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20 Luglio 2005 MISTERO
Marco La Rosa
Sigari
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Era una bella mattina luminosa, ma del resto lo erano quasi tutte al Cairo. Se non fosse stato per lo smog dei gas di scarico, dei milioni di autoveicoli che transitavano per le arterie della città, il cielo sarebbe stato di un bell'azzurro turchese, come quello dei minuscoli scarabei, che i bambini tentano di appioppare ai turisti in cambio di qualche moneta...
Mustafà sapeva bene che quella era una mattina importante, molto importante per il direttore.
Si avviò con passo spedito nel lungo corridoio dell'ala est, ancora immerso nella penombra, le luci del museo si sarebbero accese solamente alle otto; mancavano ancora più di due ore, doveva affrettarsi... le sfingi e le statue ai lati del corridoio, lo guardavano minacciose, o almeno a lui sembrava così; chissà se aveva fatto lo stesso effetto anche ai sacerdoti nel tempio di Deir el-Bahri, nei pressi di Luxor, l'antica Tebe.
Già, perché era quella la località dove era stato rinvenuto il sarcofago di Ramesse II "Il Grande" (Nuovo Regno XIX Dinastia).

La cassa di legno, perfettamente imballata e sigillata era pronta, di li a poco su un grande "uccello" volante, stivata insieme a migliaia di altri oggetti, la mummia del grande faraone avrebbe attraversato il mediterraneo alla volta di Parigi.
E' qui cari amici, amanti del "fumo lento" come il sottoscritto, che comincia una storia "bizzarra" ma sicuramente "intrigante".
Vi domanderete: " ma noi che "amiamo" il il sigaro e la pipa, abbiamo qualcosa da spartire con i faraoni ? " Se fino ad ora pensavate il contrario, sbagliavate! Ma se siete curiosi continuate la lettura!!
Dunque, eravamo rimasti a Parigi, dove una ventina dei più importanti scienziati francesi, si offrì di studiare il motivo del deterioramento della pelle, nella mummia del sovrano testè citato.
Si scoprì, che la causa principale erano gli scarafaggi, ma la dottoressa Michelle Lescot del Musée National d'Histoire de Paris, utilizzando il microscopio elettronico per stabilire se nelle bende fossero presenti batteri o virus, con grande stupore, si trovò ad osservare attraverso le lenti minuscoli frammenti di tabacco.
Sicura della sua scoperta, la dottoressa Lescot rese pubblico il suo studio, venendo sommersa di critiche dagli altri accademici; secondo loro era impossibile che ci fosse del tabacco nelle bende della mummia, a meno che non vi fosse penetrato per contaminazione.
Fu avanzata l'ipotesi che gli egittologi che nel 1881 trovarono la mummia nel cosiddetto "nascondiglio reale" a Deir el-Bahri, stessero fumando il sigaro o la pipa e avessero inavvertitamente fatto cadere un po' di tabacco, che in qualche modo era scivolato tra le bende.
Per nulla abbattuta dalle contestazioni, la dottoressa Lescot, ottenne il permesso di condurre altri esami su campioni prelevati dagli organi interni della mummia in questione. I risultati furono gli stessi, e a questo punto l'ipotesi che il tabacco fosse caduto da un sigaro od una pipa, fu accantonata.
Sembrava decisamente più probabile che fosse stato introdotto nelle bende durante le pratiche funebri che seguirono la morte del sovrano, che aveva regnato per 66 anni, dal 1290 al 1224 a.C..

