alcune
decine di chilometri.
Queste osservazioni sull'estremo occidente sono molto importanti,
perché ivi si collocano molti miti collegati con l'Aldilà
e il regno dei morti, il Giardino delle Esperidi e il regno di Atlante,
capitoli importanti dei miti di Erakles e degli Argonauti.
La Hespéris dei greci era l'attuale Benghazi, presso Cirene.
Apollonio Rodio (295 - 230 a.C.), nelle Argonautiche, nomina le
Sirti africane e cita nelle vicinanze il lago Tritonide, alimentato
dal fiume Tritone, con al centro l'isola che Erodoto chiamò
Phla (l'attuale cittadina di Tozeur). In seguito, il lago si trasformò
in un'estesa palude e finì per disseccarsi completamente,
lasciando solo un fondo di crosta salata (Chott el Djerid: palude
dei giardini, dei palmeti). (8)
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Gigantomachia, particolare del fregio settentrionale del Thesauròs di Sifnos a Delfi |
Malta, santuario della regalità
Molto interessanti sono le annotazioni di Zapp ed Erikson relative
a Malta.(9) L'isola, secondo le nostre ipotesi, era l'antica
roccaforte di Kalpe, ossia una delle originali colonne d'Erakles
(e, ancor prima, sede degli altari di Cronos(10), di Melkart,
di Atlante), e fu sottoposta all'enorme ondata che distrusse il
cuore di Atlantide, proveniente dal golfo della Sirte. Ebbene, gli
autori di questo studio osservano che i blocchi megalitici dei suoi
monumenti, alti oltre tre metri, appaiono abbattuti da un'enorme
ondata, proveniente da occidente, che li ha spinti sino a distanze
dell'ordine di 5-10 m dalle loro posizioni originali. "Tutte
le grandi lastre, che formavano una linea orientata da nord a sud,
e dovevano avere le facce più ampie che guardavano verso
ovest, sono state abbattute da una qualche grande forza, direttamente
da ovest verso est. Una grande lastra di tre metri per 60 cm, che
doveva costituire l'architrave orizzontale dell'ingresso principale,
è stata spostata per oltre sei metri verso est ed è
stata spezzata nella sua ricaduta".(11) E proseguono:
"Nessun terremoto potrebbe aver trasportato tali blocchi ad
una tale distanza, tutti nella stessa direzione. La sola spiegazione
possibile è che un'immensa ondata d'acqua, diretta da ovest
verso est, abbia causato l'incredibile distruzione". Dal confronto
tra le facce rimaste esposte e quelle coperte delle pietre così
abbattute, gli autori pensano che il cataclisma abbia avuto luogo
circa 5.000 anni fa (ma - evidentemente - i termini di fluttuazione
di tale ipotesi rimangono rilevanti).
La fine dei grandi navigatori dell'Antichità
Chi erano i Fenici? Gli storici della nostra cultura li hanno sempre
descritti come i primi grandi navigatori. Secondo Zapp ed Erikson,
essi furono piuttosto "gli ultimi" grandi navigatori dell'antichità,
insieme ai Celti (la cui flotta oceanica fu distrutta da Giulio
Cesare, in un celebre battaglia navale).
Si può supporre - in prima, certo inadeguata approssimazione
- che i Fenici fossero grandi navigatori che dominavano i mari dell'est,
rispetto al Mediterraneo, mentre Atlantide ed i Celti dominavano
le rotte occidentali.
Erodoto scrive che i Fenici arrivarono nel Mediterraneo dal Mar
Rosso, verso il 1200 a.C. Adottarono una scrittura di tipo alfabetico,
modello per le successive lettere usate degli alfabeti europei,
ma non è rimasta nessuna cronaca scritta delle loro imprese.
