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9 Luglio 2003 STORIA
Alberto Arecchi
Un parco e un sotterraneo segreto
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LA CERTOSA DI PAVIA
La Certosa di Pavia fu fondata il 27 agosto 1396 da Gian Galeazzo Visconti, Duca di Milano e "Conte di Virtù" (dal nome della contea di Vertus, acquisita col suo primo matrimonio con Isabella di Francia), sulla base d'una decisione che appare già in documenti di due anni prima. Secondo la tradizione, la Certosa fu fondata ex novo, in un sito vergine, per un voto della Duchessa Caterina, seconda moglie di Gian Galeazzo. Una leggenda popolare collega invece la fondazione ad un episodio avvenuto durante una battuta di caccia. Gian Galeazzo si sarebbe impantanato nel terreno acquitrinoso, suscitando le risa di un gruppo di comari. Al che, irritato, avrebbe gridato: "Brutte femmine, qui costruirò una Certosina, dove non entrerà né femmina né fantina!"
Noi pensiamo che il sito della Certosa di Pavia godesse già da tempi antichi di una forte aura di consacrazione, e fosse anzi uno dei Santuari principali della gente celtica che abitava questi luoghi, in uno stretto collegamento simbolico e di tracciati con la necropoli di Garlasco - Antona, posta ad ovest, oltre il corso del Ticino. Oltre all'orientamento dell'edificio sacro e alla sua collocazione, che influenzò certamente le dimensioni finali del Barcho o Parco Visconteo, ricordiamo una serie di notazioni magico-esoteriche rimaste impresse nella simbologia dell'edificio stesso, e l'impressionante permanenza di teste mozze che, pur ingentilite dal gusto classicista degli scultori, continuano a decorare la facciata del monumento.
Il tracciato geometrico della Certosa è simile a quella della chiesa del Carmine a Pavia (entrambi i progetti sono attribuiti all'architetto Bernardo da Venezia). La pianta del Camine, basata su un grande rigore geometrico, è perfettamente inscritta in un doppio quadrato delle dimensioni di 120 x 240 piedi parigini (m 39 x 78 ca.) e si basa su un modulo di 20 piedi parigini (poco meno di 6,50 metri), corrispondente all'interasse delle navate laterali e delle cappelle.

 Veduta della zona absidale della Certosa di Pavia (fine sec. XIV).


L'elemento veramente nuovo del tracciato della Certosa è costituito da un terzo quadrato "diagonale" che si aggiunge al doppio quadrato di base della pianta, come simbolo di trascendenza (con la materializzazione del rapporto v2). Con tale sovrapposizione, si ottiene il tracciato della stella a otto punte o ottagramma (in tedesco acht-uhr o acht-ort, otto ore o otto luoghi), che ritroviamo effigiato dappertutto, come simbolo della Madonna delle Grazie e della Certosa, insieme alla sigla "Gra Car" (Gratiarum Cathusia), persino nelle piastrelle dei pavimenti. Tale compresenza del tracciato quadrato in diagonale con il doppio quadrato fondamentale costituisce una variante importante dello schema di costruzione del dodecaido, che spiegheremo con le parole del PENNICK:
"Il complesso geometrico elegantemente proporzionato, noto come dodecaido, un poligono irregolare a dodici punte che si prestava mirabilmente alla struttura di una chiesa... a due ottagrammi intrecciati veniva sovrapposto un terzo quadrato inclinato a 45° che tagliava le intersezioni interne dei due ottagrammi. Si otteneva così una figura le cui dimensioni interne si trovavano in rapporti geometrici".
PENNICK prosegue: "Il dodecaido è molto ricco di simbologie cristiane. I tre quadrati sovrapposti possiedono al loro centro un piccolo quadrato che è comune a tutti e tre. Il quadrato centrale è maggiore degli altri e simboleggia il Padre della Trinità cristiana, col piccolo quadrato centrale come simbolo dell'unità essenziale della natura trinitaria... Il quadrato più orientale dei tre diagonali rappresenta il Cristo. Il suo centro è il fuoco su cui è fondato l'altare".
Notiamo che, nel caso della Certosa, tale centro è il fuoco della cupola.
L'analisi delle fasi costruttive della Certosa ci porterebbe molto lontano, lungo un percorso già tracciato in diversi studi. Per chi desiderasse approfondirne la conoscenza, è quindi consigliabile la lettura di tali pubblicazioni.
L'asse principale della Certosa di Pavia è orientato verso N-E, con una rotazione di 73° rispetto al Nord. Tale allineamento va da Breme, in Lomellina, attraverso le Bozzole di Garlasco, sino a Brescia, e la sua perpendicolare congiunge Bobbio a Varese. Su questi due assi, a distanze regolari dalla Certosa, formano una croce greca i quattro insediamenti certosini della Brusada, di Bornasco, Baselica Bologna e S. Maria della Scala (presso Pavia). Inoltre, con grande evidenza, una serie di punti consacrati forma una "corona" intorno alla Certosa alla distanza di cinque miglia (un'altra corona, più rarefatta, si può individuare alla distanza di dieci miglia).