Ulteriori analisi rivelarono che gli organi interni erano stati rimossi per essere posti nei vasi canopi, a al loro posto era stata collocata un'imbottitura di materiale vegetale che, oltre a piantaggine, ortiche, lino, grani di pepe nero, camomilla e frumento, includeva foglie triturate di tabacco.
Poiché questa mistura era stata introdotta nella mummia per contribuire a preservare il tessuto corporeo, è stato ipotizzato che il tabacco fosse impiegato nel processo di imbalsamazione sia come insetticida, sia per prevenire la putrefazione.
La presenza di tabacco nelle bende e all'interno del corpo di Ramesse II è stata una sorpresa assoluta tanto per gli egittologi quanto per i botanici, per una ragione evidentissima: nel mondo antico (come lo conosciamo attualmente) quella pianta non era conosciuta.
Nessun egittologo accademico di fama, si è mostrato disposto ad accettare o spiegare questa anomalia dell'altrimenti ben documentata storia egizia. Il problema fondamentale, vale a dire che la pianta del tabacco è sempre stata ritenuta originaria esclusivamente delle Americhe, è stato tranquillamente ignorato.
Tutta la questione venne messa in soffitta fino al 1992, quando una tossicologa tedesca, Svetlana Balabanova, dell'Istituto di Medicina Legale di Ulm, avviò una serie di test specifici su alcuni resti mummificati conservati nel museo di Monaco. Vennero prelevati frammenti di tessuto osseo e di epidermide, nonché di muscoli del capo ed addominali. I risultati furono talmente sorprendenti che la dottoressa decise di inviare campioni simili ad altri tre laboratori, che presto confermarono le sue scoperte.

I test dimostravano che i resti mummificati contenevano notevoli quantità di nicotina, la componente narcotica del tabacco, e cocaina un alcaloide psicotropo presente nelle foglie della pianta di coca di origine esclusivamente sudamericana.
Tutti i risultati di questi esami sono stati avvalorati dalla cromatografia, un processo in grado di rilevare le caratteristiche ed i metaboliti (prodotti della disgregazione biochimica nei processi corporei) presenti nei composti chimici di ciascun campione.
Tutto ciò quindi ci suggerisce che gli antichi egizi assumessero la nicotina fumando e masticando, anche se gli egittologi "accademici" non hanno trovato alcuna testimonianza che in Egitto si fumasse prima dell'arrivo degli Arabi.
Vi sono comunque indizi della pratica del cosiddetto "fumo lento" in uno stato del Medio Oriente che aveva legami molto stretti con il paese dei faraoni, la Siria.

Nel 1930 infatti l'orientalista Stefan Przeworski scrisse sul ritrovamento di oggetti curiosi che lui catalogò come pipe. (1200 - 850 a.c.). Questi oggetti erano principalmente usati come "incensieri", si soffiava attraverso il tubo della pipa per mantenere le braci ardenti e bruciare meglio l'incenso, ma bassorilievi di epoca fenicia ci dimostrano anche che il tubo si usava per "inspirare" e quindi fumare. E molto più probabile che i marinai fenici avessero appreso la pratica di aspirare il fumo, opposta a quella di soffiare i vapori di incenso, da una delle civiltà incontrate ai confini del mondo conosciuto. Ma dove esattamente, e da chi ? E che connessione esiste tra le pipe siriane e la presenza di tabacco e cocaina nell'antico Egitto?
I primi esploratori spagnoli nei Caraibi incontrarono alcuni cacicchi (capi tribù) che usavano una pipa a forma di "Y" fatta di canne, che veniva inserita in entrambe le narici per inalare il fumo. Ma le pipe erano riservate all' élite; i membri meno importanti della comunità si limitavano ad arrotolare le foglie e a fumarle come sigari.

Si riteneva che le virtù del tabacco fossero molteplici: in America era usato come cura contro l'asma, le congestioni delle vie respiratorie, il mal di testa, i morsi di serpente, le pustole, il mal di denti e le complicazioni da parto. Nei rituali religiosi e sciamanici si estraeva dal tabacco una resina che veniva poi impiegata sotto forma di clistere; l'altissima concentrazione di nicotina faceva sì che il fruitore sperimentasse rapidamente uno stato di alterazione della coscienza. In altri casi il tabacco veniva appallottolato e masticato, pratica che, come nel caso della coca, placava la fame.
E' opinione comune che nel Vecchio Mondo il tabacco non esistesse finchè non fu introdotto dalle Americhe in seguito alle scoperte geografiche, ma questo è un grosso errore.