La loro civiltà è descritta come sempre protesa sul
mare, al commercio ed alla scoperta di terre lontane. Durante l'età
del bronzo andavano a reperire il rame e lo stagno dalle zone minerarie,
ma i generi di commercio includevano l'oro, le spezie, la porpora
da cui - secondo la tradizione - deriva il loro nome che significa
"gli uomini rossi". Dopo il 539 a.C., con la conquista
delle coste orientali da parte della potenza persiana, il centro
mediterraneo della cultura fenicia divenne Cartagine. Secondo i
racconti ripresi da Zapp ed Erikson, i Fenici e poi i Cartaginesi
conoscevano una lontana isola di Antilla, ricolma di abbondanti
ricchezze, e diedero corpo alla leggenda del continente perduto
per garantirsi la conoscenza esclusiva delle rotte atlantiche. Nel
sec. V a.C. molti Cartaginesi salparono verso la "nuova isola"
verdeggiante e la città rischiò di spopolarsi, sì
che i governanti dovettero proibire di passare le colonne d'Erakles.
Zapp ed Erikson ipotizzano quindi - seguendo gli studi di Barry
Fell e degli altri studiosi della corrente diffusionista(12)
- che Fenici e Cartaginesi conoscessero bene le rotte degli alisei,
quelle che più tardi furono sfruttate dalla flotta di Colombo.
A questo si ricollega il rinvenimento (fortemente contestato) di
una lastra di origine fenicia in Brasile, nel 1872, sulle sponde
del fiume Paraiba. Lo scopritore, Ladislau Netto, pagò il
ritrovamento con la fine della propria carriera di direttore del
Museo Nazionale di Rio de Janeiro. L'iscrizione fu dichiarata falsa
e scomparve. Il caso però fu ripreso nel 1967 da Cyrus Gordon,
direttore del dipartimento di studi mediterranei presso l'Università
di Brandeis. Secondo Gordon, l'iscrizione doveva essere autentica
e risalire al sec. VI a.C.
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Simulacro della Grande Dea Madre, da Malta (3000-2500 a.C.). |
Zapp ed Erikson sono convinti che la distruzione di Cartagine da parte della Repubblica romana (146 a.C.) e quella della flotta celtica da parte di Cesare (55 a.C.) abbiano bruscamente concluso l'epoca delle grandi navigazioni dei popoli mediterranei ed abbiamo posto il vero catenaccio alle "colonne d'Erakles", mentre continuavano i rapporti tra i popoli atlantici (vichinghi ed irlandesi) e l'altra sponda dell'Atlantico. Sino a che Colombo non ricercò nei testi delle biblioteche le tracce delle conoscenze dell'Antichità.
Pro-memoria sulle datazioni
Si pensa che Solone abbia compiuto il suo viaggio in Egitto verso
il 570 a.C.
Qualora si assuma come valida la lettura del tempo in mesi (mesi
lunari), dobbiamo valutare il fatto che un anno solare comprende
12 mesi lunari e 11/12 giorni (cfr. l'attuale calendario musulmano).
In tal caso, 9000 mesi lunari equivalgono a poco più di 725
anni solari.
Come Eudosso(13) anche Manetone(14) e Diodoro Siculo(15)
parlano di mesi per anni.
Il racconto di Platone collocherebbe dunque la grande espansione
di conquista di Atlantide, e la sua guerra contro gli antenati degli
Ateniesi, verso il 1295-96 a.C., mentre la terribile catastrofe
che pose fine a quel regno sarebbe avvenuta mille mesi (circa 80
anni) dopo, ossia intorno al 1215 a.C.
Se invece ci basassimo sull'anno egizio, che secondo Erodoto comprendeva
360 giorni e 12 mesi di 30 giorni ciascuno, 9000 mesi corrisponderebbero
a 750 anni e condurrebbero al 1320 a.C., e 1000 mesi dopo corrisponderebbero
all'anno 1237 a.C.
La catastrofica fine di Atlantide sarebbe così, ragionevolmente,
da collocarsi nel periodo 1240-1210 a.C.
Gli antichi miti dei Greci
Un dotto autore che si firma con lo pseudonimo "Michele di
Grecia"(16) riporta tutto ad una serie di conflitti
tra Greci e Cretesi.
Chi furono gli eroi di quella guerra? Proviamo a ritrovare nel mito
e nel racconto di Pausania(17) i nomi dei re che il sacerdote
di Sais elencò a Solone, secondo il racconto fatto da Platone
nei suoi Dialoghi.
