

Il manoscritto Voynich è un libro di 22,5 centimetri per
16, dallo spessore di circa 4 centimetri. è formato da 102
fogli, che danno un totale di 204 pagine scritte e illustrate. In
origine, i fogli erano 116, come si è potuto dedurre dalla
rilegatura dei vari fascicoli. Vi sono anche cinque fogli ripiegati
a metà, tre fogli ripiegati tre volte, un foglio piegato
quattro volte ed un foglio con ben sei ripiegature. Tutto il manoscritto
è fittamente coperto da una scrittura sconosciuta; si è
calcolato che sono quasi 250.000 i caratteri che formano il misterioso
testo, le cui principali caratteristiche quantitative sono le seguenti:
le "parole" sono 4182, di queste 1284 sono presenti più
di una volta; 308 appaiono da otto volte in su; 184 da quindici
volte in su; 23 sono presenti da cento volte in su.
Diversi caratteri (almeno una dozzina) sono perfettamente identici
alle abbreviazioni latine in uso presso gli amanuensi fra i secoli
XIII e XV, per cui è molto verosimile che l'autore, o gli
autori, del Voynich abbiano avuto suggestioni, anche inconsce, in
tal senso.
Le illustrazioni sono davvero numerose; poiché il testo è
tuttora incomprensibile, gli studiosi hanno convenzionalmente suddiviso
il Voynich in alcune sezioni in base alle illustrazioni che le caratterizzano,
così la prima parte del testo (che va dal foglio 1 al foglio
66) è chiamata botanica, perché essa contiene 113
disegni di piante di specie non identificata.
Sono piante dalle forme strane, con grandi foglie alcune puntute,
altre rotonde e flaccide; con radici contorte che sembrano alghe
o gonfie come spugne o coralli, molte hanno strani tubercoli, e
alcune delle piccole teste umane. Gli steli sono talvolta doppi
o tripli, uniti fra di loro a formare delle anse e delle arcate.
I fiori raffigurati non sono meno bizzarri: alcuni hanno la forma
di campane, altri sono larghi e tondi come piatti; altri ancora
sono piccoli e spinosi, altri hanno un aspetto carnoso e composito.
Un botanico avrebbe riconosciuto la pianta riprodotta al foglio
33, si tratterebbe del girasole (Helianthus annuus), e tale
elemento sarebbe di importanza decisiva per datare il manoscritto,
poiché il girasole arrivò in Europa dall'America non prima del 1493.
Ma questa identificazione è rifiutata da diversi studiosi
e , come vedremo, la datazione del Voynich è un problema
tutt'altro che risolto.
Le pagine della sezione botanica hanno una struttura costante: il
disegno della pianta occupa quasi tutta la pagina, i colori predominanti
sono il verde, il marrone, il giallo, il rosso e il blu. Tutt'attorno
all'illustrazione è disposto il testo a caratteri illeggibili;
all'aspetto, dunque, queste pagine sono del tutto simili agli antichi
erbari, molto diffusi dal Medioevo fino a tutto il Cinquecento.
La seconda sezione è chiamata astronomica o astrologica,
poiché presenta 25 diagrammi che ricordano i temi astrali e che
contengono molte stelle. è difficile solo immaginare cosa sia effettivamente
raffigurato in questa porzione del libro, che si estende dal foglio
67 al foglio 73. Vi sono disegnate delle circonferenze concentriche
o con segmenti che si irradiano dal centro all'esterno. Alcuni schemi
mostrano la classica raffigurazione del sole e della luna con volti
umani; sui cerchi vi sono molte iscrizioni nella stessa scrittura
del testo. Si riconoscono anche alcuni segni zodiacali (Pesci, Scorpione,
Ariete, Sagittario...) e alcune figurine di donne nude, che appaiono
molto più numerose nella sezione seguente, chiamata biologica
dagli studiosi.
Le figure femminili presenti nel manoscritto sono in totale 227,
solo tre le figure (forse) maschili.
La definizione biologica non deve trarre in inganno: il nome,
infatti, è soltanto convenzionale e nessuno al mondo, finora, sa
cosa davvero stia scritto in quella sezione che va dal foglio 75
al foglio 86.
