LA CERTOSA DI PAVIA
La Certosa di Pavia fu fondata il 27 agosto 1396 da Gian Galeazzo
Visconti, Duca di Milano e "Conte di Virtù" (dal
nome della contea di Vertus, acquisita col suo primo matrimonio
con Isabella di Francia), sulla base d'una decisione che appare
già in documenti di due anni prima. Secondo la tradizione,
la Certosa fu fondata ex novo, in un sito vergine, per un voto della
Duchessa Caterina, seconda moglie di Gian Galeazzo. Una leggenda
popolare collega invece la fondazione ad un episodio avvenuto durante
una battuta di caccia. Gian Galeazzo si sarebbe impantanato nel
terreno acquitrinoso, suscitando le risa di un gruppo di comari.
Al che, irritato, avrebbe gridato: "Brutte femmine, qui costruirò
una Certosina, dove non entrerà né femmina né
fantina!"
Noi pensiamo che il sito della Certosa di Pavia godesse già
da tempi antichi di una forte aura di consacrazione, e fosse anzi
uno dei Santuari principali della gente celtica che abitava questi
luoghi, in uno stretto collegamento simbolico e di tracciati con
la necropoli di Garlasco - Antona, posta ad ovest, oltre il corso
del Ticino. Oltre all'orientamento dell'edificio sacro e alla sua
collocazione, che influenzò certamente le dimensioni finali
del Barcho o Parco Visconteo, ricordiamo una serie di notazioni
magico-esoteriche rimaste impresse nella simbologia dell'edificio
stesso, e l'impressionante permanenza di teste mozze che, pur ingentilite
dal gusto classicista degli scultori, continuano a decorare la facciata
del monumento.
Il tracciato geometrico della Certosa è simile a quella della
chiesa del Carmine a Pavia (entrambi i progetti sono attribuiti
all'architetto Bernardo da Venezia). La pianta del Camine, basata
su un grande rigore geometrico, è perfettamente inscritta
in un doppio quadrato delle dimensioni di 120 x 240 piedi parigini
(m 39 x 78 ca.) e si basa su un modulo di 20 piedi parigini (poco
meno di 6,50 metri), corrispondente all'interasse delle navate laterali
e delle cappelle.
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Veduta della zona absidale della Certosa di Pavia (fine sec. XIV). |
L'elemento veramente nuovo del tracciato della Certosa è
costituito da un terzo quadrato "diagonale" che si aggiunge
al doppio quadrato di base della pianta, come simbolo di trascendenza
(con la materializzazione del rapporto v2). Con tale sovrapposizione,
si ottiene il tracciato della stella a otto punte o ottagramma (in
tedesco acht-uhr o acht-ort, otto ore o otto luoghi), che ritroviamo
effigiato dappertutto, come simbolo della Madonna delle Grazie e
della Certosa, insieme alla sigla "Gra Car" (Gratiarum
Cathusia), persino nelle piastrelle dei pavimenti. Tale compresenza
del tracciato quadrato in diagonale con il doppio quadrato fondamentale
costituisce una variante importante dello schema di costruzione
del dodecaido, che spiegheremo con le parole del PENNICK:
"Il complesso geometrico elegantemente proporzionato, noto
come dodecaido, un poligono irregolare a dodici punte che si prestava
mirabilmente alla struttura di una chiesa... a due ottagrammi intrecciati
veniva sovrapposto un terzo quadrato inclinato a 45° che tagliava
le intersezioni interne dei due ottagrammi. Si otteneva così
una figura le cui dimensioni interne si trovavano in rapporti geometrici".
PENNICK prosegue: "Il dodecaido è molto ricco di simbologie
cristiane. I tre quadrati sovrapposti possiedono al loro centro
un piccolo quadrato che è comune a tutti e tre. Il quadrato
centrale è maggiore degli altri e simboleggia il Padre della
Trinità cristiana, col piccolo quadrato centrale come simbolo
dell'unità essenziale della natura trinitaria... Il quadrato
più orientale dei tre diagonali rappresenta il Cristo. Il
suo centro è il fuoco su cui è fondato l'altare".
Notiamo che, nel caso della Certosa, tale centro è il fuoco
della cupola.
L'analisi delle fasi costruttive della Certosa ci porterebbe molto
lontano, lungo un percorso già tracciato in diversi studi.
Per chi desiderasse approfondirne la conoscenza, è quindi
consigliabile la lettura di tali pubblicazioni.