Cecrope (figlio del primo mitico re Ethos), aprì le ostilità
- potremmo tradurre noi - col potere d'Atlantide, rappresentato
dal culto di Poseidone e dai Titani. In altri miti, lo stesso episodio
è presentato come se Athena, figlia naturale di Poseidone,
avesse rinnegato il padre per proclamarsi figlia di Zeus. Fu la
fine del matriarcato, come ricorda anche Sant'Agostino. (18)
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Particolare dei bassorilievi del santuario di Medinet Habu, in cui si celebra la vittorianavale di Ramses III contro i "Popoli del mare" (1200 ca. a.C.). |
Lo stesso Proclo sospettava che nel conflitto tra Dèi e
Titani si adombrassero le guerre sostenute dagli antichi Ateniesi
contro il popolo d'Atlantide ed i suoi alleati. Gli Antichi fissavano
anche la data più probabile della vittoria degli Dèi
contro i Titani, corrispondente al 1505 a.C.(19) Diodoro
Siculo narra d'averne sentito parlare in Egitto. Nella tradizione
egizia, si narra che "i Giganti attaccarono Zeus ed Osiride,
ma furono distrutti".(20) Val la pena di rilevare l'assonanza
di matrici sillabiche tra i nomi Atlanti - Titani e quello della
grande madre Tanith: Tl-N-T, T-T-N, T-N-Th.
Al tempo di Cecrope un "diluvio" colpì Atene. La
saga normanna dal titolo Oera Linda parla d'un popolo biondo, originario
della Frisia, con tradizioni matriarcali, che, dopo un diluvio che
distrusse la loro terra natale (chiamata Atland), migrò verso
il Mediterraneo, al comando d'una principessa guerriera (la dea
Athena dei greci), e fondò Atene. Secondo Oera Linda, Cecrope
fu il figlio d'una donna frisona e d'un sacerdote egizio ed era
"metà uomo e metà serpente".(21)
Questo mito di migrazione può riflettere l'arrivo dei popoli
Achei e Dori nell'area del Mediterraneo orientale.
Cecrope fu il primo a nominare Zeus quale dio supremo e ad abolire
i sacrifici di sangue, sia umani, sia di animali. Si iniziò
a bruciare sugli altari i pelanos, tipici pasticci confezionati
dai Greci.(22) Egli proveniva dalla città egiziana
di Sais. Sotto il suo regno ebbe luogo la disputa tra Athena e Poseidone
per il controllo sulla città di Atene,(23) disputa
che può coprire proprio una contesa relativa al predominio
sulla città dei Cretesi (Atlanti, o comunque loro alleati),
devoti al culto eponimo di Poseidone. "Poseidone fu il primo
a venire in Attica… e dopo di lui arrivò Athena"(24)
e in una tribù della regione del lago Tritonide si raccontava
che Athena, figlia di Poseidone, litigò col padre e si fece
adottare da Zeus.(25) Apollodoro e Diodoro Siculo concordano
sull'attribuire tali avvenimenti al periodo in cui regnò
Cecrope.(26) Sant'Agostino ricorda anche che il ruolo delle
donne nella società diminuì d'importanza: "Esse
non furono più ammesse al suffragio e i neonati non ricevettero
più il nome dalla madre".(27) Usanze matriarcali,
che si ritrovano - ad esempio - sia nelle società berbere,
sia nell'antica Creta e nell'isola di Malta, col culto della Grande
Madre. Ad esempio, Diodoro Siculo riferisce che i Cretesi avevano
elevato in Sicilia un tempio alle loro madri, "portandosele
da Creta, ove si onorano le Dee".(28) Cecrope dovette
subire una terribile invasione. "Secondo Filocoro, quando questo
Paese fu devastato dai Carii provenienti dal mare e dai Beoti che
venivano da terra… Cecrope installò la sua gente in
dodici città…"(29) Ora, sappiamo che Caria
e Beozia erano due "province" cretesi.
Altri re che combatterono contro aggressori esterni (descritti sempre
come popoli alleati con i Cretesi e - diremo noi - dello schieramento
atlantide) furono i successori di Cecrope: il suo diretto successore
Erisicto (Erysichton), e - tre generazioni dopo - Erictonio (Erichtonios,
definito come un "usurpatore", figlio di Efesto e della
Terra - Gea): forse è l'indicazione di un'altra invasione?
