
La recente scoperta della necropoli dei Veneti antichi a Padova, in via Campagnola, offre una straordinaria finestra sulla società preromana dell’Italia nord-orientale, permettendo di approfondire la conoscenza delle pratiche funerarie, della strutturazione sociale e delle credenze cultuali di questo popolo, che tra il VI e il V secolo a.C. costituiva una delle realtà più dinamiche e complesse della penisola. L’indagine archeologica condotta nell’area universitaria ha portato alla luce circa dieci tombe, tra cui spiccano dolii (grandi contenitori ceramici utilizzati come urne), casse lignee e una sepoltura equina, elementi che consentono di avviare un confronto critico e aggiornato con altre necropoli venete e con i principali modelli funerari dell’Europa protostorica.
L’uso del dolio come contenitore per le ossa cremate e i corredi è attestato in tutto il Veneto antico, a partire dalle necropoli di Este (necropolis di Villa Benvenuti e di Via Santo Stefano) e Padova stessa, ma trova paralleli anche in contesti dell’Etruria padana e dell’area celtica, confermando la vocazione interculturale dei Veneti, popolo di commercianti, artigiani e guerrieri. Nei dolii venivano spesso raccolti non solo i resti umani, ma anche oggetti personali, ceramiche, ornamenti in bronzo o ferro e talvolta offerte alimentari, testimonianza di un ritualismo articolato che attribuiva grande importanza al passaggio nell’aldilà e alla continuità dei legami affettivi e di status oltre la morte. L’eccezionale presenza di una tomba equina, inoltre, rappresenta un elemento di assoluto rilievo: la sepoltura del cavallo, riservata probabilmente alle élites, è documentata in necropoli come quella del Piovego (Padova) e di Montebelluna (Treviso), dove il cavallo assurge a simbolo di potere, prestigio e mediazione tra umano e divino. Il cavallo, infatti, aveva un ruolo centrale nei miti venetici, come ricorda la leggenda dell’origine troiana del popolo veneto, narrata da autori antichi quali Plinio il Vecchio, Livio e Virgilio, secondo cui i Veneti discenderebbero da Antenore, eroe fuggiasco da Troia approdato nell’alto Adriatico, spesso rappresentato proprio con un cavallo, animale sacro e psicopompo, cioè guida delle anime.
L’analisi dettagliata del corredo funerario di una delle tombe di Padova, composta da oltre 36 reperti, tra cui due urne cinerarie, vasellame in ceramica e manufatti in bronzo e ferro, rafforza l’idea di una società fortemente gerarchizzata, in cui la qualità e la quantità degli oggetti deposti riflettevano il rango sociale del defunto. Questo fenomeno trova riscontro anche nelle necropoli coeve di Altino, Oderzo e Concordia Sagittaria, dove le tombe più ricche appartengono a individui di rango elevato, spesso identificabili con guerrieri, capi tribù o sacerdoti. La presenza di oggetti di importazione—come ceramiche attiche o bronzi di produzione etrusca—denota la capacità dei Veneti di inserirsi nei grandi circuiti commerciali mediterranei e padani, a testimonianza di una cultura aperta e permeabile alle influenze esterne, ma capace di mantenere una forte identità locale.
A livello comparativo, le pratiche funerarie venetiche del periodo arcaico si inseriscono nel quadro più ampio delle culture protostoriche dell’Europa centro-meridionale, con analogie notevoli rispetto ai riti dell’Urnafieldkultur (Cultura dei Campi di Urne, XIII-VIII sec. a.C.) e delle prime aristocrazie celtiche, come quelle di Hallstatt (Austria, VIII-V sec. a.C.), dove la cremazione e la sepoltura con corredi di prestigio erano funzionali non solo a segnare la posizione del defunto nella società, ma anche a sancire la continuità dinastica e la memoria collettiva del gruppo. In questo contesto, la tomba equina rappresenta un elemento di collegamento tra l’ideologia del potere e la sacralità del viaggio ultraterreno, in linea con la tradizione indoeuropea che vede il cavallo come animale psicopompo e simbolo di nobiltà guerriera.
Il ritrovamento della necropoli venetica a Padova acquista ulteriore significato se confrontato con la necropoli romana rinvenuta tra il 2022 e il 2023 nella stessa città, composta da 220 tombe databili dall’età augustea agli inizi del II secolo d.C. In questo secondo caso, la presenza di corredi di qualità e l’organizzazione familiare delle sepolture riflettono la trasformazione sociale e culturale avvenuta con la romanizzazione del territorio, ma anche una sorprendente continuità di pratiche e valori, che vede il culto degli antenati, la cura per i defunti e la valorizzazione delle origini familiari permanere come elementi cardine della vita comunitaria.
Dal punto di vista antropologico e storico, queste scoperte ci restituiscono l’immagine di una società venetica complessa, stratificata e profondamente ancorata a valori di identità, memoria e appartenenza territoriale. La presenza simultanea di tombe semplici e tombe riccamente corredate, di sepolture umane e animali, di reperti locali e d’importazione, testimonia una comunità capace di dialogare con il passato e con il mondo esterno, rielaborando continuamente la propria tradizione nella tensione tra conservazione e innovazione.
Le leggende che circondano le origini di Padova—dal mito di Antenore alla fondazione troiana—non sono solo narrazioni affascinanti, ma strumenti di costruzione identitaria, funzionali a rafforzare la coesione del gruppo e legittimare il potere delle élites locali, come dimostrato anche dal recupero di questi miti in epoca romana e medievale.
Alla luce dei dati attuali e delle ricerche comparative, la necropoli di via Campagnola si inserisce dunque a pieno titolo tra i grandi siti della protostoria veneta, offrendo spunti essenziali per la comprensione della formazione delle aristocrazie, della funzione del rito funerario e della costruzione della memoria collettiva nel mondo antico. Essa rappresenta un tassello fondamentale nella ricostruzione della storia padovana e veneta, ponendo interrogativi cruciali sulla continuità e la trasformazione delle pratiche sociali e religiose dall’età preromana a quella imperiale. #ArcheologiaVeneta #VenetiAntichi #PadovaStorica #Necropoli #CavalloRituale #StoriaeMito #Identità #PatrimonioCulturale #LeggendePadovane
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