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19 Novembre 2003 MISTERO
Mario La Ferla
L'uomo di Atlantide
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Quel maledetto imbroglio di via Telchines
Il primo ottobre 1974, nel sito preistorico di Akrotiri, nell'isola di Santorini, moriva in circostanze tragiche e misteriose l'archeologo greco Spyridon Marinatos. Famoso e ammirato in tutto il mondo, aveva avuto un carriera ricca di successi e onori, era ossequiato dai politici, dalle istituzioni culturali e dalla chiesa.
Nella città minoica, riportata alla luce dopo 3600 anni, quel primo ottobre Marinatos si trovava nella via Telchines, l'arteria principale di Akrotiri. Era solo, abbandonato
dai collaboratori e dagli operai che avevano lavorato con lui dall'estate del 1967.
Quell'anno l'archeologo aveva iniziato gli scavi, convinto di intraprendere un'impresa grandiosa. Fin dagli anni Trenta si era convertito, sulla base della lettura dei "Dialoghi" di Platone, all'idea che Santorini fosse la mitica Atlantide.
Da allora dedicò le sue energie alla ricerca del continente perduto, sacrificando affetti familiari, vecchie amicizie, successi accademici, perdendo infine anche l'onore.
Con le sue teorie, Marinatos fece tremare un angolo del pacifico mondo dell'archeologia classica, dominato non soltanto da studi e amore per la ricerca, ma anche da pressioni ideologiche e da forti interessi economici.
Quando la morte lo colse, i colonnelli, che avevano preso il potere in Grecia con il colpo di Stato del 21 aprile 1967, erano caduti da poco meno di tre mesi. Nel luglio del 1974, il ritorno trionfale ad Atene del vecchio leader Konstantinos Karamanlìs riportò la democrazia nel paese.
Marinatos si era schierato dalla parte dei colonnelli fin dall'inizio, solo per calcolo, senza entusiasmi di parte, nella speranza di poter lavorare con maggiore impegno al suo ambizioso progetto di Atlantide, con le sovvenzioni che i suoi nuovi amici di Atene gli avrebbero concesso. In particolare, si mostrò amico di Georgios Papadopoulos, il più spietato del triunvirato militare.
Rimasto a Santorini dopo il tramonto della dittatura, Marinatos continuò a scavare ad Akrotiri, in attesa di una epurazione certa da parte del nuovo governo democratico. Il primo ottobre, arrivò invece la fine. Tragica, perché causata molto probabilmente da una ferita alla testa. Misteriosa, perché nessuna autorità ha mai spiegato le cause della morte.
Il corpo di Marinatos fu deposto, senza funerale o altre cerimonie, nella stanza numero 16 del palazzo Delta, sulla via Telchines, proprio dove l'archeologo stava lavorando. Venne alzato un muro di cemento e da allora di Spyridon Marinatos si sono perse le tracce. E' stata oscurato.
La congiura dell'oblio ha fatto sì che della sua vita discussa e della sua morte oscura non si parlasse mai più. Le autorità politiche e accademiche, i media, il mondo intero dell'archeologia che tanto lo aveva osannato o criticato, lo hanno dimenticato.
Dopo 28 anni dalla morte, in uno splendido mattino di luglio di due anni fa, ho scoperto che il corpo di Marinatos era stato trafugato dalla stanza numero 16 del palazzo Delta. Dove è stato trasferito? Nessuno vuole rispondere. E' un rebus intrigante, un "giallo" cupo e ammaliante. Dietro alla morte di Marinatos, alla sua frettolosa sepoltura e alla risolutezza con cui l'hanno scaraventato nel regno del silenzio, e adesso dietro alla scomparsa del suo corpo, si nasconde qualcosa di inquietane: un ricordo imbarazzante, un episodio oscuro, oppure una decisione infelice, un atteggiamento impopolare o anche un passato scabroso, una vita in chiaroscuro. Senza dubbio, un segreto inconfessabile.