Infine, suo nipote Erecteo. Sono tutti re ed eroi anteriori a Teseo,
il quale apparirebbe come pronipote dell'ultimo, Erecteo. (30)
Erictonio istituì le feste panatenee, in onore d'Athena,(31)
ma il suo successore, il figlio Pandione, era probabilmente un cretese.
Il figlio di Pandione, Lico, è tramandato come il fondatore
del regno di Licia. (32) Ritroveremo i Lici tra i Popoli
del Mare, che tentarono d'invadere l'Egitto poco prima del 1200
a.C. Apollodoro ricorda che, sotto il regno di Pandione, "Demetra
e Dioniso vennero in Attica".(33) La prima era certamente
una divinità originaria di Creta. è vero che alcuni
autori pongono tale adozione di nuovi dèi sotto il regno
di Erecteo. (34) Anche sotto il regno di Pandione, troviamo
menzione di guerre: "La guerra t'impediva di compiere i tuoi
doveri. Battaglioni di barbari avevano attraversato il mare e gettato
il terrore tra le tue mura". (35)
Uno dei successori, Erecteo, dovette subire l'attacco di un "devoto
di Poseidone": Eumolpo, re di Eleusi (una città alleata
di Creta). Gli Ateniesi, per difendersi, dovettero ricorrere all'aiuto
di truppe mercenarie.(36) Secondo Apollodoro, la fortuna
aiutò gli Ateniesi, ma Poseidone, adirato, distrusse la casa
di Erecteo, che si trovava sull'Acropoli, e l'uccise con tutta la
sua famiglia. (37)
In sostanza, conclude Michele di Grecia, non si parla mai esplicitamente
d'una guerra tra Atene e la Creta pre-minoica, né tra Atene
ed Atlantide (citata, con tale nome, solamente nei Dialoghi di Platone).
Ma Poseidone viene scacciato dal culto degli Ateniesi, viene estirpato
il matriarcato ed una serie di aspri conflitti (Dèi e Titani,
diversi re ateniesi con diversi re imparentati con Poseidone e amici
di Creta) corrisponde con la narrazione della guerra tra Atlantide
e l'antica Atene. Simmetricamente, il mito di Teseo e del Minotauro
rivela una complessa storia di reciproche sopraffazioni tra il lontano
regno del toro e della labris (la sacra ascia bipenne, dal cui nome
derivò il termine "labirinto") e i bellicosi micenei.
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A Jabbaren, sui monti Tassili, e' dipinta sulla roccia questa scena d'omaggio di notabili locali ad un nobile vestito da principe, con una lunga imbarcazione sullo sfondo (1500 ca. a.C.). Ci troviamo presso le sponde dell'antico bacino d'acqua dolce che si svuoto', causando la rovina di Atlantide. |
La filiazione mitica
Secondo il mito Atlante e Cronos erano fratelli, figli di Urano.
Atlante ricevette in eredità il regno dell'occidente, Cronos
quello d'Oriente. Entrambi - quindi - risultano come progenitori
di stirpi regali. Ricordiamo che nel mito Erakles e Atlante si scambiano
per un momento il compito di sorreggere il peso del mondo, mentre
Atlante raccoglie per l'eroe semidio i pomi delle Esperidi…
scambio di ruoli nella progenitura di stirpi regali? Qualcuno ritiene
fosse fratello d'Atlante anche Prometeo, ma sappiamo che spesso
i miti s'intrecciano e diventano complicati.
Secondo i Fenici, Cronos cominciò a sospettare del fratello
e lo seppellì sottoterra.(38) Secondo i Greci avvenne
piuttosto il contrario. Atlante prese il posto di Cronos e condusse
i Titani nella guerra contro gli Dèi (iniziò quindi
- detto in termini più terra-terra - il conflitto tra i regni
alleati di Atlantide e gli Ateniesi e gli Egizi del Delta). Secondo
una certa tradizione, il Nilo stesso prese il proprio nome da quello
d'un discendente d'Atlante, che aveva regnato su quel paese. (39)
Ricordiamo ancora l'incursione delle Amazzoni, che invasero il paese
degli Atlanti (ricordo del predominio matriarcale?). Il nome "Amazzoni"
riecheggia il termine "Amazigh" (uomini liberi), con il
quale i popoli berberi designano tuttora sé stessi.