L'asse principale della Certosa di Pavia è orientato verso
N-E, con una rotazione di 73° rispetto al Nord. Tale allineamento
va da Breme, in Lomellina, attraverso le Bozzole di Garlasco, sino
a Brescia, e la sua perpendicolare congiunge Bobbio a Varese. Su
questi due assi, a distanze regolari dalla Certosa, formano una
croce greca i quattro insediamenti certosini della Brusada, di Bornasco,
Baselica Bologna e S. Maria della Scala (presso Pavia). Inoltre,
con grande evidenza, una serie di punti consacrati forma una "corona"
intorno alla Certosa alla distanza di cinque miglia (un'altra corona,
più rarefatta, si può individuare alla distanza di
dieci miglia).
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Ricostruzione del Parco Visconteo, tra Pavia e la sua Certosa. |
IL PARCO VISCONTEO
Il Parco (Barco, Barcho ) Vecchio di Pavia, con un'ampiezza
di 14 km2 e un perimetro di 15 km, fu voluto da Galeazzo II Visconti
dopo il 1360. Recintato con un muro di mattoni alto 4 braccia (due
metri e mezzo), si estendeva dalla città verso nord sino
a Cantone delle Tre Miglia, San Genesio e Due Porte. Una trentina
d'anni dopo, il successore Gian Galeazzo ampliò il Parco
sino a 22 km2, estendendolo verso Nord da tre a cinque miglia e
costruì un nuovo muro, a proseguimento del primo, a racchiudere
Torre del Mangano, Porta d'Agosto, Ponte Carate e Porta Chiossa.
Il muro di cinta fu completato intorno al 1399: lungo quasi 25 km,
aveva uno spessore di tre teste di mattone (quasi 90 cm), fondamenta
profonde due braccia (circa m 1,25), era alto 4 braccia (due metri
e mezzo) e terminava con un tettuccio alto un altro braccio. Alla
costruzione e alla manutenzione del Parco furono necessarie massicce
opere di sistemazione idraulica, opere di fine ingegneria, che come
i Navigli milanesi anticiparono l'opera di Leonardo. Il parco era
ricco di boschi, di querce, castagni, ontani e olmi. Un grande giardino
di caccia, dai paesaggi magicamente intrecciati di natura e di artificio,
nel quale persino i nomi dei luoghi vennero cambiati e quasi tutte
le tracce più antiche si persero per celebrare le opere e
le glorie della nuova famiglia di Signori, eccettuati solo il nome
di Borgarello e le dediche delle due chiese di Borgarello e di Torre
del Mangano a due "santi guerrieri": l'una a San Martino
di Tours, santo legato ai pellegrinaggi, l'altra a San Michele (dedicazione
tradizionalmente legata alla storia del Longobardi).
Le porte del Parco conservano ancora il loro nome, a distanza di
oltre sei secoli, mentre le tracce di dedicazioni più antiche
sono sepolte e scomparse. Dopo Ludovico il Moro (1500) iniziò
la decadenza del Parco. Dopo la battaglia di Pavia (1525), nel muro
di cinta furono aperte numerose brecce, e poi ampi tratti di muratura
caddero o furono asportati dai contadini per reimpiegarne i mattoni,
sino alla sua totale demolizione.
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Pavia. Il cortile interno del Castello Visconteo, fatto costruire da Galeazzo II Visconti (1360-1365) su progetto di Bernardo da Venezia. |
Lo storico pavese Stefano Breventano fu nipote dell'ultimo custode
del Parco. Egli lo descrive come "un bellissimo giardino...