 Ricostruzione del Parco Visconteo, tra Pavia e la sua Certosa.

IL PARCO VISCONTEO
Il Parco (Barco, Barcho ) Vecchio di Pavia, con un'ampiezza di 14 km2 e un perimetro di 15 km, fu voluto da Galeazzo II Visconti dopo il 1360. Recintato con un muro di mattoni alto 4 braccia (due metri e mezzo), si estendeva dalla città verso nord sino a Cantone delle Tre Miglia, San Genesio e Due Porte. Una trentina d'anni dopo, il successore Gian Galeazzo ampliò il Parco sino a 22 km2, estendendolo verso Nord da tre a cinque miglia e costruì un nuovo muro, a proseguimento del primo, a racchiudere Torre del Mangano, Porta d'Agosto, Ponte Carate e Porta Chiossa. Il muro di cinta fu completato intorno al 1399: lungo quasi 25 km, aveva uno spessore di tre teste di mattone (quasi 90 cm), fondamenta profonde due braccia (circa m 1,25), era alto 4 braccia (due metri e mezzo) e terminava con un tettuccio alto un altro braccio. Alla costruzione e alla manutenzione del Parco furono necessarie massicce opere di sistemazione idraulica, opere di fine ingegneria, che come i Navigli milanesi anticiparono l'opera di Leonardo. Il parco era ricco di boschi, di querce, castagni, ontani e olmi. Un grande giardino di caccia, dai paesaggi magicamente intrecciati di natura e di artificio, nel quale persino i nomi dei luoghi vennero cambiati e quasi tutte le tracce più antiche si persero per celebrare le opere e le glorie della nuova famiglia di Signori, eccettuati solo il nome di Borgarello e le dediche delle due chiese di Borgarello e di Torre del Mangano a due "santi guerrieri": l'una a San Martino di Tours, santo legato ai pellegrinaggi, l'altra a San Michele (dedicazione tradizionalmente legata alla storia del Longobardi).
Le porte del Parco conservano ancora il loro nome, a distanza di oltre sei secoli, mentre le tracce di dedicazioni più antiche sono sepolte e scomparse. Dopo Ludovico il Moro (1500) iniziò la decadenza del Parco. Dopo la battaglia di Pavia (1525), nel muro di cinta furono aperte numerose brecce, e poi ampi tratti di muratura caddero o furono asportati dai contadini per reimpiegarne i mattoni, sino alla sua totale demolizione.

 Pavia. Il cortile interno del Castello Visconteo, fatto costruire da Galeazzo II Visconti (1360-1365) su progetto di Bernardo da Venezia.