"Le Amazzoni abitavano sull'isola di Hespera, nelle paludi
Tritonidi. Questa regione era presso l'oceano che circonda la terra…
e presso quella montagna detta Atlante dai Greci… La storia
insegna che la regione Tritonide scomparve a causa d'un terremoto,
quando le sue parti rivolte verso l'oceano rimasero allagate".(40)
La regina delle Amazzoni, Myrina, scampò al disastro, passò
in Egitto, conquistò la Siria, la regione del Tauro, l'isola
di Lesbo, poi una tempesta la spinse all'isola di Samotracia ove
sacrificò alla madre degli dèi, Rhea. Questa vi stabilì
i suoi figli, i Coribanti, ed i suoi misteri…(41) Sembra
di seguire passo passo la tradizione del culto della Grande Madre
e dei misteri della divinità femminile.
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Un'immagine satellitare della regione in cui Arecchi ipotizza l'esistenza della parte principale di Atlantide. |
Conclusioni
Si può ipotizzare la formazione e lo sviluppo, nel corso
del terzo millennio a.C., d'una potenza marittima basata nella zone
del canale di Sicilia e gestita da un popolo (gli Atlanti di Platone,
di Erodoto e di Diodoro Siculo, identificabili nei Tjehenu delle
cronache egizie) proveniente dalla regione dell'Ahaggar, nel cuore
dell'attuale Sahara, là ove ancora oggi gli "uomini
blu" riconoscono la culla della propria nazione e ricordano
l'antenata mitica Tin Hinan (dal nome che rievoca "Tjehenu").
Una civiltà protesa sui mari: verso ovest alla conquista
degli oceani (ed erano i soli del bacino mediterraneo a poterlo
fare, oltre i Celti, poiché la presenza della loro terra
sbarrava la via ai popoli del Mediterraneo orientale). Ad est, nelle
colonie di Creta e di Thera, rimangono le evidenti tracce del loro
influsso, ma la distruzione del primo focolaio di diffusione culturale
fa oggi sì che venga qualificato come "cretese"
anche tutto ciò che della loro cultura si ritrova in aree
occidentali (penisola iberica, isole britanniche ed oltre, sino
ad alcuni elementi delle culture pre-maya in Centro America). Per
cui, possiamo ritenere che tutte le considerazioni di Michel de
Grèce rimangano valide, con la sola premessa che Creta non
fosse tanto il cuore della civiltà atlantide, quanto il suo
caposaldo orientale.
Diverse dovevano essere le lingue, nel grande impero d'Atlantide,
e diversi i tipi di scrittura (benché l'emanazione da un
medesimo ceppo si possa individuare nelle scritture alfabetiche
proto-libica, numidica, etrusca, fenicia e iberica: si vedano a
tale proposito le tabelle comparative fornite da diversi studiosi,
tra cui anche Barry Fell). (42)
Ipotizziamo che i nomi "Rata" e "Maui" non fossero
nomi propri di persone, bensì termini che indicavano il rango,
la funzione di comandante o navigatore d'una flotta (così
come prima Cronos, poi Melkart, e poi Erakles, designava il ceppo
regale, la stirpe destinata a regnare sui popoli). Non è
forse un caso che la radice ma indichi ancora oggi l'acqua, in lingua
araba, e "Maui" possa significare "l'uomo dell'acqua",
così come malik-melk indica il "re", con la medesima
radice dell'antico Melkart. In questa chiave non ci sembra scorretto
adattare l'ormai celebre lettura del "viaggio di Rata e Maui",
per svincolare Eratostene e il faraone Tolomeo III dall'organizzazione
di quel viaggio, e attribuirne la data (o le date) ad una o più
missioni d'esplorazione compiute almeno un millennio prima del terzo
secolo a.C., quando Atlantide era la regina dei mari e inviava flotte
di marinai che parlavano (e scrivevano) una lingua del ceppo libico-berbero.
Ricordiamo altre testimonianze: Aristotele sostiene che "Cirene
fu costruita da Batos, che proveniva da Thera"(43).