 Marinatos insieme ad una donna di Akrotiri (dal libro di James W. Mavor jr. - "Atlantide: Il continente ritrovato").


Brutta la sua storia. Popolata di folli sognatori di isole scomparse e poi riapparse, di filosofi e scienziati legati a sette segrete che sostennero la nascita di dottrine che avrebbero buttato all'aria il mondo, di golpisti, spie, mafiosi, banchieri spregiudicati, politici corrotti e giudici compiacenti, cardinali avventurosi, ladri, terroristi, assassini di mestiere. Il silenzio ufficiale è comprensibile.
Ma le circostanze della morte violenta di Marinatos, le sue amicizie politiche, i misteriosi e imbarazzanti retroscena nascosti dietro al golpe dei colonnelli che coinvolse servizi segreti americani, picciotti di Cosa nostra e perfino la banca del Vaticano, e poi le teorie "allarmanti" su Platone, Atlantide e le società occulte che in Germania portarono alla nascita del partito nazionalsocialista, il rancore della gente di Santorini che conobbe la sofferenza dell'invasione tedesca e che non ha mai superato lo steccato del risentimento, infine l' attività sanguinaria del gruppo terroristico "17 Novembre" e gli interessi legati alle Olimpiadi di Atene del 2004, insomma questo grande e composito scenario rompe la congiura del silenzio su uno degli episodi più torbidi della storia contemporanea greca e dell'intera storia dell'archeologia.
La tattica dell'oblìo è stata annullata di colpo nell'estate del 2002, dopo lo smantellamento di "17 Novembre". Il gruppo aveva esordito sulla scena del terrorismo nel 1974, subito dopo la caduta dei colonnelli. Molti indizi, che emergono dal processo iniziato ad Atene il 4 marzo scorso, fanno risalire il battesimo del fuoco all'autunno di quello stesso anno. Forse su un'isola, dove, tutto solo, c'era un "nemico del popolo" da giustiziare.
Può essere questa la chiave di lettura del "giallo" della morte di Marinatos. Però gli scenari della sua fine non escludono altre ipotesi, altrettanto spietate e inquietanti. Non è stata abbandonata la pista della vendetta politica, ma si fa strada anche l'ipotesi della eliminazione di uno scomodo testimone che conosceva tutti i più imbarazzanti retroscena del finanziamento del golpe dei colonnelli da parte delle banche di Michele Sindona insieme con una banca controllata da Cosa nostra sotto la regia della Cia. Resiste ancora la pista più affascinante di alcuni studiosi, appassionati di esoterismo, che si sono sbizzarriti in ipotesi fantastiche che partono dalla filosofia per sconfinare nella fantascienza. Su tutto prevale una teoria secondo la quale coloro che cercano di carpire i segreti di Atlantide sono destinati, prima o poi, a fare una tragica fine. Ed è vero che chi tocca Atlantide muore? Fantasia o verità provata? Secondo lo studioso francese Robert Charroux, considerato un'autorità in materia di "misteri del mondo", questa sorte già toccò a Heinrich Schliemann. Il celebre scopritore di Troia azzardò, negli ultimi mesi della sua vita, una ipotesi considerata allora non solo eccentrica ma addirittura "eretica". La teoria tendeva a far coincidere la città distrutta dai greci con il continente perduto di Atlantide. Quando Schliemann morì, tutto solo, a Napoli nella notte del 26 dicembre 1890, Robert Charroux non esitò a parlare di una vera e propria congiura ai suoi danni e nel "Libro dei maestri del mondo" scrisse di "congiurati" decisi a eliminare lo scopritore di Troia. Individuò anzi l'origine del complotto: a Parigi, dove in quegli anni esisteva un importante istituto di ricerche sulla preistoria finanziato dal Municipio. Gli studiosi parigini gridarono allo scandalo e le tesi di Schliemann furono bollate come "eretiche".

 A sinistra, l'apertura sulla stanza numero 16 della "Delta": qui era sepolto Marinatos.