tutto ripieno di quante sorti frutti si potessero immaginare, con
bell'ordine disposti. Circondato da mura con le fosse e porte, con
suoi ponti levatoi, in cui non si poteva entrare se non con licentia
de' portinai. All'intorno lungo le mura, che'l chiudevano, erano
belissimi pergolati, con tutte le sorti d'uve, che si possono desiderare,
e dette mura erano coperte di spalliere di nociuole. Nel mezzo di
questo raro giardino era una gran peschiera
tanto netta, che
vi si scorgeva fin ad ogni minimo pesciolino che vi fosse dentro
un altro bel quadro di diciotto passi per ogni lato, già
tutto salicato di bianco marmo, entro a cui per quattro gradi si
scendeva, il qual si chiamava il bagno, per ciò ch'ivi per
diporto, nel tempo del gran caldo venivano a lavarsi i Duchi e le
Duchesse. Questo riceveva l'acqua da quella gran Pischiera, ed era
tutto chiuso con tavole di larice, con la coperta di tola fatta
a guisa d'un padiglione, e haveva quattro gran finestre con le vetriate,
ed io l'ho vedute in parte nel suo primiero essere, cioè
con i scaloni ed il suolo di marmo, il restante fu distrutto al
tempo che fu preso Ludovico Sforza Duca di Milano... Potrei dire
molte belle cose del Parco, in cui erano già rinchiusi molti
animali, come cervi, Danij e Capriuoli i quali ascendevano al numero
di più di cinquemila capi... per le caccie de Signori; le
lepri poi, ch'ivi si vedevano, erano senza numero, i Fagiani, Pernici,
e quaglie erano spesse come le formiche... v'era un luogo particolare
per i conigli, perciò detto la conigliara, e questo era una
valle rinchiusa da mura, e un altro chiamato la struzzaria, dove
stavano ricnhiusi molti struzzi, e un altro serraglio, in cui erano
molti orsi, nomato l'orsaria, con un alto muro d'attorno..."
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Ricostruzione del percorso del passaggio segreto, tra il Castello e la Certosa di Pavia (sulla base di una cartografia del 1871). La linea rossa indica il tracciato del sotterraneo, gli altri colori indicano i perimetri del Parco Vecchio e del Parco Nuovo. |
IL PASSAGGIO SEGRETO
Quella del sotterraneo che collegava luoghi importanti sotto il
piano di campagna è una tradizione diffusa: in tutti i castelli,
in tutti i monasteri si racconta dell'esistenza d'un passaggio segreto.
Non sempre si tratta di miti, poiché tutti i complessi fortificati
dovettero sempre prevedere una via d'uscita d'emergenza, nota soltanto
a chi ne possedesse la chiave. Mai la forza poté essere disgiunta
dall'astuzia, meno che mai nei sistemi difensivi. Lo studio dei
passaggi segreti nei sistemi difensivi è un elemento importante
per comprendere la vera funzione degli apparati fortificati, le
tattiche e le strategie delle diverse epoche. In particolare, il
Signore della città e la sua guardia personale, ma anche
gli ordini militari cavallereschi, possedevano la chiave per entrare
e uscire inosservati dalle mura delle città, senza dovere
sottostare a controlli di nessun tipo.
In molti luoghi del Centro Storico di Pavia si narra di passaggi
sotterranei, che dovevano collegare diversi monasteri con la Cattedrale,
o palazzi nobiliari col Castello Visconteo. In realtà tali
passaggi segreti esistevano e furono, per lo più, costruiti
per ragioni difensive. La mappa della Pavia sotterranea, se fosse
possibile rilevarla, riserverebbe molte sorprese. Infatti le ripetute
ricostruzioni, nel corso dei secoli, i mutamenti delle unità
immobiliari e l'abbandono, in taluni casi, di parti di sotterranei,
hanno fatto sì che le cantine dei palazzi e degli isolati
del centro conservino spesso, come in un palinsesto, le tracce più
"parlanti" della città d'altri tempi: vani sotterranei
che passano sotto vie e cortili, ma anche vani celati, che possono
riservare tesori e sorprese d'ogni tipo.
Tra questi vani sotterranei, dobbiamo annoverare anche parti di
lunghi percorsi, che generalmente non si riesce a seguire a lungo,
perché o sono franati o sono stati murati. Alcuni tratti
di quei percorsi sotterranei si ritrovano talvolta, durante lavori
di ristrutturazione e di recupero dei piani cantinati, ma vengono
talvolta confusi con tratti del mitico complesso di "fognature
romane" che percorre il sottosuolo della città. Abbiamo
citato l'espressione tra virgolette, sia perché il sistema
di cunicoli e condotti sotterranei non era una semplice fognatura,
ma un complesso sistema di drenaggio delle acque risorgive e reflue,
sia perché non tutti quei condotti sono ascrivibili a costruzione
dell'età romana.
è d'obbligo il tenero ricordo di una leggenda molto diffusa,
che vorrebbe far derivare il nome stesso della città di Pavia
dall'espressione "Pan via". Durante un assedio, gli abitanti
della città, ormai ridotti alla fame, avrebbero escogitato
un astuto espediente per distogliere il nemico dalla cruda verità:
dopo aver importato il frumento dalla Certosa, attraverso il mitico
sottopassaggio, avrebbero cotto una notevole quantità di
pane solo per gettarlo sulle teste degli assedianti, in modo da
ostentare una presunta ricchezza e da scoraggiare la loro stessa
resistenza. Nel sistema difensivo di Pavia esistettero certamente
alcuni collegamenti sotterranei. Se ne è trovato con certezza
uno, che correva sotto la contrada di San Michele, diretto fuori
porta San Giovanni (forse verso la casa templare di San Giovannino).