Egli stabilisce così un inatteso ponte di congiunzione tra
la Thera pre-minoica, strettamente collegabile a Creta, e Cirene:
proprio quella Cirene da cui Fell ed altri autori facevano provenire
le grandi flotte transoceaniche, e nella quale certamente si parlava
e scriveva in lingua libica.(44) Secondo Erodoto, Batos,
il fondatore di Cirene, era figlio del re di Thera e d'una principessa
cretese(45). Esisteva anche una leggenda che narrava come
una mitica Cirene fosse stata trasportata da Febo-Apollo da Creta
alla Libia(46)… e - d'altra parte - si tramandava che
"Euripilo, figlio di Poseidone e di Celeno, figlia d'Atlante,
fu re di Cirene"(47). Qui il nome del fondatore di Atlantide
finisce per apparire strettamente connesso, attraverso la regalità
in Cirene, ai regni di Creta e di Thera.
Dopo il 2000 a.C., i popoli antenati dei Greci (indoeuropei armati
di ferro, probabilmente imparentati coi vichinghi, come vuole anche
il libro Oera Linda) raggiungono il Mediterraneo orientale, portando
con sé i loro miti, da cui nascono i poemi omerici, e vivendo
direttamente altre vicende che si tramandano oralmente e vengono
trasposte nei miti delle origini.
La lotta tra i Titani e gli Dèi sarebbe la "traduzione
mitica" della guerra tra questi popoli, installati nell'Attica
ed alleati con gli Egizi del Delta, e gli Atlanti che vogliono sottometterli
e dominarli. Non a caso è il periodo di massima espansione
apparente della cultura cretese pre-minoica. La lunga guerra è
adombrata anche dalle vicende narrate per ciascuno dei mitici re
fondatori dell'Attica. Teseo sconfigge il Minotauro e gli Ateniesi
respingono i re di Atlantide.
L'eruzione dell'isola di Thera (tra il 1480 ed il 1440 a.C.) fa
parte di una serie di grandi sconvolgimenti tellurici che si verificarono
nel nostro Mediterraneo intorno alla metà del secondo millennio
a.C. Essa diede un decisivo colpo alla potenza cretese e facilitò
la rivincita dei micenei. Tuttavia dobbiamo ritenere che il Mediterraneo
orientale continuasse ad essere un bacino chiuso, con un pelo d'acqua
inferiore di circa 300 m a quello attuale, per cui tutti i porti,
le fortificazioni e gran parte almeno delle città commerciali
dovevano trovarsi a quella quota, sugli attuali fondali dei diversi
bacini (e sui fondali dell'Egeo rimangono le fertili pianure di
"prima del diluvio", di cui parla Platone).
Verso il 1200, la catastrofe finale, già da me descritta
e narrata nel libro su Atlantide e nel racconto "La luna rossa".
Da quel momento, i "popoli del mare" sciamano alla ricerca
di nuove patrie, i Filistei vanno a stabilirsi in Palestina e più
a nord arrivano gli "uomini rossi" (Fenici), che sarebbero
divenuti celebri come eredi dei segreti della grande navigazione.
Crediamo che tutta questa parte della storia sia ampiamente e riccamente
mediterranea, nei miti, nelle catastrofi descritte, nelle guerre
sanguinose e nelle lotte tra l'antico culto matriarcale, con le
sacre isole di Malta e di Creta, ed i nuovi riti d'un Pantheon retto
dalle figure maschili. Tanto mediterranea, da non richiedere alcuna
proiezione "auto-giustificativa" lungo le lontane rotte
oceaniche.
Il fatto è che gli Atlanti verso occidente ed i Fenici verso
oriente si ritrovano, ritornano prepotentemente nella maniera più
inattesa, attraverso la molteplicità delle iscrizioni ritrovate
sul Nuovo Continente e nelle isole del Pacifico, che narrano in
caratteri e lingua libica le cronache d'antichi viaggi, di navigatori
chiamati Rata e Maui ("l'uomo dell'acqua") che divennero
i geni tutelari di tanti popoli della Polinesia. Conturbante: gli
stessi decifratori (Barry Fell per primo) si dovettero arrampicare
sugli specchi, per spiegare come mai quei navigatori si potessero
esprimere in libico. Nessuno di loro pensava che l'impero di Atlantide,
protso a navigare fuori del Mediterraneo, fosse stato proprio la
culla dei popoli libici e berberi. Come potremmo dunque parlare
d'un "falso", quando si trattava d'una scoperta difficile
da spiegare proprio per chi se la trovava tra le mani? Sarebbe stato
più facile ed ovvio - per loro - creare un falso in caratteri
egizi, oppure in greco, per potersi riferire alla cultura di Eratostene
e all'epoca dei Tolomei. Se Barry Fell ed i suoi collaboratori non
lo fecero, è perché il materiale che avevano a loro
disposizione non era stato da loro stessi predisposto, ovvero falsificato.