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Athanasius Kircher |
Il riferimento alla biologia è solo dovuto alla presenza
di dozzine di donne nude in piedi, con le pance piuttosto rotonde
e prominenti, che emergono da misteriosi tubi o pozze colme di liquidi.
I ricettacoli in cui stanno le donne sono quasi sempre in collegamento
tra di loro tramite tubi o canne. In altre pagine, vediamo gruppi
di donne che stanno in una sorta di vasca o piscina, immerse in
un liquido scuro fino al ginocchio, e dei tubi cilindrici uniscono
altre vasche simili, dove stanno altre donne. Le illustrazioni raggiungono
qui l'apice della stranezza e, direi, della allucinazione, perché
le immagini sono così strane, così follemente irreali
da sembrare incubi trasportati sulla pergamena.
Dopo la sezione biologica, si trova un grande foglio ripiegato sei
volte (foglio 85 recto-86 verso), nel quale sono disegnate nove
"medaglioni" circolari, che contengono stelle e oggetti
simili a cellule, con strane strutture fibrose che collegano i nove
cerchi. Alcuni medaglioni hanno elementi simili a petali di fiori
e altri presentano raggiere con stelle, oppure fasci di tubi.
Dal foglio 87 al 102 abbiamo la sezione farmacologica, chiamata
così per la presenza di numerosi vasi tipici delle antiche farmacie,
con coperchi alti e affusolati e basamenti elaborati. Il settore
contiene anche oltre cento disegni di piccole piante e radici, per
cui molti suppongono che vi si tratti di erbe medicinali
L'ultima sezione in cui è convenzionalmente diviso il Voynich
inizia al foglio 103 ed arriva fino al termine del manoscritto,
e contiene solo testo scritto, senza immagini, a parte molte stelline
incolonnate a sinistra del rigo, come fosse una rubrica o un indice.
Le pagine sono ricoperte da fitte righe di scrittura assai regolare,
dall'apparenza familiare anche se ignota, nitida, armoniosa, e -
particolare da tenere a mente - senza la minima correzione o
il più piccolo accenno ad un ripensamento.
La storia di quello che venne, giustamente, definito il libro
più misterioso del mondo, inizia nel 1912, quando un mercante
di libri antichi statunitense, Wilfred Voynich, lo acquista dalla
scuola dei gesuiti di Villa Mondragone, presso Frascati; per questo
motivo, il documento è comunemente noto come manoscritto Voynich.
Per prima cosa, l'antiquario cercò di stabilire alcune certezze
fra tanto mistero.
Incollata dietro ad una pagina del libro, Voynich trovò una
lettera di Johannes Marcus Marci (1595-1667), medico dell'imperatore
Rodolfo II di Boemia, indirizzata al famoso poligrafo Athanasius
Kircher in Roma, datata Praga 19 agosto 1665 (o 1666).
In questa lettera Marci affermava che il libro gli era stato lasciato
per testamento da un amico, di cui successive ricerche riveleranno
l'identità: si trattava di Georg Baresch, un alchimista poco
noto, nato verso il 1580/1585 in una località ignota.
Marci - continuava la lettera - mandava il libro a Kircher, massimo
esperto di lingue a quel tempo, affinchè lo decifrasse.
La lettera specificava poi che il manoscritto era appartenuto all'imperatore
Rodolfo, che l'aveva acquistato per 600 ducati e che riteneva fosse
opera di Ruggero Bacone.
Un'altra informazione fu ottenuta per caso: durante un'ispezione
fotografica si scorsero alcune righe tracciate sulla prima pagina
e quasi cancellate dal tempo. Esaminate all'infrarosso, si rivelarono
essere una firma di appartenenza: Jacobi a Tepenece, ovvero
Jacobus Horcicki (morto nel 1622), direttore del giardino botanico
e del laboratorio alchemico di Rodolfo.
Horcicki ricevette il titolo nobiliare de Tepenecz (in latino:
a Tepenece) dopo il 1608, quindi la firma rintracciata non poteva
essere stata apposta prima di quell'anno.
La datazione del Manoscritto Voynich è tuttora controversa:
alcuni studiosi lo assegnano al XIII-XIV secolo; altri - la maggioranza
- stabiliscono invece quello successivo.