Lo storico pavese Stefano Breventano fu nipote dell'ultimo custode del Parco. Egli lo descrive come "un bellissimo giardino... tutto ripieno di quante sorti frutti si potessero immaginare, con bell'ordine disposti. Circondato da mura con le fosse e porte, con suoi ponti levatoi, in cui non si poteva entrare se non con licentia de' portinai. All'intorno lungo le mura, che'l chiudevano, erano belissimi pergolati, con tutte le sorti d'uve, che si possono desiderare, e dette mura erano coperte di spalliere di nociuole. Nel mezzo di questo raro giardino era una gran peschiera… tanto netta, che vi si scorgeva fin ad ogni minimo pesciolino che vi fosse dentro… un altro bel quadro di diciotto passi per ogni lato, già tutto salicato di bianco marmo, entro a cui per quattro gradi si scendeva, il qual si chiamava il bagno, per ciò ch'ivi per diporto, nel tempo del gran caldo venivano a lavarsi i Duchi e le Duchesse. Questo riceveva l'acqua da quella gran Pischiera, ed era tutto chiuso con tavole di larice, con la coperta di tola fatta a guisa d'un padiglione, e haveva quattro gran finestre con le vetriate, ed io l'ho vedute in parte nel suo primiero essere, cioè con i scaloni ed il suolo di marmo, il restante fu distrutto al tempo che fu preso Ludovico Sforza Duca di Milano... Potrei dire molte belle cose del Parco, in cui erano già rinchiusi molti animali, come cervi, Danij e Capriuoli i quali ascendevano al numero di più di cinquemila capi... per le caccie de Signori; le lepri poi, ch'ivi si vedevano, erano senza numero, i Fagiani, Pernici, e quaglie erano spesse come le formiche... v'era un luogo particolare per i conigli, perciò detto la conigliara, e questo era una valle rinchiusa da mura, e un altro chiamato la struzzaria, dove stavano ricnhiusi molti struzzi, e un altro serraglio, in cui erano molti orsi, nomato l'orsaria, con un alto muro d'attorno..."

 Ricostruzione del percorso del passaggio segreto, tra il Castello e la Certosa di Pavia (sulla base di una cartografia del 1871). La linea rossa indica il tracciato del sotterraneo, gli altri colori indicano i perimetri del Parco Vecchio e del Parco Nuovo.

IL PASSAGGIO SEGRETO
Quella del sotterraneo che collegava luoghi importanti sotto il piano di campagna è una tradizione diffusa: in tutti i castelli, in tutti i monasteri si racconta dell'esistenza d'un passaggio segreto. Non sempre si tratta di miti, poiché tutti i complessi fortificati dovettero sempre prevedere una via d'uscita d'emergenza, nota soltanto a chi ne possedesse la chiave. Mai la forza poté essere disgiunta dall'astuzia, meno che mai nei sistemi difensivi. Lo studio dei passaggi segreti nei sistemi difensivi è un elemento importante per comprendere la vera funzione degli apparati fortificati, le tattiche e le strategie delle diverse epoche. In particolare, il Signore della città e la sua guardia personale, ma anche gli ordini militari cavallereschi, possedevano la chiave per entrare e uscire inosservati dalle mura delle città, senza dovere sottostare a controlli di nessun tipo.
In molti luoghi del Centro Storico di Pavia si narra di passaggi sotterranei, che dovevano collegare diversi monasteri con la Cattedrale, o palazzi nobiliari col Castello Visconteo. In realtà tali passaggi segreti esistevano e furono, per lo più, costruiti per ragioni difensive. La mappa della Pavia sotterranea, se fosse possibile rilevarla, riserverebbe molte sorprese. Infatti le ripetute ricostruzioni, nel corso dei secoli, i mutamenti delle unità immobiliari e l'abbandono, in taluni casi, di parti di sotterranei, hanno fatto sì che le cantine dei palazzi e degli isolati del centro conservino spesso, come in un palinsesto, le tracce più "parlanti" della città d'altri tempi: vani sotterranei che passano sotto vie e cortili, ma anche vani celati, che possono riservare tesori e sorprese d'ogni tipo.
Tra questi vani sotterranei, dobbiamo annoverare anche parti di lunghi percorsi, che generalmente non si riesce a seguire a lungo, perché o sono franati o sono stati murati. Alcuni tratti di quei percorsi sotterranei si ritrovano talvolta, durante lavori di ristrutturazione e di recupero dei piani cantinati, ma vengono talvolta confusi con tratti del mitico complesso di "fognature romane" che percorre il sottosuolo della città. Abbiamo citato l'espressione tra virgolette, sia perché il sistema di cunicoli e condotti sotterranei non era una semplice fognatura, ma un complesso sistema di drenaggio delle acque risorgive e reflue, sia perché non tutti quei condotti sono ascrivibili a costruzione dell'età romana.
è d'obbligo il tenero ricordo di una leggenda molto diffusa, che vorrebbe far derivare il nome stesso della città di Pavia dall'espressione "Pan via". Durante un assedio, gli abitanti della città, ormai ridotti alla fame, avrebbero escogitato un astuto espediente per distogliere il nemico dalla cruda verità: dopo aver importato il frumento dalla Certosa, attraverso il mitico sottopassaggio, avrebbero cotto una notevole quantità di pane solo per gettarlo sulle teste degli assedianti, in modo da ostentare una presunta ricchezza e da scoraggiare la loro stessa resistenza. Nel sistema difensivo di Pavia esistettero certamente alcuni collegamenti sotterranei. Se ne è trovato con certezza uno, che correva sotto la contrada di San Michele, diretto fuori porta San Giovanni (forse verso la casa templare di San Giovannino). Appare credibile l'ipotesi di un sotterraneo che permettesse l'evacuazione, o per lo meno un passaggio segreto, dal Castello Visconteo di Pavia al Parco, sino alla cascina Corso e al Castello di Mirabello. Rimane però avvolta nel mito l'esistenza d'un altro passaggio segreto, che dal Castello di Pavia conducesse sino alla Certosa, passando per la Repentita e per Borgarello. Nel 1956 i giornali locali riportarono il caso di due uomini arrestati perché, nei dintorni di Borgarello, scavavano alla ricerca di quel mitico passaggio sotterraneo visconteo, che dovrebbe collegare il Castello di Pavia alla Certosa. Altri tentativi sono ricordati da diversi "miti metropolitani", dei quali si conserva la memoria.
Sulla base delle tradizioni orali e delle ricerche di vani sotterranei colmati o otturati, condotte nel corso degli anni, siamo in grado di proporre un'ipotesi molto attendibile relativa al percorso del passaggio segreto nelle campagne del Parco Ducale. Le cinque tappe del percorso, corrispondenti ad altrettante stazioni di accesso/uscita dal sotterraneo, scandite a intervalli di un miglio l'una dall'altra, risultano essere le seguenti:
Partenza dai sotterranei del Castello Visconteo.