E la storia dei MicMac, quei pellirosse del gruppo degli Algonchini
che vivevano nelle regioni dell'attuale Canada e si esprimevano
sino al sec. XVIII con ideogrammi simili a quelli dei Faraoni, quando
la decifrazione dei geroglifici era ancora un mistero per gli studiosi
europei?(48)
Si trattò di una delle grandi scoperte di Fell, come quella
dei santuari solari celtici del New England. Scoperte conturbanti,
sulle quali il dibattito ed il confronto sono stati molto accesi,
ma di cui purtroppo - a trent'anni di distanza - ben poco ancora
si è parlato, sulla stampa e nell'opinione pubblica italiana.
Note:
(1) Cfr.: A. ARECCHI, Atlantide. Un mondo scomparso, un'ipotesi
per ritrovarlo, ed. Liutprand, Pavia, 2001.
(2) Ricordiamo che, nel campo etno-liguistico, si definiscono
lingue camitiche: l'antico egizio e copto, le lingue libico-berbere
che comprendono: berbero (kabylo, chaouah-shawah, tamazigt, chleuh,
tuareg, zenaga), guancio (lingua parlata alle Canarie sino al sec.
XVI e completamente estinta nel sec. XIX).
(3) R.E. MARX, In quest of the great white Gods, Crown, New
York, 1992, p. 315; Ch. PELLEGRINO, Unearthing Atlantis, Random
House, New York, 1991, p. 111.
(4) Cfr. i precedenti articoli: A. ARECCHI, Ricerche ed ipotsi
sulla fine di Atlantide, in Archeomisteri, 13, gen.-feb. 2004, pp.
14-23; A. ARECCHI, A. ARECCHI, Quei Cirenei che colonizzarono il
Pacifico, in Archeomisteri, 14, mar.-apr. 2004, pp. 12-25; A. ARECCHI,
L'impero di Atlantide: dal Mediterraneo al nuovo mondo?, in Archeomisteri,
17, sett.-ott. 2004, pp. 12-25.
(5) I. ZAPP - G. ERIKSON, Atlantis in America, Adventures
Unlimited Press, Kempton, Ill., 1998.
(6) I. ZAPP - G. ERIKSON, Atlantis in America, Adventures
Unlimited Press, Kempton, Ill., 1998, pp. 161-162. La citazione
di H. BREUIL fa riferimento a National Geographic, Oct. 1988, pp.
482-489.
(7) Abbiamo costantemente adottato il termine Erakles, ad
indicare la particolare sacralità del fondatore delle stirpe
regali, corrispondente ad analoghi ruoli di entre entità
presso altri popoli mediterranei: una sacralità che si perde
nell'Ercole latinizzato. Per questo motivo, si contrappongono le
originali colonne (o altari) d'Erakles o di Melkart alle più
tardive "colonne d'Ercole", poste allo stretto di Gibilterra.
Sarebbe interessante conoscere i dettagli della mitologia legata
al personaggio punico di Melkart, anch'egli capostipite di stipi
regali…
(8) Usiamo la grafia francese del termine, ormai consolidata
dall'uso, ma avvertiamo che si pronuncia "Sciott". Cogliamo
l'occasione per ricordare che la stessa Algeria - sulle antiche
carte e nei resoconti di viaggio - era chiamata Bled el-Djerid,
oppure, alla maniera italiana, "Biladelgerìd",
Biludelgerìd", ossia "il paese dei palmeti".
(9) I. ZAPP - G. ERIKSON, Atlantis in America, Adventures
Unlimited Press, Kempton, Ill., 1998, pp. 262-264.
(10) CHARAX DI PERGAMO, cap. 16, scol. su Dionigi il Periegeta,
64, F.H.G. Didot.
(11) Gli autori fanno un riferimento a "Malta, p. 9",
ma la citazione appare decisamente incompleta.