Un elemento pare decisivo per definire una data post quem
per la redazione del Voynich: uno dei tanti disegni rappresenta
un esemplare riconosciuto dagli specialisti come Heliantuhs annuus,
ovvero il girasole americano, i cui semi furono portati in Europa
per la prima volta da Colombo, al ritorno del suo secondo viaggio.
è ovvio, allora, che quella immagine non fu realizzata prima
del 1493: questa constatazione impedisce di attribuire l'opera a
Ruggero bacone, il quale morì alla fine del XIII secolo.
Nel corso degli anni, molti si sono occupati del manoscritto Voynich:
docenti universitari, biologi, crittologi militari, linguisti, medici,
un cancerologo, un avvocato e molti dilettanti.
Ciascuno di loro ha suggerito una soluzione per leggere quella che
sembra una enciclopedia di filosofia naturale del Rinascimento.
William Newbold, studioso di filosofia medievale, è stato
il primo, negli Anni Venti, ad affermare di aver decifrato il testo.
Ma il sistema di Newbold è così palesemente arbitrario
da non convincere nessuno: egli, infatti, credeva di aver scoperto
che nei caratteri del manoscrito si nascondessero dei "micro-caratteri"
stenografici, i quali andavano anagrammati per dare poi delle parole
latine piuttosto improbabili a causa di un non meglio motivato "raddoppiamento
sillabico".
Per far funzionare una decifrazione fantasiosa, Newbold scambiava
secondo le esigenze le lettere fra loro facendo, ad esempio, diventare
d una f.
Con questo sistema di pura invenzione, Newbold credette di leggere
alcune pagine del libro che, secondo lui, contenevano straordinarie
rivelazioni scientifiche: in quel testo, disse Newbold, erano descritte
le nebulose stellari e le cellule alcuni secoli prima che venissero
scoperte.
Ma, ben presto, questi fantastici risultati furono riconosciuti
quali prodotti "del profondo entusiasmo e del dotto e ingegnoso
inconscio" del professore.
L'avvocato Joseph Feely tentò di decifrare il Voynich attraverso
l'analisi della frequenza dei segni, ma non arrivò a risultati
significativi.
Leonell Strong, un genetista della Yale University, attribuì
l'opera ad Anthony Ascham, un astrologo inglese del Cinquecento.
Il crittologo William F. Friedman, nel 1945, riunì un gruppo di
studio a Washington che diede l'assalto all'enigma del Voynich con
criteri rigorosi, proprio come se fosse un testo cifrato.
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Esempio di pagina della sezione "botanica" |
Per prima cosa, il gruppo di Friedmann decise di trascrivere i
bizzarri caratteri del manoscritto in segni convenzionali ma sicuri;
ad esempio, un segno del Voynich uguale alla cifra 9 venne trascritto
come G; ciò non significa che i ricercatori lo traducessero
con quella lettera; era insomma un espediente per trasportare l'astrusa
scrittura del manoscritto in un sistema riconoscibile e chiaro.
Friedman morì nel 1969 senza aver trovato la soluzione all'enigma
cui aveva dedicato decenni di studi e che aveva affrontato, per
primo, con criteri oggettivi; tuttavia, egli si era fatto una sua
personale opinione sul Voynich, che riteneva essere stato scritto
in un linguaggio artificiale, qualcosa sul tipo dell'Esperanto.
Oltre a queste congetture, Friedman arrivò ad osservazioni
oggettive; egli notò che il testo del manoscritto era altamente
ripetitivo, la stessa parola appariva due o tre volte di seguito,
e parole che differivano di una sola lettera si presentavano con
inusuale frequenza.
Inoltre il vocabolario del Voynich era più esiguo di quanto
ci si aspettasse secondo i calcoli statistici, e le singole parole
erano insolitamente corte rispetto al latino e all'inglese. Curiosa,
poi, la totale assenza di parole formate da una o due lettere, che
invece esistono in tutte le lingua naturali.