Appare credibile l'ipotesi di un sotterraneo che permettesse l'evacuazione,
o per lo meno un passaggio segreto, dal Castello Visconteo di Pavia
al Parco, sino alla cascina Corso e al Castello di Mirabello. Rimane
però avvolta nel mito l'esistenza d'un altro passaggio segreto,
che dal Castello di Pavia conducesse sino alla Certosa, passando
per la Repentita e per Borgarello. Nel 1956 i giornali locali riportarono
il caso di due uomini arrestati perché, nei dintorni di Borgarello,
scavavano alla ricerca di quel mitico passaggio sotterraneo visconteo,
che dovrebbe collegare il Castello di Pavia alla Certosa. Altri
tentativi sono ricordati da diversi "miti metropolitani",
dei quali si conserva la memoria.
Sulla base delle tradizioni orali e delle ricerche di vani sotterranei
colmati o otturati, condotte nel corso degli anni, siamo in grado
di proporre un'ipotesi molto attendibile relativa al percorso del
passaggio segreto nelle campagne del Parco Ducale. Le cinque tappe
del percorso, corrispondenti ad altrettante stazioni di accesso/uscita
dal sotterraneo, scandite a intervalli di un miglio l'una dall'altra,
risultano essere le seguenti:
Partenza dai sotterranei del Castello Visconteo.
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Pavia - Negli scavi compiuti nel 1960 in Piazza Grande, emergono le infrastrutture del sottosuolo: volte di fognature, di condotti e di altri passaggi sotterranei. |
Case Nuove dei Canonici (il nome stesso, su cui qui non possiamo
soffermarci, testimonia l'importanza di questo luogo).
La Pantaleona/La Rizza (i due insediamenti, adiacenti, si trovano
oggi separati dalla linea ferroviaria Pavia-Milano).
La Repentita è il luogo ove la tradizione vuole fosse tenuto
prigioniero Francesco I e fosse inventata, a suo uso e consumo,
la Zuppa alla Pavese. Qui si usciva dal muro del Parco Vecchio che
- come abbiamo detto - misurava tre miglia da sud a nord; qui un
cunicolo sotterraneo, documentato dalle testimonianze dei "vecchi",
fu chiuso una trentina d'anni fa per impedirne l'accesso ai ragazzi.
Torre Del Maino di Borgarello, antichissimo complesso fortificato,
di probabile origine celtica, detto anche "Torre Bianca"
su alcune antiche carte. Il sotterraneo della torre è attualmente
ingombro di macerie.
Infine, la quinta tappa si conclude con l'arrivo ai sotterranei
della Certosa di Pavia, che attendono ancora d'essere esplorati.
Ricordiamo che l'intero complesso della Certosa è provvisto
di un'intercapedine seminterrata e ventilata, che ne ha consentito
il mantenimento nei secoli, contrastando la risalita dell'umidità
nei muri, nonostante il clima umidissimo e nonostante le risaie
e le marcite installate nei campi circostanti.
Il percorso individuato è l'unico razionalmente plausibile,
non solo perché regolarmente scandito da tappe alla distanza
relativa d'un miglio, la cui esistenza risale almeno all'epoca viscontea,
ma perché evita accortamente ogni avvallamento ed ogni corso
d'acqua dell'ampio territorio del Parco.
Per concludere, come ogni volta che parliamo della Certosa di Pavia,
ci piace citare il grande Erasmo da Rotterdam, il quale, mentre
attraversava la Lombardia in viaggio da Torino a Bologna, si fermò
a visitare la Certosa. Infastidito da tutto quel formicolio di artisti
e uomini potenti, in mezzo alla quiete dei campi, per costruire
un eremo che avrebbe dovuto invitare alla pace e alla meditazione,
ma che in realtà era concepito coma una lussuosa esibizione
del potere dei Signori, annotò nel suo Convivium Religiosum:
"Perché mai profondere tanto denaro per innalzare un
tempio, destinato solo al salmodiare di pochi monaci, i quali saranno
molestati dal concorso di coloro che ricercano solo il lusso dei
marmi?".
di Alberto Arecchi
liutprand@iol.it
www.liutprand.it
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di Luc Bürgin3. Archeologia dell'impossibile
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