(12) Cfr. in particolare il celebre studio: B. FELL, America
B.C., 1. Ed. 1976.
(13) Eudosso di Cnido, matematico, geografo ed astronomo
greco, ca. 409-356 a.C., citato da PROCLO, Commentario sul Timeo,
I, 102, 25.
(14) MANETONE, Storia universale dell'Egitto, Frammenti,
F.H.G. Didot.
(15) Bibliotheca Historica, I, 26.
(16) M. DE GRèCE, La Crète épave de
l'Atlantide, ed. Rombaldi, 1976. V. in particolare: pp. 68-69.
(17) Cfr. PAUSANIA, Itinerario della Grecia.
(18) AGOSTINO, La Città di Dio, XVIII, 9.
(19) Secondo Stefano di Bisanzio.
(20) Cfr. PAUSANIA, Itinerario della Grecia.
(21) HOPE - MURRY, Atlantis - Myth or Reality, Arkana, New
York, 1991, p. 222.
(22) PAUSANIA, Itinerario della Grecia, VIII, 2-3.
(23) ERODOTO, Storie, VIII, 55; PROCLO, Commentario sul Timeo,
I-173, 10.
(24) APOLLODORO, Biblioteca d'Apollodoro, III-14-1.
(25) APOLLODORO, Biblioteca d'Apollodoro, III-14; DIODORO
SICULO, Bibliotheca Historica, I-29-2.
(26) ERODOTO, Storie, IV, 80; cfr. anche S. AGOSTINO, De
Civitate Dei, XVIII-9 e APOLLODORO, Biblioteca d'Apollodoro, III-14-1.
(27) S. AGOSTINO, De Civitate Dei, XVIII-9.
(28) Bibliotheca Historica, IV, 79.
(29) STRABONE, Geografia, IX, 1-20.
(30) Crizia, 110 a, b.
(31) HELLANICOS e ANDROTION, (Atthis I), Ister, III-7, citato
da HARPOCRATION. F.H.G. Didot; ERATOSTENE, Costellazioni.
(32) ERODOTO, Storie, VII, 92, I, 173;
(33) APOLLODORO, Biblioteca d'Apollodoro, III-14-7.
(34) MARMOR PAROS, F.H.G. Didot.
(35) OVIDIO, Metamorfosi, VI, 421-427.
(36) ARISTOTELE, Costituzioni d'Atene, III, 2.
(37) Cfr. APOLLODORO, Biblioteca d'Apollodoro, III-15-5;
EURIPIDE, citato da CHARLES PICARD, Réligions préhelléniques,
Paris, 1948.
(38) Storia fenicia. FILONE DA BYBLOS, citato da EUSEBIO,
Preparazione evangelica, 1-9, F.H.G., Didot.
(39) ANIADNE DA NICOMEDIA, Eustache ad Dion, 232, F.H.G.,
Didot.
(40) DIODORO SICULO, Bibliotheca Historica, III, 53, 55.
(41) DIODORO SICULO, Bibliotheca Historica, III, 51.
(42) Cfr. le tabelle comparative pubblicate in: A. ARECCHI,
"Atlantide. Un mondo scomparso, un'ipotesi per ritrovarlo",
ed. Liutprand, 2001; A. ARECCHI, L'impero di Atlantide: dal Mediterraneo
al nuovo mondo?, in Archeomisteri, 17, sett.-ott. 2004, p. 24.
(43) ARISTOTELE, Costituzione di Cirene, II, cit. in scol.
Aristofane. Plutos, v. 925, F.H.G. Didot.
(44) Cfr. A. ARECCHI, A. ARECCHI, Quei Cirenei che colonizzarono
il Pacifico, in Archeomisteri, 14, mar.-apr. 2004, pp. 12-25.
(45) ERODOTO, Storie, IV, 154.
(46) AGRAETAS, Libro I, Des choses libyennes, scol. su Apollonio
da Rodi, II-498, F.H.G., Didot.
(47) FILARCO, L. VII. Frammento. Scol., Apollonio da Rodi,
Argonautiche, IV, v. 1561, F.H.G., Didot.
(48) Cfr. B. FELL, America B.C., 1. Ed. 1976.
di Alberto Arecchi
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