Secondo il professor Robert S. Brumbaugh, docente di storia della
filosofia medioevale a Yale, il manoscritto Voynich è un
falso, un antico falso realizzato con il solo fine di spillare quattrini
all'imperatore Rodolfo, e - se la teoria è giusta - l'ingegnoso
truffatore c'è riuscito, perché come ricorderete il
sovrano pagò ben 600 ducati il magico libro.
Una scoperta interessante, e basata su dati oggettivi, venne fatta
nel 1976 da William Ralph Bennett che esaminò il Voynich in una
sua opera sull'applicazione del computer nella soluzione di problemi
scientifici e di ingegneria. Egli considerò il manoscritto come
un esempio metodologico, arrivando ad un risultato dalle conseguenze
notevolissime. Bennett determinò il livello di entropia del linguaggio
in cui è scritto il Voynich, e fece notare che è un livello basso,
più basso di quello di ogni altra lingua europea nota.
Ma cos'è l'entropia in linguistica? In fisica, entropia indica
la quantità di disordine in un sistema: com'è noto,
le leggi della termodinamica ci attestano che ogni sistema tende
ad una entropia sempre crescente. Ogni trasformazione spontanea
di un sistema isolato comporta un irreversibile aumento dell'entropia;
fenomeni di questo tipo sono, ad esempio, il fluire del calore da
un corpo caldo ad uno più freddo, o anche l'espansione di
molecole di un gas nel vuoto
Nella comunicazione, entropia indica la relativa assenza di informazione,
o l'incertezza del messaggio. Facciamo un esempio: se trovo una
sequenza così composta: ab ab ab ab ab ab ab ab a, posso
supporre con buona probabilità che la lettera successiva sarà una
b. In questo caso, la stringa delle lettere è molto prevedibile
e quindi l'entropia è bassa.
Se invece ho una successione di lettere del tipo: dsghttfkptuyewsxhbrjyhko,
sarà praticamente impossibile prevedere quale sarà la lettera che
seguirà all'ultima, e quindi sarò davanti ad un caso di alta
entropia.
Nella lingua italiana, ad esempio, la lettera Q ha una entropia
minima, perché nel 99% dei casi sarà seguita da una
U.
Bennett scoprì dunque che il testo del Voynich ha un'entropia
bassa. L'unica lingua che egli trovò con un livello di entropia
paragonabile era l'hawaiano.
Questa scoperta è decisiva per sostenere la tesi per cui
il Voynich reca un linguaggio artificiale, o comunque non naturale.
Immaginiamo che qualcuno abbia voluto riempire un libro con centinaia
di "parole" inventate (non un codice segreto, ma segni
grafici apparentemente significanti): quell'insieme di parole avrebbe
una entropia bassa perché lo scrivano finirebbe col ripetere,
per abitudine e per comodità, certi gruppi di due o tre lettere,
formando quei moduli ricorrenti che si sono riscontrati.
Dopo tanti anni di studi, analisi e falliti tentativi di decifrazione,
il manoscritto Voynich continua ad essere il più misterioso libro
della terra.
Eppure qualche ragionevole ipotesi sulla sua natura e sulla sua
storia è possibile; cominciamo col raccogliere tutti i dati
certi.
L'apparire del Voynich è legato all'imperatore Rodolfo II
d'Asburgo. Il volume gli fu offerto da qualcuno che venne per questo
ricompensato con 600 ducati
Chi era questo personaggio? Fino a qualche anno fa, la maggioranza
dei ricercatori lo individuava in John Dee (1527-1606), il celebre
mago, astrologo e filosofo ermetico dell'età elisabettiana.
Giovanotto prodigio, a ventiquattro anni Dee teneva lezioni a Parigi
su Pitagora ed Euclide. Solo un anno più tardi, le sue conoscenze
astrologiche gli fecero ottenere una pensione dal re d'Inghilterra.
Fu lui a stabilire la data della incoronazione di Maria Tudor (14
gennaio 1559) in base ai suoi calcoli sulle migliori influenze astrali.
Successivamente, Dee spostò i suoi interessi verso l'alchimia, e
nel 1564 diede alle stampe la famosa opera Monas Hyerogliphica,
dedicata a Massimiliano II, padre del futuro imperatore Rodolfo
II.