Quando Marinatos morì il primo ottobre 1974, qualcuno disse di vedere nella fine misteriosa dell'archeologo il segno del destino. Marinatos, secondo questa teoria, viene avvicinato, anche per le modalità della morte avvolta nella nebbia più fitta, a Heinrich Schliemann. Marinatos era sul punto di rivelare altre novità clamorose sugli scavi di Akrotiri, stavolta suffragate dai risultati di ricerche scientifiche. Ebbe il tempo di scrivere sull'argomento soltanto un saggio, riservandosi di annunciare la grande notizia ad Atene, nel corso di una conferenza stampa alla quale sarebbero stati presenti gli inviati dei giornali più importanti del mondo. I "congiurati", per dirla come Charroux, arrivarono prima? Sta di fatto che dopo la morte di Marinatos nessun archeologo si è impegnato, o meglio si è azzardato a seguire le indicazioni fornite dal maestro scomparso.

Perché un'inchiesta su Marinatos
Verso la fine dell'ottobre 1974 lessi sul quotidiano francese "Le Monde" la notizia della morte dell'archeologo greco Spyridon Marinatos. Due cose mi colpirono in modo particolare. La prima fu la fine stessa di un personaggio che avevo imparato ad ammirare fin da quando iniziò i primi sopralluoghi a Santorini alla ricerca del punto da dove iniziare gli scavi alla ricerca di Atlantide. Quando poi nell'estate del 1967 annunciò le prime sensazionali scoperte, riferite da alcuni tra i più autorevoli giornali del mondo, l'ammirazione per Marinatos aumentò ancora.
Era l'uomo che riproponeva, con l'intenzione di riscoprire Atlantide, la possibilità di un sogno impossibile. In quel momento l'archeologia viveva tempi di aspri confronti. Tutti quelli che in qualche modo tentavano di rifarsi all'esperienza di Heinrich Schliemann, insomma molta fantasia, coraggio, intraprendenza, fedeltà ai testi omerici ma niente pratica scientifica, venivano bollati come dilettanti capaci soltanto di procurare gravi danni alle ricerche basate sullo studio e la conoscenza di diverse discipline. Questo confronto con il tempo si è ormai radicalizzato. Però il fascino della ricerca di Atlantide è aumentato fino a diventare una vera e propria moda. Lo scienziato Charles Pellegrino, autore del "Ritrovamento della vera Atlantide", a proposito dell'autentica "follìa" vissuta da Marinatos scrive: "La realtà dello scavo nella leggenda di Atlantide era sconvolgente. Atlantide non era soltanto interessante: era la materia prima della fantascienza. Alcuni guardavano ad Atlantide per scoprire che cosa aveva ucciso i dinosauri, altri per ritrovarvi segnali di vita intelligente nel cosmo. Marinatos non aveva molta scelta. In gioco c'era molto più della sua immagine".
Altri, in Atlantide, avevano cercato soprattutto il paradiso perduto. Da Platone a Francesco Bacone, da Jules Verne a sir Arthur Conan Doyle, da Edgar Cayce a Charles Berlitz e a Ignatius Donnelly. Perfino Indiana Jones aveva un'opinione in merito. Molti scrittori ne hanno tratto ispirazione. Pierre Benoit pubblicò nella Francia degli anni Venti il famoso romanzo "L'Atlantide" dal quale fu tratto un altrettanto famoso film di Georg Wilhelm Pabst, con Brigitte Helm nella parte della regina Antinea. Nel 1948 Atlantide sbarcò a Hollywood. Nel dopoguerra il mito aveva suscitato nuovi entusiasmi, suggestionando romanzieri, intellettuali, scienziati, esploratori, sensitivi, che sulle loro ricerche hanno pubblicato un numero impressionante di libri. In "Atlantic: Fact or Finction?" Edwin Ramage, professore di Studi classici all'Università dell'Indiana, sostiene che è difficile sapere quanti libri siano stati scritti sull'argomento, da Platone ai nostri giorni. Un numero ragionevole sembra essere tremila, anche se ci sono stime che parlano di diecimila. In una pubblicità del 1992 per il libro di Eberhard Zangger "Flood fron Heaven", si parla addirittura di ventimila volumi. Richard Ellis, autore di un ponderoso "Atlantide", tenta di spiegare i motivi di questo successo: "Il mito di Atlantide è giunto fino a noi rivelandosi uno fra i più durevoli dell'antichità. Pur non facendo parte di alcuna cosmografia religiosa, questa storia si è tramandata per migliaia di anni senza il beneficio di un clero impegnato in un'attività di proselitismo. La storia di Atlantide è così forte da essersi conservata soltanto grazie ai suoi meriti; essa è stata infatti tramandata per due millenni e mezzo quasi esclusivamente per tradizione orale, ed è ben viva ancora oggi, in un'epoca caratterizzata da meraviglie tecnologiche". Lo scrittore Arthur C. Clarke, autore con il regista Stanely Kubrick del soggetto di "2001, Odissea nello spazio", anche lui convinto che la terra distrutta dal vulcano fosse l'antica Santorini, ha scritto: "Atlantide! Nelle lingue del mondo occidentale non esiste nome che evochi un maggior senso di meraviglia, di mistero e di irreparabile perdita".