 Pavia - Negli scavi compiuti nel 1960 in Piazza Grande, emergono le infrastrutture del sottosuolo: volte di fognature, di condotti e di altri passaggi sotterranei.


Case Nuove dei Canonici (il nome stesso, su cui qui non possiamo soffermarci, testimonia l'importanza di questo luogo).
La Pantaleona/La Rizza (i due insediamenti, adiacenti, si trovano oggi separati dalla linea ferroviaria Pavia-Milano).
La Repentita è il luogo ove la tradizione vuole fosse tenuto prigioniero Francesco I e fosse inventata, a suo uso e consumo, la Zuppa alla Pavese. Qui si usciva dal muro del Parco Vecchio che - come abbiamo detto - misurava tre miglia da sud a nord; qui un cunicolo sotterraneo, documentato dalle testimonianze dei "vecchi", fu chiuso una trentina d'anni fa per impedirne l'accesso ai ragazzi.
Torre Del Maino di Borgarello, antichissimo complesso fortificato, di probabile origine celtica, detto anche "Torre Bianca" su alcune antiche carte. Il sotterraneo della torre è attualmente ingombro di macerie.
Infine, la quinta tappa si conclude con l'arrivo ai sotterranei della Certosa di Pavia, che attendono ancora d'essere esplorati.
Ricordiamo che l'intero complesso della Certosa è provvisto di un'intercapedine seminterrata e ventilata, che ne ha consentito il mantenimento nei secoli, contrastando la risalita dell'umidità nei muri, nonostante il clima umidissimo e nonostante le risaie e le marcite installate nei campi circostanti.
Il percorso individuato è l'unico razionalmente plausibile, non solo perché regolarmente scandito da tappe alla distanza relativa d'un miglio, la cui esistenza risale almeno all'epoca viscontea, ma perché evita accortamente ogni avvallamento ed ogni corso d'acqua dell'ampio territorio del Parco.

Per concludere, come ogni volta che parliamo della Certosa di Pavia, ci piace citare il grande Erasmo da Rotterdam, il quale, mentre attraversava la Lombardia in viaggio da Torino a Bologna, si fermò a visitare la Certosa. Infastidito da tutto quel formicolio di artisti e uomini potenti, in mezzo alla quiete dei campi, per costruire un eremo che avrebbe dovuto invitare alla pace e alla meditazione, ma che in realtà era concepito coma una lussuosa esibizione del potere dei Signori, annotò nel suo Convivium Religiosum: "Perché mai profondere tanto denaro per innalzare un tempio, destinato solo al salmodiare di pochi monaci, i quali saranno molestati dal concorso di coloro che ricercano solo il lusso dei marmi?".

di Alberto Arecchi
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