Nel 1581, la vita di questo grave erudito venne sconvolta da un
farabutto, Edward Kelley, che gli causerà tanti problemi.
Kelley era un criminale dalle orecchie mozzate per aver falsificato
documenti notarili, come tutti i delinquenti incalliti aveva elaborato
una sua filosofia della natura umana: aveva compreso all'istante
che Dee era il classico uomo di studio, colto e poliglotta, ma anche
ingenuo e fiducioso come un bambino.
Fingendosi un conoscitore della magia, Kelley riuscì a plagiare
il povero filosofo, a sfruttarlo economicamente, a dominarlo fino
al punto di ottenere, col pretesto di avere avuto istruzioni divine,
lo scambio delle mogli.
Fu Kelley ad indirizzare Dee allo spiritismo, alla evocazione degli
angeli, alla medianità. Se Dee fosse stato meno credulone,
forse avrebbe avuto dubbi su certi angeli che gli ordinarono di
versare a Kelley una pensione annua di 50 sterline.
Ma ormai il povero esoterista era in balia del giovane scroccone,
ed alcuni biografi hanno chiamato in causa una omosessualità
latente.
L'arrivo della strana coppia Dee-Kelley a Praga fu determinato dal
solito Kelley, che il 21 settembre 1583 disse di aver visto nella
pietra magica angelica che l'amico sarebbe stato ucciso se non fossero
fuggiti dall'Inghilterra.
A Praga Dee arrivò il 9 agosto 1584 e, con alcune brevi interruzioni,
vi resterà fino alla fine di maggio del 1586, quando il 29 di quel
mese Rodolfo II lo bandì dalle terre dell'impero.
Osserviamo subito che l'imperatore cacciò il mago inglese, che incontrò
una sola volta, il 3 settembre 1584. In quell'unico incontro, Rodolfo
II fu molto annoiato dalla verbosità misticheggiante dell'inglese,
il quale espose le sue dottrine magico-spiritualistiche al sovrano,
che non ne fu affatto impressionato, anzi si limitò a dire di non
aver letto la Monas hyerogliphica perché troppo difficile.
Ebbene, ancora oggi in molte storie sintetiche del manoscritto Voynich
si legge che esso fu probabilmente portato a Praga da Dee; ma come
abbiamo visto, il rapporto fra costui e l'imperatore fu assolutamente
breve e non felice. Dee cercò molte altre volte di ottenere
udienza dall'imperatore, che però la negò sempre,
dirottando l'erudito al suo consigliere Vilém Rozmberk. Quando
Rodolfo ordinò l'espulsione di Dee, il bando venne commutato
nel permesso di restare in Boemia, ma solo all'interno della proprietà
terriera di Rozmberk.
Se analizziamo nei dettagli il periodo praghese di Dee, vediamo
che egli parlò di un solo libro all'imperatore, e quel libro era
la Monas Hyerogliphica.
Nei diari di Dee, nelle memorie dei cortigiani di Rodolfo non vi
è alcun accenno al manoscritto Voynich, la cui eccezionalità
sarebbe stata un motivo sufficiente per essere notato e ricordato.
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Esempio di pagina della sezione "astronomica" |
Arthur, il figlio di Dee, scrisse di ricordare che suo padre possedeva
"un libro che conteneva solo geroglifici", ovvero caratteri
che nessuno sapeva leggere; molti hanno pensato che si trattasse
del Voynich. Ma quando Arthur arrivò in Boemia col padre,
aveva solo cinque anni, essendo nato il 13 luglio 1579: ora, possiamo
fidarci dei ricordi di un bambino piccolo rievocati decenni più
tardi?
Dee possedeva diversi libri alchemici scritti in caratteri misteriosi
(il Libro di Soyga, ad esempio, ed il Libro di San Dunstano) o libri
cabalistici in ebraico: a questi probabilmente faceva riferimento
Arthur.
Se vogliamo restare fedeli ai dati verificabili, dobbiamo fare iniziare
la storia del Voynich con quella piccola firma cancellata di Horcicki
de Tepenec, che lui o qualcun altro vergò sul manoscritto
non prima dell'ottobre 1608.