Vi sono infatti molti elementi a dimostrazione che una varietà di tabacco selvatico, chiamata Nicotiana rustica per distinguerla dalla varietà del Nuovo Mondo denominata Nicotiana tabacum, era ampiamente conosciuta in alcune zone dell'Africa, incluso il Sudan Occidentale, molto prima di Colombo.
L'atto di fumare era definito tubaq, termine che si infiltrò in parecchi dialetti africani con varianti come taba, tawa e tama. Per utilizzare il tabacco come medicina, gli afro-arabi tostavano o seccavano le foglie, quindi le pressavano in mattonelle, per poi essere bruciato insieme a legna o carbone. Questa pratica era in netto contrasto con quella Amerinda, gli abitanti del Nuovo Mondo infatti seccavano e arrotolavano le foglie di tabacco per fumarle, metodo usato, forse, anche in Egitto.
La pianta di tabacco africana è citata anche in un trattato del medico medioevale arabo Ibn al-Baitar; che la descrive come "una specie di albero che cresce sulle montagne della Mecca, con lunghe e affusolate foglie verdi che scivolano tra le dita se schiacciate" Il medico spiega che "raggiunge le dimensioni di un uomo, [...] cresce in gruppi, [...] non se ne trova mai una da sola".
Ibn al-Baitar ci informa poi che il tabacco "se assunto per bocca o applicato come medicazione è benefico come antidoto contro i veleni ed è un rimedio per la rogna e la scabbia, per il prurito e le febbri prolungate, le coliche, l'itterizia e le occlusioni al fegato".

Un'ulteriore conferma che il tabacco non solo era presente in Africa prima della scoperta dell'America, ma veniva utilizzato dagli arabi come sostanza curativa è fornita dagli scritti di un esploratore del XIX secolo, il capitano G. Binger. Questi ci informa che in Africa il tabacco era impiegato come moneta e che gli "abitanti del Darfur (Sudan) nella loro lingua lo chiamano taba [...] A Fezzan e a Tripoli nella Barberia è chiamato tabgha. Ho letto un kasidah, un poema di un bakriyya, un discendente del Califfo Abu Bakr, che dimostra che fumare non è peccato. Questi versi risalgono al IX secolo dell'egira".
Nel nostro calendario questa data corrisponde al 1450 d.C., vale a dire più di 40 anni prima del viaggio di Colombo. Inoltre l'uso dei termini tubbaq, taba e tabgha per indicare il fumo, ci porta a domandarci sull'origine della parola "tabacco", utilizzata dalle popolazioni precolombiane dei Caraibi per indicare sia il fumare sia lo strumento usato per farlo. Che prima della scoperta del Nuovo Mondo esistessero varianti afro-arabe del termine, non può essere una coincidenza; forse queste parole, che esprimono tutte la stessa azione (fumare tabacco) hanno un'origine comune ?
L'analogia semantica infittisce il mistero e suggerisce che la pianta del tabacco sia stata introdotta in Africa attraverso l'Atlantico prima di Colombo, oppure che sia stata portata in America da viaggiatori provenienti dal continente africano.
Ciò significherebbe che il tabacco era presente su entrambe le sponde dell'Atlantico già nel 1500 a.C., data a cui risalgono le prime pipe a noi note, rinvenute nelle Americhe.

Per quanto possa sembrare fantasiosa, l'unica ipotesi che giustifichi la presenza di nicotina e cocaina nelle mummie egizie è che esistessero rapporti commerciali trai due continenti. Inoltre, se la foglia di coca era esportata, anche nel mondo antico il tabacco dell'America centrale viaggiava per mare.
La presenza simultanea di tabacco e cocaina nei corpi degli egizi sembra avvalorare questa tesi. Oltre tutto la singolare corrispondenza sulle due sponde dell'Atlantico fra i termini usati per indicare il tabacco e il fumo dimostra una reciproca contaminazione di terminologia, di tecniche e forse anche di piante e prodotti avvenuta secoli prima che Colombo approdasse nel Nuovo Mondo.

Ci sarebbero molte altre implicazioni riguardo alle rotte commerciali ecc... ma non mi dilungherò oltre... per il momento.
Grazie per la vostra attenzione e pazienza...

Un doveroso ringraziamento ad Adriano Forgione e Andrew Collins che con le loro (e le mie in minima parte) ricerche, hanno permesso di aggiungere un fondamentale tassello all'immenso puzzle della ricerca storico-archeologica "oltre il confine".


Bibliografia:
- First Identification of Drugs in Egyptian Mummies - Naturwissenschaften - n° 79 - 1992
- Mystery of the Cocaina Mummies - Equinox, Channel 4 - 1996
- Gordon - Before Columbus
- Gateway to Atlantis - A. Collins - S.K. 2000
- Hera - n. 3 - 2001

di Marco La Rosa
www.cigarclubparma.it