 La nuova tomba di Marinato all'interno degli scavi?


La notizia della morte di Marinatos letta, dunque, su "Le Monde", mi colpì anche per un altro particolare. Il cronista non spiegava come, dove e perché Marinatos era morto improvvisamente. E non informava sulle reazioni che il mondo delle istituzioni in Grecia aveva dimostrata di fronte a questa notizia. Insomma era un articolo che comunicava un senso di incertezza e di smarrimento; dava l'impressione di essere reticente. Io ero già all' "Espresso", quindi potevo avvalermi di una rete di conoscenze anche in Grecia. Avevo avuto occasione, durante il regime dei colonnelli, di avere contatti con colleghi di Atene: ne approfittai per avere notizie più dettagliate sulla scomparsa di Marinatos. Alcuni giornalisti mi fecero capire che l'argomento era tabù, insomma meno se ne parlava , meglio era. La curiosità, allora, aumentò: cominciai a contattare anche giornali inglesi e americani per capirne di più. A poco a poco il quadro cominciava a farsi più chiaro: la morte di Marinatos era un enigma molto fosco. Da allora, autunno del 1974, per ventotto anni ho dedicato una piccola parte del mio tempo alle indagini sulla vicenda. Non è stato facile, perché ho trovato ostacoli ovunque. Quello che mi colpì fin dall'inizio era il fatto che un personaggio famoso e rispettato in tutto il mondo fosse stato dimenticato subito dopo la morte e la morte stessa rappresentava un mistero.
Per ricostruire il quadro completo della vita e della morte di Marinatos è stato necessario penetrare negli archivi blindati, frugare nelle redazioni di giornali stranieri, rileggere montagne di documenti ufficiali destinati alla polvere. Ho cercato di svelare i retroscena che coinvolgono i partiti politici e i governi greci degli ultimi ventotto anni, i terroristi di "17 Novembre" che hanno impunemente insanguinato la Grecia per un periodo lunghissimo, gli apparati dello Stato, servizi segreti in testa, che hanno lavorato per la più assoluta disinformazione, e anche le istituzioni culturali, in particolare le Scuole di archeologia internazionali che hanno scelto la via del silenzio. Soprattutto sono stati affrontati altri problemi, molto più insidiosi: le ipocrisie di chi ha sempre saputo e ancora tace, gli ostacoli creati da quelli che hanno voluto il silenzio per la "ragion di Stato", o per un frainteso senso dell'onore, per imporre la legge dell'omertà in nome della convenienza.

di Mario La Ferla
mariolaferla@tiscali.it