Per tentare, pur con molta prudenza, di trovare un senso all'insieme
del manoscritto, non ci resta che esaminare le illustrazioni,
considerandole non come sezioni di un libro, ma come il filo
conduttore della sua realizzazione.
è innegabile, infatti, che il testo non ci può dire
nulla, è una lingua sconosciuta ed unica, per cui sarà
quasi impossibile non solo arrivare alla sua decifrazione, ma ancor
più dimostrare che una qualsiasi decifrazione è corretta.
Ma le immagini sono lì, direttamente disponibili alla nostra osservazione
e al nostro giudizio. In esse si nota un crescendo di stranezza:
le prime pagine contengono solo disegni di piante. Certo, sono piante
strane e misteriose, ma ben riconoscibili come tali.
La sezione seguente è composta da schemi astronomici o astrologici,
e già si nota una specie di salto di qualità: dalla
terra al cielo, dalle erbe medicinali ai cerchi astrali, con variazioni
sul tema quali spirali, volute, arabeschi. Non il semplice diagramma
oroscopico, ma tavole fitte di elementi eccezionali, imprevedibili.
Ed è con la terza sezione che si tocca il culmine della stranezza:
le figure di donne nude, i filamenti che sembrano canne, vene, canali;
oggetti sconosciuti spugnosi, gonfi, squamati; bulbi o radici
La struttura dell'insieme delle illustrazioni suggerisce
che l'autore (o gli autori) del manoscritto abbia, per così dire,
deciso cosa disegnare nel corso del lavoro stesso: si è iniziato
con un erbario che, per quanto corredato da una scrittura incomprensibile,
era un genere assai diffuso nei secoli scorsi e comunque non abbastanza
misterioso e suggestivo per i suoi scopi.
In seguito, per rendere più prezioso e desiderabile il volume,
passò ad oggetti vistosamente magici, segreti, oscuri: ecco
allora le misteriose figure nude, i diagrammi complessi, spirali
stellate, rosette da cui escono tubi o canne, costellazioni arcane
e fascinose.
Il solo dato veramente oggettivo e immediato, cioè le immagini,
mi spinge a credere che il manoscritto Voynich sia stato realizzato
col solo scopo di essere presentato, utilizzato, venduto come libro
magico.
Il primo possessore accertato fu Horcicki, direttore delle raccolte
botaniche di Rodolfo: questo è un argomento valido per sostenere
la natura preminente di erbario del Voynich. Ma Horcicki era anche
direttore del laboratorio alchemico dell'imperatore, per cui doveva
essere esperto di libri esoterici, come il manoscritto mostrava,
enigmaticamente ma prepotentemente, di essere.
Il libro più misterioso del mondo è allora un trucco?
Credo di sì. O piuttosto credo che non contenga nessun testo
di senso logico.
Spesso due parole identiche si succedono una all'altra, cosa che
invece, in un linguaggio reale, accade di rado.
Molto spesso il primo carattere di vocaboli è lo stesso per
più righe di seguito e ciò è chiaramente poco
verosimile; come, ad esempio, trovare un racconto le cui frasi inizino
sempre con la parola allegria.
La totale mancanza di correzioni è molto significativa: nessuno
correggerebbe un testo dove non possono esservi errori, perché è
di fantasia. è come prova contraria, ricordiamo che non esiste
manoscritto leggibile che non rechi qualche correzione o qualche
ripensamento.
E ancora: non è stato possibile, nonostante lunghi tentativi,
ricostruire e stabilire un alfabeto del manoscritto, perché
i caratteri, pur quelli analoghi, presentano numerose e significative
variazioni, legami, svolazzi, abbellimenti e altre caratteristiche
che fanno pensare ad una libera espressione grafica e non alla applicazione
costante e rigorosa di un codice preesistente.
Ma anche la mia è solo una congettura. Da più di cinque
secoli, il manoscritto Voynich mostra al mondo il fascino oscuro
delle sue pagine, sfida l'intelligenza dei ricercatori e la vince.
Al di là delle ipotesi più o meno assurde, il manoscritto Voynich
si può definire solo come ha fatto una delle sue più attente e tenaci
studiose: un elegante enigma.
di Paolo Cortesi




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